La Rai ha riportato sul piccolo schermo un grande classico della commedia di Eduardo De Filippo, Filumena Marturano, definita dallo stesso autore «la più cara delle mie creature».
Con la regia di Francesco Amato, sono Vanessa Scalera e Massimiliano Gallo a vestire i panni dei protagonisti, mettendo in scena una godibile rappresentazione, che non sfigura al confronto con le grandi interpretazioni del passato.
Vediamo insieme la storia e l’evoluzione di uno dei personaggi più complessi e tormentati del teatro napoletano.
Filomena Marturano, scritta nel 1946,debuttò il 7 novembre del 1947 al Politeama di Napoli. In quel periodo l’Italia era ancora segnata dalla guerra e dai bombardamenti ed Eduardo portava in scena una prostituta. Proprio a lei affidò il compito di ricostruire un senso etico nel Paese.
Una donna che incarna i valori fondamentali: l’amore per i figli, la famiglia, l’unione, la stabilità di sentimenti. Così, Filumena restituisce questi ideali a un’Italia che deve ricominciare a vivere.
Chi era la donna che ispirò Eduardo? L’origine di Filumena Marturano
Fu lo stesso Eduardo a raccontare che l’idea per il personaggio di Filumena Marturano nacque dalla lettura di una piccola notizia di cronaca: «L’idea di Filumena Marturano mi nacque alla lettura di una notizia; una donna a Napoli, che conviveva con un uomo senza esserne la moglie, era riuscita a farsi sposare soltanto fingendosi moribonda. Questo era il fatterello piccante, ma minuscolo; da esso trassi la vicenda ben più vasta e patetica di Filumena».
Ancora oggi, tra i palazzi in vicolo San Liborio, sono presenti murales e foto che testimoniano «qui nacque e visse Filumena Marturano, resa celebre in tutto il mondo da Eduardo De Filippo».
Il personaggio fu scritto da Eduardo per sua sorella, Titina De Filippo, che lo interpretò sia a teatro che nella trasposizione cinematografica del 1951. Tante, comunque, le grandi attrici ad averne vestito i panni: dalla grande Regina Bianchi, Pupella Maggio, Valeria Moriconi, Isa Danieli, Lina Sastri, Sophia Loren, Mariangela Melato, Mariangela D’Abbraccio.
Filumena è una donna dalla forza straordinaria, un’eroina tragica nella sua sofferenza profonda. La sua grande dignità si pone in totale contrasto con il personaggio di Domenico Soriano, che è un uomo vanitoso, che non ha rispetto di nessuno, quantomeno di Filumena. La donna rappresenta l’evoluzione, è l’uomo invece che deve capire che la società sta cambiando e deve cercare una nuova definizione rispetto a dei valori che sono superati. Una tematica ancora oggi fortemente attuale.
«E figlie so’ figlie e so’ tutt’eguale», dice Filumena, perché è la famiglia uno degli ambiti più indagati nell’opera di Eduardo De Filippo che analizza negli anni della sua produzione l’evoluzione e le trasformazioni sociali della famiglia non solo napoletana, ma anche italiana. Filumena Marturano è una mamma, semplicemente questo. Una donna dal passato discutibile, che riscatta sé stessa attraverso l’amore per i tre figli illegittimi.
Nel teatro di Eduardo è magistralmente equilibrata la mescolanza tra il tragico e il comico e Filumena è un personaggio che alterna momenti dolci a quelli duri, scene tragiche e rabbiose a comiche e ironiche. Come la scena della morte, in cui si finge moribonda per farsi sposare da Domenico Soriano.
Non ha scrupoli nell’imbrogliarlo. Lui era stato il suo cliente e amante per tutta una lunga giovinezza fatta di errori e sofferenza, ma tutto questo passa in secondo piano davanti al bene dei tre figli. In un’epoca in cui avere un cognome era fondamentale, Filumena farà di tutto per garantire ai tre figli un futuro, anche ingannare Soriano fingendo la sua stessa morte.
Nella direzione televisiva di De Filippo, il film inizia con l’iconica ripresa in primo piano di Eduardo che si prende a schiaffi urlando “Pazzo, pazzo, mille volte pazzo”, per non essersi accorto di essere stato tratto in inganno.
La Filumena Marturano di Regina Bianchi
Undici anni dopo, Eduardo decise di riproporre un adattamento televisivo dell’opera, questa volta interpretata dal volto fiero di Regina Bianchi. La Filumena della Bianchi è una donna determinata, dalla voce cantilenante, con occhi agguerriti, sguardo penetrante e movimenti serrati delle braccia.
L’interpretazione indimenticabile di Regina Bianchi è legata ad un simpatico aneddoto raccontato in un’intervista dal grande Andrea Camilleri, amico dell’autore napoletano: «Per esempio in Filumena Marturano, un attimo prima di cominciare le riprese lui disse a Regina Bianchi: “Regì, guarda che poi questo Titina se lo guarda”.
Regina tirò la parte in un modo, un modo eccezionale e quando finimmo il primo atto, la scena in cui lei ha i soldi, io mi buttai giù dalla scaletta, per correre ad abbracciarla; mi svenne tra le braccia perché grande era stata la tensione provocata dalle parole di Eduardo. Lui glielo aveva detto apposta, per metterla in uno stato emotivo eccezionale.»
La Filumena Marturano di Sophia Loren
Nel 1964 Vittorio De Sica porta sul grande schermo la storia di Filumena con un’indimenticabile Sophia Loren. Più passionale e sensuale, la Loren incarna l’essenza della donna dal passato travagliato, dalla determinazione meridionale, della sensualità da “malafemmena” che il suo personaggio rappresenta.
Curioso che lei non fosse la prima scelta di De Sica per interpretare la Marturano. Sembrava, infatti, molto più adatta Anna Magnani, più scura nei colori dei capelli e degli occhi, con lineamenti più “duri” e dunque più simile all’immagine del personaggio già portato in scena da Titina De Filippo. Alla fine, però, la scelta ricadde su Sophia Loren: si volle infatti cavalcare l’onda del successo ottenuto dalla coppia Loren-Mastroianni appena un anno prima, nel film Ieri, oggi, domani, sempre diretto da Vittorio De Sica.
Quando la Filumena di Valeria Moriconi venne fischiata dal pubblico
Era il 1986 quando Valeria Moriconi, attrice originaria di Jesi, in provincia Ancora, vestì i panni di Filumena. La Moriconi si affacciava ad una Napoli ancora sofferente per la recente scomparsa di Eduardo (1984), inimitabile figura di attore-autore, che appariva al pubblico insostituibile.
Un pubblico troppo severo e mai troppo tenero con le riprese dei suoi spettacoli, specie se allestite da compagnie non napoletane. Motivo per cui la Filumena della Moriconi venne riempita di critiche e fischiata per diverse sere: parlava sì in napoletano, ma senza l’intensità di toni di un vero madrelingua, che rendono iconiche alcune battute della Marturano. Una sorta di snobismo purista, forse provinciale, molto legato anche all’uso della lingua eduardiana.
Si dice che la Moriconi tentò di spiegare di aver ricevuto dallo stesso Eduardo il benestare per l’interpretazione di Filumena, solo se avesse parlato in napoletano.
La Filumena Marturano di Vanessa Scalera
Per fortuna questa volta il non essere napoletana non ha pregiudicato in alcun modo il successo di Vanessa Scalera che ha curato la sua Filumena Marturano in ogni singolo dettaglio. Ogni pausa, ogni sguardo mozza il fiato dello spettatore, catturato dalla sua capacità recitativa e interpretativa, fatta di espressività e cambi di tono repentini. Una voce tagliente, leggera ma mai debole.
Francesco Amato ha realizzato un allestimento televisivo scegliendo un testo aderente alla tradizione, ma innovativo nell’approfondimento di alcuni filoni narrativi che nelle altre trasposizioni erano stati solo raccontati e accennati: le preghiere di Filumena alla Madonna delle Rose, il fidanzamento di Domenico con Diana. Persino l’iconica scena della finta morte viene parzialmente riscritta, andando a spostare immediatamente il grado di empatia dello spettatore a favore della protagonista femminile.
Massimiliano Gallo e Vanessa Scalera portano il loro sodalizio artistico – già noto al pubblico per la serie Imma Tataranni – a un livello successivo. I loro Domenico Soriano e Filumena Marturano ballano un tango dei sentimenti: la rabbia, la meschinità, il rimpianto, poi finalmente l’amore.
Questa loro intensa chimica si sposa nella meravigliosa circolarità del finale. All’inizio del film, un rabbioso Domenico Soriano rimprovera Filumena per non averla mai vista piangere: «E dovevo piangere per te? Era troppo bello ‘o mobile. Dummì, lo sai quando si piange? Quando si conosce il bene e non si può avere. E io bene non ne conosco, la soddisfazione di piangere non l’ho mai potuta avè».
Quando finalmente il nucleo familiare si ricompone di fronte a un altare, quando ormai i tre figli sono stati accettati, e i due ritornano a casa ormai veramente marito e moglie, Filumena piange. «Sto piangendo, Dummì… E quanto è bello chiagnere!». Le lacrime mozzate dalla risata della Scalera sono l’iconico finale che va a coronare questo adattamento, aggiungendolo alla lista delle grandi rappresentazioni di Filumena Marturano.
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