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Esclusiva

Febbraio 3 2023
«Rimangono pochi giorni per salvare Cospito», parla la dottoressa del carcere di Sassari

Portare avanti uno sciopero della fame è logorante e le motivazioni che muovono le persone a intraprenderlo possono essere diverse, come spiega il segretario radicale Maurizio Turco

«Per quanto Alfredo Cospito possa essere seguito nel carcere di Opera, le sue riserve sono allo stremo. Non posso dare una data precisa, ma credo che rimangano pochi giorni per salvarlo» dice a Zeta la dottoressa Angelica Milia, che monitorava le condizioni di salute dell’anarchico nel carcere di Bancali di Sassari. Milia ha visto per l’ultima volta il suo paziente giovedì scorso, prima che venisse trasferito a Milano. «Aveva freddo, era coperto da diversi strati di maglioni e indossava tre paia di pantaloni. Abbiamo parlato per mezze frasi, perché accanto a me c’erano anche gli agenti di polizia e il capo dei medici del carcere». 

L’anarchico abruzzese ha iniziato lo sciopero della fame il 19 ottobre del 2022, come forma di protesta non violenta contro il regime del 41 bis a cui è sottoposto da maggio. 

Il legale di Cospito, Flavio Rossi Albertini, ha dichiarato che il detenuto continuerà questa forma di protesta anche a Opera, dove è stato spostato in seguito al peggioramento delle sue condizioni di salute. Il suo assistito ha infatti chiarito di star lottando per fermare l’applicazione del carcere duro per tutti, non solo per sé stesso

La storia di questo metodo di resistenza non violenta affonda le proprie radici nel passato e ha diversi fini e modalità. Uno degli esempi più famosi di disobbedienza civile raggiunta attraverso il digiuno è quello del Mahatma Gandhi che, negli anni ’30, ha utilizzato questa forma di protesta pacifica per raggiungere l’indipendenza dell’India dalla corona inglese. In Italia l’organizzazione che ha fatto ricorso più volte allo sciopero della fame è stato il Partito Radicale di Marco Pannella

«La non violenza è la politica della speranza. Cospito, invece, ha innestato questo sciopero della fame in una strategia violenta, portando avanti una politica della disperazione». Maurizio Turco, segretario del partito radicale, crede che le motivazioni che in passato hanno mosso lui stesso a intraprendere degli scioperi siano ideologicamente diverse da quelle dell’anarchico. «Il suo è un gesto non pacifico, un atto di violenza diretto contro lo Stato, che considera un nemico. Il nostro, invece, aveva la finalità aprire un confronto», spiega Turco.

Secondo il segretario, nella resistenza di Cospito mancherebbe la volontà di interloquire con lo Stato e le istituzioni italiane affinché cambino i loro comportamenti: «Lui sta scagliando il suo corpo contro il potere in un atto di disperazione e non di speranza».

Lo sciopero dell’anarchico abruzzese assomiglierebbe di più a quello portato avanti dal leader irlandese dell’IRA Bobby Sands, morto nel carcere di Maze, a Belfast, nel 1981. «La strategia di Sands era di arrivare fino alla morte per protestare contro le condizioni in cui era detenuto. Questo però non ha portato i suoi sostenitori a ottenere nulla, se non un inasprimento dello stato nei confronti di coloro che sostenevano quella forma di lotta», continua Turco. 

«Lo sciopero della fame che abbiamo fatto tante volte io e Marco Pannella consisteva in bere tre cappuccini al giorno e non lo facevamo di nascosto. Questo non depotenzia la lotta, ma fa capire che la nostra prospettiva era diversa rispetto a Cospito. Io e Marco scioperavamo proprio perché eravamo in una fase di interlocuzione con le istituzioni italiane, non di auto distruzione. Non abbiamo mai messo in discussione la nostra vita e non avevamo mai uno scopo di interesse individuale o del partito. Era un gesto politico, di lotta. Anziché tirare la molotov, noi digiunavamo». 

In realtà anche Cospito continua a prendere, all’occorrenza, delle bustine di zucchero che gli permettono di darsi energia, proprio come facevano i cappuccini per Pannella. Le modalità sono quindi, in parte, le stesse. Secondo la dottoressa Milia, però, l’anarchico non potrà andare avanti molto solo con acqua e zucchero. «Quando l’ho visto l’ultima volta, il paziente era in uno stato di debolezza estrema e poteva perdere conoscenza da un momento all’altro. Il rischio più grande è che anche la muscolatura respiratoria possa venire intaccata. Nel suo organismo si è infatti attivato un processo di denaturazione delle proteine muscolari, che gli permette di continuare a prendere energia da qualche parte. Questo ha attivato un processo di degradazione dei muscoli. Inoltre, nel suo organismo mancano anche sodio e potassio, in quanto ha smesso di prendere integratori».

«Bisognerà vedere come decideranno di procedere i colleghi di Milano ora. Da un lato, la deontologia professionale dice che il paziente deve essere salvato a tutti i costi, dall’altro, Cospito ha firmato da cosciente un documento in cui rifiuta ogni tipo di alimentazione forzata. Il suo corpo ha resistito più di altri perché, visto che era in sovrappeso, aveva grandi depositi di grasso quando ha iniziato lo sciopero della fame. Questa resistenza, però, può durare molto poco. Le sue riserve sono allo stremo. Può essere rianimato, ma è destinato a fermarsi, in quanto non c’è più un’integrazione per far funzionare gli organi vitali», conclude la dottoressa Milia. La prima data che potrebbe cambiare il destino dell’anarchico è il 12 febbraio, quando scadrà il mese di tempo che il ministro della giustizia Carlo Nordio ha per rispondere all’istanza di revoca del 41 bis. Il 7 marzo, invece, i giudici della Cassazione dovranno decidere sul ricorso presentato sempre dalla difesa contro la decisione del tribunale di sorveglianza di Roma che ha confermato il regime del “carcere duro” per quattro anni. Il tempo, però, sembra essere sempre meno.