«Lucio Battisti non voleva cantare. Faceva resistenza perché diceva che non sapeva farlo. Poi mi diede retta. Lui mi portava le canzoni e io scrivevo i testi. Non sono mai stato un uomo di fantasia, mi sono sempre basata su esperienze di vita vissuta per fare le mie canzoni». Dall’incontro tra un uomo che non sapeva cantare e un uomo che non aveva fantasia, ecco che sono nate le più grandi canzoni della musica italiana.
È l’eterno Mogol a parlare, a raccontare il suo collega e amico Lucio Battisti come nessuno lo ha mai conosciuto, durante la presentazione dell’omonimo libro del giornalista e musicologo Ernesto Assante al teatro Manzoni di Roma.
«Mogol ha definito questo libro un documento importantissimo» sottolinea il cantautore Luca Barbarossa all’inizio dell’incontro. «Storico!» lo corregge Mogol, «Storico», ripete Barbarossa. Perché sì, non esiste un documento che racconti Battisti come lo presenta Assante in questo libro: il Lucio uomo, quello vero, al di fuori della sua immagine cristallizzata di quel ragazzo con il foulard e i capelli ricci.
«Sono cresciuto ascoltando musica fin da piccolo e la passione per Battisti è una fede che non ho mai abbandonato. Mi sembrava assurdo che non ci fosse un libro completo su di lui e ora che l’ho scritto sono ancora più convinto che si tratta di una personalità enorme non solo rispetto all’Italia, ma anche a tutta Europa».
Un lavoro di ricerca attento e cesellato quello di Assante, che afferma di aver letto ogni intervista, ogni frammento, aver consultato ogni documento, ogni video e aver parlato con ogni testimone possibile: «Questi lavori di ricerca sono meravigliosi perché tutto ciò che hai ipotizzato può essere confermato o smentito. Io devo dire che in questo caso ho trovato quasi tutte conferme e parlarne con i testimoni è un’esperienza emozionante. Mi metto nei panni di un qualsiasi fan che ha finalmente la possibilità di interfacciarsi con chi ha conosciuto Lucio Battisti ed è stato testimone di quella che è la nostra vita. Perché diciamolo, non parliamo solo di canzoni. Ho provato a tradurre questa curiosità e questo sentimento collettivo in un libro».
Il rapporto tra Lucio Battisti e Mogol
Star indiscussa dell’incontro, dopo la musica di Lucio Battisti, è Mogol che, intervistato da Luca Barbarossa in un vivace dibattito con Ernesto Assante, ha raccontato aneddoti inediti sul suo rapporto con Lucio, presenti anche nel libro.
«Io devo essere sincero, non ci avevo visto nulla in lui all’inizio. Mi fece sentire due canzoni e io gli parlai con franchezza e gli dissi “non sono un granché” e lui rispose “son d’accordo”. Mi sentivo a disagio a mandarli via, perché lui era simpatico, era umile, lei che me lo aveva presentato era una mia amica, io gli avevo dato una bastonata dicendogli delle cose che però erano vere, quindi gli dissi comunque di venirmi a trovare» e il resto è storia.
Mogol e Battisti collaborano insieme a stretto raggio: Battisti gli presenta la musica, Mogol cerca di «leggere le emozioni della canzone» e di tradurle in testo. «Lui arrivava da me 12 giorni l’anno, tutti di seguito. Lo svegliavo per forza alle 9, perché io ero carico, facevo il primo caffè e glielo davo, lui suonava, io mi stendevo sul tappeto e scrivevo. Poi lui faceva il caffè a me. Il giorno dopo veniva e sapeva la canzone a memoria perché era uno studioso, un meccanico. Un’intelligenza totalmente opposta alla mia».
«Battisti e Mogol hanno scritto le canzoni che sono il tessuto connettivo del paese» commenta Assante. «Mogol ha messo in canzone quello che proviamo ogni giorno. Se sono cresciuto bene lo devo a mamma, papà e a Giulio».
Lucio Battisti e la destra
«C’era la pretesa che noi scrivessimo canzoni impegnate. Io e Battisti, solo perché scrivevamo canzoni di vita normale, siamo stati chiamati fasciati. Noi non abbiamo mai parlato di politica!».
È vero: non hanno mai parlato di politica, né mai sono stati interessati a farla. Eppure negli anni le canzoni di Battisti sono diventate sempre più parte della comunicazione politica della destra italiana.
«Che Battisti sia di destra è una cavolata» afferma Assante. «Prendete la copertina di Amore e non amore: c’è lui su un prato con un cilindro rotto in testa vestito da straccione con una donna nuda sullo sfondo. Nessuno di destra avrebbe mai fatto una copertina del genere nel 1971. Ma poi nessuno di destra avrebbe scritto le canzoni che ha scritto Lucio. Non era politico. È un artista di cui non si può appropriare né la destra né la sinistra».
No, nessuno può appropriarsi di Lucio, eppure appartiene a tutti. Lui che fa parte, ed è, storia della musica italiana, con quelle sue canzoni parlate, interpretate, gridate al mondo come mai nessuno ha fatto.
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