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Esclusiva

Maggio 4 2023
«Siccità ed eventi estremi sono due facce della stessa medaglia: il riscaldamento globale»

L’Italia piegata dal maltempo e dalla pioggia incessante e l’importanza di una corretta gestione del territorio per affrontare le emergenze. Ne abbiamo parlato con Antonello Pasini, fisico del Clima del Cnr

«La siccità da un lato e questi eventi estremi che abbiamo visto adesso in Pianura Padana sono le due facce della stessa medaglia che è il riscaldamento globale», spiega Antonello Pasini, Fisico del clima presso il Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche). È un bilancio pesantissimo quello con cui fa i conti in queste ore l’Emilia Romagna: frane, esondazioni e smottamenti, case allagate, diverse persone bloccate nelle proprie automobili, due vittime e centinaia di sfollati. Dopo mesi di siccità, in soli due giorni è caduta una quantità di pioggia senza precedenti che ha fatto esondare il fiume Lamone nel Ravennate.

Il maltempo di questi giorni non ha risparmiato tante altre zone d’Italia tra cui la Calabria dove le precipitazioni intense e incessanti hanno causato la piena del fiume Trionto e il crollo di un viadotto all’altezza del comune di Longobucco, in provincia di Cosenza. Una frana avvenuta circa mezz’ora prima del crollo aveva portato alla chiusura della strada al transito di mezzi leggeri e pesanti e questo ha scongiurato possibili conseguenze, anche gravi.

Secondo il Rapporto CittàClima di Legambiente, nei primi dieci mesi del 2022 in Italia si sono registrati 254 fenomeni meteorologici estremi con un aumento del 27 per cento rispetto allo scorso anno. Ben 1.503 invece gli eventi estremi che hanno messo in ginocchio l’intera Penisola negli ultimi 13 anni, dal 2010 al 31 ottobre del 2022: 780 i comuni colpiti, 279 le vittime. Tra le regioni in cui il bilancio è stato più pesante vi sono la Lombardia, il Lazio, la Puglia, l’Emilia Romagna, la Toscana e il Veneto.

Gli eventi metereologici estremi sono sempre più frequenti e il futuro dipende quindi essenzialmente dagli interventi che metteremo in atto. Come spiega Pasini: «La comunità scientifica si è resa conto che non possiamo tornare indietro con la temperatura. La cosa migliore che possiamo fare è stabilizzarne l’aumento a un grado e mezzo rispetto all’epoca preindustriale. Gli eventi che stiamo vedendo negli ultimi decenni li avremo anche in futuro: dovremo quindi adattarci e imparare a conviverci. Una cosa essenziale da fare è gestire bene il territorio. Per esempio nelle città ci vogliono più spazi verdi che assorbono e fanno infiltrare l’acqua nel sottosuolo. Il cemento e l’asfalto sono impermeabili quindi l’acqua rimane in superficie e crea questi fiumi in piena che travolgono qualsiasi cosa. In generale, una buona regola è quella di non cementificare troppo il territorio, preferire un’agricoltura con irrigazione a goccia, recuperare le acque reflue, sistemare gli acquedotti colabrodo. L’altra cosa importante da fare è quella di evitare di andare verso scenari che non sarebbero gestibili. Se, ad esempio, i nostri ghiacciai alpini perdessero il 90 per cento della loro superficie e del loro volume scomparirebbero le risorse idriche per la Pianura Padana. A quel punto sarebbe difficile adattarsi, se non impossibile».

La necessità di agire con interventi adeguati proprio per fare in modo di non arrivare a questi scenari dai quali poi non potremo più difenderci adeguatamente chiama in causa anche la siccità che, negli ultimi mesi, ha coinvolto tanti corsi d’acqua italiani. Il fiume Po dopo aver fatto i conti, per mesi, con una crisi idrica estrema, nel giro di poche ore ha visto il livello delle sue acque aumentare di oltre 1,5 metri a causa dell’ondata di maltempo e delle precipitazioni intense. Anche il lago di Garda, negli ultimi giorni, ha visto risalire il livello delle sue acque. Come rilevato dai dati del satellite Sentinel-2 dell’Osservatorio europeo sulla siccità del programma Copernicus gestito dalla Commissione Europea e dall’Agenzia Spaziale Europea, il più grande lago italiano, fino a pochi giorni fa, si trovava a soli 45,8 centimetri sopra lo zero idrometrico, la quota sul livello medio del mare stabilita come riferimento convenzionale per questo bacino. Non era mai stato così basso negli ultimi 70 anni. La causa? Le montagne senza neve e le piogge troppo scarse. Il lago di Garda è una scorta idrica importantissima: si tratta infatti di un serbatoio di acqua dolce e il suo abbassamento rischia di mettere a repentaglio la capacità di sostenere l’agricoltura e l’irrigazione estiva dei campi, ma anche la comunità locale e il turismo. L’acqua del Garda, una volta correttamente depurata, diventa potabile e sono tanti i comuni gardesani che, durante la stagione estiva, ne aumentano il proprio fabbisogno. Il mantenimento di un adeguato livello dell’acqua del lago è indispensabile anche per preservare la flora e la fauna che caratterizza il Garda.

Fondamentale quindi comprendere bene la gestione delle acque dei corsi d’acqua italiani in modo tale che non vada dispersa. «Queste piogge così violente non riescono a rimettere in sesto le falde. Vediamo il fiume Po in piena e pensiamo che è tutto risolto. Non è così perché quell’acqua, se non viene intercettata, se ne va in Adriatico. È quindi fondamentale fare il più possibile per non disperdere l’acqua ma anche per farla entrare nelle falde. Tante volte basta fare in modo che il fiume, quando esonda, abbia spazio intorno a sè per far sì che si rimpinguino le falde. Ci sono anche soluzioni naturali e non solo ingegneristiche».

Quello che è importante per il fisico del Clima Antonello Pasini è anche sviluppare una «cultura del rischio» in modo che i cittadini siano preparati ad affrontare un evento climatico estremo nella maniera adeguata. Una «cultura del rischio» a cui affiancare una «cultura della legalità». Come sottolinea Pasini: «Dobbiamo smettere di pensare che fare un abuso edilizio sia una furbizia per avere dei vantaggi. Quando si commette un abuso costruendo sull’alveo di un fiume o su un crinale franoso, magari fuori dal piano regolatore, bisognerebbe rendersi conto che questo potrebbe causare la perdita di tutti i propri beni e, a volte, anche della propria vita. In questo senso la “cultura del rischio” deve essere anche una “cultura della legalità”».

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