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Esclusiva

Marzo 21 2022
Restituire lo sguardo sul Novecento dimenticato

Leonardo Crudi rielabora l’estetica del manifesto d’avanguardia portandola nelle strade di Roma

Per terra, barattoli d’ogni dimensione sono circondati da macchie di colore a tempera e acrilici. Su una scrivania, matite e penne si mescolano a bottigliette d’acqua, coca cola e carte da merendina. Due tuniche sono appese al muro sopra un divano di pelle marrone. «Le ho disegnate ispirandomi agli abiti del teatro d’avanguardia di Barbara Stepanova». Pittore autodidatta, Leonardo Crudi è cresciuto negli ambienti dell’underground romano e nel 2018 ha trasformato un seminterrato in uno studio d’artista, Spazio 900. A chiunque passeggi per Roma sarà capitato di imbattersi nei suoi manifesti: volti di registi, poeti, parole e gesti attraversati da linee taglienti e forme dinamiche. «Ogni volta che dedico un manifesto a qualcuno o a qualcosa cerco di fare un racconto per immagini e restituire, tramite un volto, una mossa, o un gesto, quel che ho visto e ho letto».

Tutte pezzi unici, le opere di Crudi traggono ispirazione dall’avanguardia futurista russa: il Suprematismo di Malevič, il Costruttivismo di Rodčenko, il cinema di Ėjzenštejn. L’avvicinamento è stato prima politico che artistico. «La passione per la storia dell’Unione Sovietica di primo Novecento mi ha portato alla scoperta di quell’arte. La mia formazione politica è avvenuta tramite l’immagine. Quando ho scoperto il cinema sperimentale sovietico sono rimasto fulminato». Così comincia a studiare e a mescolare, nelle sue opere, la sua passione per l’estetica sovietica, Renato Mambor, il dadaismo e il cinema d’avanguardia. Le sue figure sono ritratte in posizioni ispirate alla biomeccanica, metodo teatrale creato dal regista russo Vsevolod Mejerchold per sviluppare l’espressività corporea dell’attore.

I manifesti, tra arte e politica

Leonardo Crudi
I manifesti di Leonardi Crudi

«La natura del manifesto è l’affissione: il rapporto non con chi sceglie di venire a vedere la tua mostra ma con chi attraversa la città». Crudi è passato dalla pittura ai manifesti quando, nel 2017, ha inaugurato un’esposizione sul centenario della Rivoluzione d’ottobre. «Volevo portare l’attenzione sui personaggi artistici di un periodo per ovvie ragioni dimenticato». Il suo intento è quello di fare da lente di ingrandimento su personaggi che non hanno avuto un certo peso dal punto di vista storico e culturale. «Per il centenario ho realizzato manifesti su artisti russi fino agli anni Novanta».

A riscuotere più successo di pubblico è stata però la serie dedicata al cinema. «Sono molto contento perché ha avuto una grandissima risposta, e ho potuto conoscere e parlare con registi che avevo visto e apprezzato». Tra i progetti in corso, dei manifesti dedicati ai musicisti del gruppo d’avanguardia romano Nuova Consonanza. «La bellezza del mio lavoro è la concatenazione di eventi fortuiti che ti portano ad avere un interesse da approfondire. Io condivido le mie scoperte, ma ricevo qualcosa in cambio». Così il lavoro artistico diventa anche atto politico.

Leonardo Crudi
Spazio 900, lo studio di Leonardo Crudi

La tecnica di ogni manifesto varia a seconda del luogo a cui è destinato. «Su quelli che affiggo in strada lavoro con smalti e matite». Per i ritratti, invece, la penna restituisce «quel sapore analogico tipico della pellicola, oltre a permettere di imitare il fotodinamismo e le sovrapposizioni di quel tipo di cinema».  

«Spero di non smettere mai il lavoro che faccio per strada, perché è l’ossatura del mio discorso». Tra una commissione e l’altra, in futuro desidera un po’ di tempo libero. Sul divano del suo studio dalle forme futuriste, Leonardo Crudi risponde continuamente ad email e chiamate, mentre la sua figura scompare nel caos tra penne, manifesti, statuine di Lenin e falci e martello.

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