Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Aprile 26 2023
«Suzume che chiude le porte» letterali e metaforiche

Il nuovo film di animazione del regista Makoto Shinkai arriva nei cinema italiani dal 27 aprile

«Suzume è basato sull’enorme disastro avvenuto in Giappone dodici anni fa» racconta il regista Makoto Shinkai, riferendosi al terremoto e maremoto del Tōhoku del 2011. Il film d’animazione ha debuttato in patria a novembre 2022, dove in dodici settimane ha superato i 10 milioni di ingressi in sala e guadagnato 13,4 miliardi di yen (circa 103 milioni di dollari). Ha avuto la sua prima internazionale in Competizione al Festival Internazionale del Cinema di Berlino giovedì 23 febbraio, diventando il primo lungometraggio anime giapponese in competizione all’evento in due decenni. «Sono ansioso di vedere come questo film si traduce per il pubblico internazionale: cosa ha senso, cosa no e quale terreno comune abbiamo tra le culture. Spero che l’imminente uscita internazionale del film mi dia la risposta a queste domande». Nelle sale italiane, arriva dal 27 aprile, presentato da Sony Pictures e Crunchyroll e distribuito da Warner Bros. Entertainment, mentre in libreria è già disponibile, pubblicato da J-Pop, l’omonimo romanzo.

Il titolo originale è Suzume no tojimari (“Le porte chiuse di Suzume” o “Suzume che chiude le porte”) e racconta di Suzume, un’adolescente in grado di vedere forze soprannaturali e capace di chiudere le magiche porte che permettono a un’entità malvagia di entrare nel mondo degli ignari umani e distruggerlo, abbattendosi sulle città e provocando terremoti. Suzume parte dalla sua cittadina, attraversa la nazione, arriva nella grande Tokyo e infine torna nel suo periferico luogo d’origine, un viaggio fisico e metaforico del lasciare le proprie radici e per poi chiudere il cerchio, tornando dove tutto è iniziato. La doppia lettura metaforica e letterale è presente anche nelle stesse porte, nel dover chiudere in maniera definitiva con il passato per andare avanti, un tema già trattato da Shinkai, anche se in maniera non così visiva, nel suo film del 2007, 5 cm al secondo.

Il film racchiude un messaggio sul lutto e la sua elaborazione, la morte e la vita, ma, per trasmetterlo, il regista ha bisogno di far partire la storia e la causa scatenante risulta un po’ forzata: quella che dovrebbe essere l’eroina per cui parteggiare nelle avversità è il motivo per cui le avversità avvengono. Anche la storia d’amore che si basa su un incontro fortuito di pochi secondi, con uno sviluppo rapido e superficiale, sembra messa lì per dare un’ulteriore non necessaria motivazione alla protagonista per sfidare il nemico. Se ci si ferma a pensarci, il finale strappalacrime diventa meno triste, ma se non si riflette sulle colpe della protagonista e non si cercano troppe spiegazioni nel “sistema magico” accennato quel tanto che serve per mandare avanti la storia, ci si commuove. 

L’animazione ha disegni meravigliosi nei passaggi e nei dettagli, permettendo di immergersi nel moderno Giappone e conoscerlo anche se non si è mai stati in quelle zone, ma diventa imprecisa quando i personaggi non sono in primo piano.

Essendo in una terra avvezza ai terremoti, gli spettatori italiani potrebbero con facilità immedesimarsi nella preoccupazione per il possibile sisma e la tristezza del vedere zone distrutte e abbandonate quando non si è riuscito a prevenirlo. Ci sono però delle differenze che straniano, come il fatto che tutti i cittadini nipponici ricevano sui loro cellulari l’allerta terremoto e gli studenti in classe non si rifugino sotto ai banchi non appena il telefono si illumina.

Leggi anche: Quando la lettura non è fatta di sole parole

La narrazione scorre in maniera ripetitiva, alternando sequenze di azione per chiudere le porte con momenti lenti che sviluppano i protagonisti, mentre questi si spostano da un punto all’altro, e il Giappone, mostrando spaccati di vita quotidiani di personaggi secondari incontrati durante il viaggio. Le due ore di durata del film non pesano, ma qualche minuto avrebbe potuto essere sfruttato per approfondire di più il mondo magico, che incuriosisce di più lo spettatore rispetto a quello comune.