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Esclusiva

Marzo 18 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Marzo 21 2023
«Macron oggi è più solo che mai» 

Il politologo francese Marc Lazar commenta per Zeta la tensione in parlamento e nelle piazze parigine, dopo che la riforma delle pensioni è passata senza il voto parlamentare

«Il presidente Emmanuel Macron non è mai stato così solo e in difficoltà», dice a Zeta Marc Lazar, sociologo e politologo francese, professore a Sciences Po e alla Luiss Guido Carli. Nella serata di lunedì 20 marzo è stata votata la mozione di sfiducia presentata contro il governo di Elizabeth Borne, che è salvo per soli nove voti. Le opposizioni hanno deciso di presentare le mozioni dopo che, giovedì 16 marzo, il governo francese ha deciso di usare il controverso articolo 49.3 della Costituzione. Il dispositivo dà all’esecutivo la possibilità di approvare una legge senza il voto parlamentare, per far passare il provvedimento che sposta l’età pensionabile da 62 a 64 anni. Il governo rimarrà in carica e la legge sulle pensioni passa in automatico. Quando la premier Elizabeth Borne ha annunciato il ricorso al dispositivo del 49.3 dicendo che «non possiamo scommettere sul futuro delle nostre pensioni, la riforma è necessaria» l’aula è entrata in agitazione. Borne è stata bersagliata da fischi e contestazioni, mentre l’Assemblée Nationale intonava la Marsigliese in segno di protesta. 

Il momento è durissimo per Macron. Le opposizioni, dalla destra di Marie Le Pen con il Front National all’estrema sinistra di Jean-Luc Melanchon, condannano compatte la legge e anche all’interno della stessa maggioranza di governo non tutti sono a favore. Il partito repubblicano, che rappresenta la destra storica francese e che potrebbe essere l’ago della bilancia in questa storia, ha al suo interno delle voci contrarie alla riforma. L’esecutivo ha dovuto usare l’articolo 49.3 proprio a causa del fatto che i Repubblicani avevano votato a favore al senato, ma alcuni di loro non avevano poi fatto lo stesso in parlamento.

«La Francia è un Paese in cui la fiducia verso le istituzioni è già molto bassa. A partire da oggi il governo è ancora più isolato e il livello di popolarità del presidente è bassissima. L’uso del 49.3 non è una novità nella storia della Repubblica, il governo lo ha già fatto altre volte. Questa ondata di indignazione è sintomo di una disaffezione generalizzata nei confronti della politica e non riguarda solo l’episodio delle pensioni. Fino a pochi giorni fa Macron continuava a dichiarare di volere un voto in parlamento, ma poi lui e la prima ministra hanno agito in maniera diversa, dicendo che la situazione economica in cui versa la Francia richiedeva un intervento di questo tipo. È una sconfitta politica per il presidente, che ne esce indebolito». 

«Tuttavia, avevo previsto che sarebbe stato molto difficile che la sfiducia passasse. Parte dei repubblicani aveva detto in maniera convinta che avrebbe votatato la sfiducia e che era importante che il governo rimanesse in carica, mentre altri sembravano tentati di voler far cadere Macron. Tutto è ancora possibile e la situazione è molto tesa, ma la sfiducia non mi sembrava una possibilità. Il gruppo dei repubblicani ha paura dello scioglimento della camera. Infatti, nel caso si tornasse a votare, rischierebbero di perdere la poltrona», continua Lazar.

Le proteste degli ultimi giorni 

Ieri, dopo l’annuncio che il governo sarebbe rimasto in carica, sono ripartite le proteste nella capitale e in altre città del Paese. I manifestanti parigini hanno dato fuoco ai cassonetti, straboccanti di rifiuti a causa dello sciopero di netturbini. Anais Ginori, corrispondente dalla capitale francese del quotidiano La Repubblica, racconta il clima di questi giorni:  «La reazione dei parigini, dopo l’annuncio che il governo avrebbe fatto ricorso al 49.3, è stata quasi immediata. Un lungo corteo è partito dalla piazza accanto al parlamento fino ad arrivare a Place de la Concorde. I manifestanti hanno dato fuoco a un pallet di legno e alle recinzioni in piazza. Alcuni dei protestanti hanno bloccato le auto nel centro della capitale e centinaia di manifestanti sono stati fermati e identificati mentre compivano atti violenti come dare fuoco alla spazzatura per le strade»

In questi giorni in molti hanno azzardato il paragone con i gilet jaunes, che hanno agitato le piazze francesi qualche anno fa. Per la maggiora parte degli esperti, però, i due movimenti hanno delle differenze sostanziali.

«I gilet jaunes erano un enorme movimento spontaneo, espressione di una Francia rurale molto diversa da quella che marcia nelle piazze in questi giorni. Erano persone che non erano mai andate a manifestare, la maggior parte disoccupate e molto lontane dai sindacati. Oggi, invece, vediamo un grande ritorno delle organizzazioni sindacali classiche, che i gilet gialli avevano tentato di scavalcare».

«La questione delle pensioni percepita come identitaria. Capisco che sia difficile da comprendere dall’Italia, dove ormai si va in pensione a 67 anni, ma in Francia il sistema previdenziale e lo stato sociale hanno sempre avuto un grande importanza. Un’indigaznione del genere si era già sollevata quando, nel 2010, l’età pensionabile era stata alzata da 60 a 62 anni. All’epoca il governo di destra riuscì ad affrontare contestazioni violente. Tutto questo fa parte dell’idea francese che apprezza uno stato generoso, protettivo nei confronti dei suoi cittadini. Le piazze piene di questi giorni, le auto in fiamme e la violenza sono il riflesso di una situazione di disagio sociale più ampia, che non riguarda solo le pensioni, ma il mondo del lavoro in nel suo complesso», conclude Ginori. 

Della stessa idea è anche Marc Lazar. «La Francia è, tra tutti i Paesi europei, quello dove si lavora di meno, ma dove allo stesso tempo la produttività è molto alta. A causa di questo la gente si è abituata a avere lunghi momenti di riposo. La persone aspettano la pensione come un momento in cui potranno vivere appieno il proprio tempo libero, come in parte hanno fatto mentre lavoravano. Gli anziani non vedono l’ora di potersi ritirare per occuparsi dei nipotini, in una nazione dove la natalità è alta, molto più che in Italia. 

In Francia la gente ama il proprio lavoro, ma indagini recenti dimostrano che i lavoratori d’oltralpe non sono contenti del management sul posto di lavoro. Le piazze piene di questi giorni sono espressione di un malessere che i francesi iniziano ad avere sul posto di lavoro in generale e che va oltre il malcontento per la riforma del sistema pensionistico».