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Esclusiva

Marzo 25 2022
Senza Italia i Mondiali li guarderemo lo stesso ma non li vivremo

Per Pierluigi Pardo le decisioni andranno prese a freddo, mentre gli allenatori delle scuole calcio di Totti e Riva fanno in modo che i bambini imparino dalla delusione

La storia non si fa con i se. Se ieri sera avessimo vinto 1-0 oggi staremmo caricando la stessa Italia che ci ha fatto emozionare questa estate in vista della battaglia finale verso Qatar 2022. Ma se oggi si parla di nuovo di momento più buio del calcio italiano e di sistema da riformare non può essere solo colpa del gol fortunoso subito al 92’ da Trajkovski. «Bisogna evitare di drammatizzare», dice a Zeta il telecronista di Dazn Pierluigi Pardo, «Il nostro movimento calcistico non era il migliore d’Europa questa estate e non è il peggiore oggi». Nelle competizioni brevi come quelle delle Nazionali hanno un peso specifico enorme gli episodi, basti pensare che se Jorginho, una delle colonne degli azzurri campioni d’Europa, avesse segnato un rigore contro la Svizzera ieri sera avremmo giocato un’amichevole. Proprio per questo ora «bisogna solo far decantare la situazione» e anche la decisione sul commissario tecnico «non va presa oggi perché non si tratta di una squadra di club che rischia di retrocedere». La cosa migliore è innanzitutto chiedere a Mancini se ha la voglia e le motivazioni per proseguire e in quel caso puntare ancora su di lui. «Ma se ci fosse un allenatore bravo e motivato come il primo Mancini andrebbe assolutamente preso in considerazione».

I problemi che Pardo individua nel nostro sistema calcistico sono strutturali: «centri sportivi fatiscenti, troppa burocrazia e budget che non sono affatto in grado di competere con quelli dei maggior club europei». A questo si aggiungono i vivai che non vengono valorizzati a dovere e forse il semplice fatto di essere di fronte a «una generazione di calciatori non così esaltante come quella di qualche anno fa».

La speranza sono dunque le generazioni future, magari gli stessi bambini che oggi hanno 10-12 anni e che non hanno ancora avuto la possibilità di tifare l’Italia nella competizione in cui si scrive la storia del calcio.

Italia Eliminata Mondiali
I giovani della scuola calcio Gigi Riva

«Per i bambini sarà più dura che per gli adulti», spiega Massimiliano Granitzio, allenatore dell’under 11 della scuola calcio Gigi Riva di Cagliari, la stessa frequentata da Nicolò Barella. «Hanno vissuto l’Europeo che è stato fondamentale, ma tutti i nostri ragazzi ambiscono alla Nazionale e ai Mondiali. Senza Italia li “guarderanno”, ma non li “vivranno” allo stesso modo». Secondo il suo collega dell’under 12 Luca Loddo, invece, se per alcuni sarà una delusione, l’impatto generale non sarà così tremendo perché «a differenza della nostra generazione che dedicava il suo tempo libero quasi solo al calcio, i bambini di oggi hanno molti stimoli diversi». Qualunque sia l’opinione a riguardo, l’argomento sarà comunque affrontato con i ragazzi. «Io cercherò di far capire loro che se ci sono delle colpe dell’Italia ci sono anche i meriti della Macedonia», spiega mister Loddo. «Anzi questa sarà una lezione per i bambini per capire che con il giusto impegno anche una squadra meno strutturata può battere una grande». L’importante dunque è porre un potenziale trauma in un’ottica costruttiva: «Il messaggio per i miei ragazzi è che quando si perde si deve cercare subito quali siano state le cause che hanno determinato il risultato, per iniziare a lavorare e farsi trovare pronti per le successive occasioni di riscatto», afferma Davide Bonanni, allenatore degli esordienti 2010 della Totti Soccer School.

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Superata la delusione saranno quegli stessi bambini i mattoni su cui ricostruire ancora una volta la Nazionale, a patto però che la loro crescita venga curata nel modo giusto. L’altro punto su cui i giovani mister intervistati concordano sono infatti le valutazioni troppo affrettate che vengono date sui giovani italiani appena si affacciano al grande calcio, sia in positivo che in negativo, con ragazzi valutati «50 milioni dopo tre mesi buoni o accantonati dopo dieci minuti giocati male». «Questo succede fin dal calcio dilettantistico, mentre nelle altre nazioni si dà spazio e tempo di sbagliare alle promesse nazionali», dice Loddo. «La mania di ostentare i successi come unica priorità» aggiunge Bonanni, «sposta il focus della crescita del ragazzo che dovrebbe riguardare il miglioramento delle proprie qualità tecniche, tattiche, ma soprattutto cognitive e sociali».