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Esclusiva

Febbraio 25 2022
Putin chiama guerra, la Russia risponde pace

Dimitrij Muratov e i dissidenti diventano la spina nel fianco del Cremlino. Tra bugie svelate e manifestazioni in piazza i russi mostrano l’altra faccia dell’invasore

«La guerra è un crimine. L’Ucraina non è un nemico. La Russia pagherà il prezzo più pesante per la scelta di Putin». Comincia con queste pesanti accuse a Vladimir Putin l’editoriale di Dmitrij Muratov, premio Nobel per la pace 2021

Un pezzo apparso su Novaja Gazeta, settimanale di cui Muratov è direttore, in doppia lingua: in russo sulla pagina di sinistra, in ucraino su quella di destra. È un segnale forte che vuole esprimere la solidarietà nei confronti del popolo ucraino, nel tentativo di ricordare il rapporto di “fratellanza”, anche linguistica, tra i due paesi. Una dichiarazione d’intenti per incidere su carta che no, non tutti i russi appoggiano la guerra. 

«Mentre le bombe cadevano sull’Ucraina nelle prime ore del 24 febbraio, c’erano persone particolarmente cupe sulla metropolitana di Mosca che andavano al lavoro. Non c’era giubilo per la guerra». Il conflitto avrebbe, secondo Muratov, sciolto il sortilegio di cui erano ostaggio le menti dei russi, plagiate dalla campagna di disinformazione creata da network come Russia Today o emittenti televisive come Channel One.

 «Il culto della violenza, il battito dei tamburi di latta, gli slogan che ostentavano infantilismo. (…) Lo spettatore numero uno ha visto la verità sul suo schermo e ha deciso di adattare il mondo di conseguenza». 

Il tentativo di circuire i russi però ha mostrato le sue falle al termine della prima giornata di guerra, quando migliaia di cittadini hanno manifestato a Mosca, in piazza Pushkin, e  a San Pietroburgo, città natale di Putin. Nonostante gli arresti operati dalla polizia russa, l’ondata di dissenso, via via che le ore passano, prende vigore, come sostiene anche Anna Zafesova, giornalista de “La Stampa”: «Concordo con Muratov quando sostiene che il numero reale delle persone che in Russia approvano l’iniziativa bellica è inferiore a quello dichiarato dalle fonti ufficiali. Basti vedere la mole di post di contestazione sui social e le prese di posizione di intellettuali, attori e cantanti sempre più numerose. Anche la petizione lanciata per chiedere l’interruzione delle manovre militari ha riscosso, in poche ore, un milione di adesioni ». 

Il VTsIOM, Centro di ricerca sull’opinione pubblica di tutta l’Unione, nei giorni antecedenti alla dichiarazione di guerra contro l’Ucraina, aveva affermato che il 73% dei russi era favorevole al riconoscimento dell’indipendenza del Donetsk e Lugansk. Ma secondo fonti indipendenti queste percentuali sarebbero più modeste. A tal proposito, sempre Zafesova ritiene che i russi si dividano in due categorie: «quelli che credono nel fatto che, tutto sommato, l’Ucraina sia una parte della Russia, ma che non avrebbero mai appoggiato una guerra per l’annessione» e quelli che non solo non condividono la guerra, ma neanche le premesse. 

Anche sulle motivazioni addotte da Putin per giustificare l’attacco Zafesova è netta: «Quanto sta accadendo dimostra che tutto ciò su cui il Presidente russo ha costruito la propaganda a favore della guerra è una grande fakenews». In prima battuta, la richiesta dell’Ucraina di entrare nella Nato non è recente ma «risale agli anni Novanta e la procedura non è mai stata portata a compimento». Le ragioni sono due. Secondo i principi della Nato, infatti, «non è possibile far entrare nell’organizzazione uno stato che abbia una parte di territorio conteso che potrebbe divenire teatro di guerra». La Crimea è dal 1995 che è parte di un contenzioso tra Ucraina e Russia. Situazione simile a quella del Donbass. Inoltre, «anche se la procedura fosse partita all’indomani del vertice che si sarebbe dovuto tenere questa estate, il veto irremovibile di Italia e Germania avrebbe impedito all’Ucraina di entrare nella Nato».

«Pretestuosa», infine, l’accusa di genocidio rivolta all’Ucraina da quella stessa Russia che oggi bombarda da est a ovest e da nord a sud ogni lembo di terra nemica. 

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In questo scenario fatto di bugie e propaganda risuona ancor più fragorosa la contestazione di Muratov: «Nessuno ci hanno chiesto se volevamo vivere in un paese in guerra». Eppure la Russia ha dichiarato guerra all’Ucraina e di fronte alla realtà innegabile del conflitto al giornalista premio Nobel e a chi sceglierà la via del dissenso non restano che queste parole, simili a un manifesto di resistenza: «Se la propaganda ha creato la guerra, allora i fatti saranno in grado di resistervi.  I giornalisti non sono soldati, siamo disarmati.  Ma lavoreremo in guerra affinché la società ricordi che la guerra è terribile. (…) Controlleremo ogni singolo riassunto ufficiale, non nasconderemo nulla.  Probabilmente dovremo svolgere il nostro lavoro in condizioni di censura militare.  Nessuno proteggerà l’Ucraina, tranne gli ucraini.  Nessuno tranne i russi che hanno detto “Niente guerra” sarà in grado di fermare la nostra catastrofe nazionale».