«Telefoni spenti e calma, se ci fermano mostrate i passaporti ma niente panico».
In Ucraina il coprifuoco scatta alle ore ventitré e la legge marziale lascia poche possibilità ai vagabondi notturni. La coda alla dogana è ferma e in un primo momento tutto sembra rimandato alle 6 del mattino seguente. Lesia, donna ucraina e interprete della missione, parla con i funzionari doganali e dopo un colloquio animato ci lasciano passare a condizione che qualcuno scorti la carovana. Lo scenario che si presenta sembra apocalittico. Il convoglio parte a grande velocità, così da lasciare poco spazio tra i mezzi e rimanere compatti lungo il tragitto. Viene espressamente richiesto di non azionare nessuna luce all’interno dell’abitacolo. Solo i fari anteriori illuminano la notte. Il buio circonda le strade e fino a destinazione è impossibile trovare un lampione acceso. Ad accompagnarci lunga la strada una fila interminabile di camion in uscita dall’Ucraina. La città è muta e paralizzata, nessuna finestra mostra segni di vita nemmeno la chiesa, nostro alloggio per la notte, sembra un luogo abitato. A Chernivski nessuno vuole mostrare la propria esistenza così anche il prete, mentre ci accoglie, ci offre un spuntino chiedendo il silenzio.
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Un viaggio di 1600 km attraversando Slovenia, Ungheria e Romania. Il convoglio, formato da 11 mezzi e 22 persone, è partito per la seconda volta con destinazione Chernivski, una città ucraina a 70 km dalla frontiera rumena. La presidente Barbara Bianchi Bonomi ha consegnato, in rappresentanza dell’organizzazione non profit Children in crisis, beni di prima necessità in tre orfanotrofi portando cibo, vestiti e circa 300 sacchi per i cadaveri richiesti dall’esercito ucraino.
L’Ungheria scorre lenta con le sue autostrade somiglianti a linee rette interrotte soltanto a metà dalla tangenziale di Budapest. Quando si arriva in Romania mancano circa 300 km al confine con l’Ucraina ma il percorso, fatto da una corsia e costellato da una serie infinita di tornanti, è difficile e ci si impiegano almeno sei ore per superare la catena montuosa dei Carpazi. Il susseguirsi di prati e greggi è incorniciato da case semplici sorvegliate da cicogne in amore, annidate sui tralicci dell’elettricità. La campagna collinare rumena fatta di umiltà e sfarzo allo stesso tempo finisce a Siret, città di confine con l’Ucraina. È tardi, il viaggio ha subito dei ritardi dovuti a un guasto a uno dei mezzi della missione. Le buche dell’asfalto, profonde come i crateri delle bombe, hanno infatti fatto saltare le sospensioni di un automezzo con conseguente sosta in un’officina di Budapest.
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