Esclusiva

Maggio 31 2023
L’uomo che fece parlare la Moschea in romano

L’architetto Paolo Portoghesi, morto ieri a 91 anni, è famoso per aver progettato la Moschea della Capitale

«Amava talmente tanto Roma che ha fatto parlare la moschea in romano». Mario Pisani, architetto in pensione e caporedattore della rivista “Abitare la terra” ricorda così il suo amico Paolo Portoghesi, l’archistar famoso per aver progettato la moschea della Capitale e per aver diretto la Biennale di Venezia, morto ieri a 91 anni nella sua casa di Calcara, nel viterbese, dove si era ritirato negli ultimi anni.

“Una moschea che parla in romano”, in che senso? E qui l’architetto Pisani – che con Portoghesi ha fondato “Abitare la terra” – se la ride di gusto. «Nel senso che molti elementi architettonici di una struttura pensata per il mondo arabo, in realtà, sono “fatti di Roma”, dialogano in romano. Come le lastre di piombo usate nella copertura, che sono le stesse usate per coprire la Cupola di San Pietro, oppure la scalinata di accesso, che rievoca quella di Trinità dei Monti. E ancora i mattoni e il travertino di Tivoli utilizzato nelle pavimentazioni, e il classico marmo di Carrara che caratterizza gli edifici della Roma imperiale”. Un modo per far sentire quanto la moschea sia non disunibile dalla città di Roma e quanto invece sia possibile la contaminazione tra le culture.

Un pensiero che sottende, dietro a una straordinaria capacità di inventare, un altrettanto strutturato pensiero politico.  «Tanto che Paolo Portoghesi non può definirsi solo un grande architetto, ma dev’essere anche pensato come un vero e proprio intellettuale, dal preciso impegno politico». Impegno che lo porterà nel 1961 a iscriversi al Partito Socialista Italiano – «Portoghesi era innamoratissimo di Craxi» – il quale lo nominerà all’inizio degli anni ‘80 direttore della Biennale di Venezia. Proprio nel 1982 Portoghesi dedicherà l’intera edizione all’architettura islamica. La stessa per cui a Roma ha progettato l’edificio più importante, vincendo un concorso pubblico finanziato dai governi arabi.  

«Andò così: un gruppo di studenti arabi che studiava a Valle Giulia – angolo paradisiaco della città, dove non a caso fioriranno le più importanti accademie, ancora oggi attive – si fece promotore della costruzione di una grande moschea. Così, per la progettazione, andarono in un primo momento da un altro grande architetto romano, Bruno Zevi, il quale però, di religione ebraica e senz’altro avverso al mondo islamico, gli rispose provocatoriamente: «non posso aiutarvi perché l’arte araba non esiste».

E così li accolse Portoghesi, che di lì a poco, in uno spazio verde a valle del quartiere Parioli, avrebbe dato una prova gigante e audace dell’esistenza dell’architettura islamica.  «Paolo iniziò con loro e con il collega Vittorio Gigliotti lo studio dell’architettura araba, approfondendo esempi come Cordoba in Spagna e Monreale in Sicilia. Proprio dal Duomo di Monreale Portoghesi riprese gli archi intrecciati. E accordandoli l’uno con l’altro realizzò la moschea, che altro non è se non un gioco di archi intrecciati che sostengono un soffitto».

La costruzione di una moschea all’interno di una grande città italiana è spesso stata oggetto di contraddizioni politiche e resistenze da parte della popolazione.  «Accadde anche quella volta, tanto che gli abitanti del quartiere Parioli protestarono per il timore di perdere spazio verde, mentre Paolo dovette accettare alcuni compromessi. Per esempio l’altezza della Moschea non doveva superare quella della Basilica di San Pietro». E così fu, con la moschea che è alta 75 metri contro i 136 della basilica vaticana.  

«Purtroppo i grandi uomini se ne vanno», anche se resta il loro ricordo, specialmente nelle cose che hanno costruito». Sia che si tratti di una grande moschea nel centro di Roma che di una piccola casa in Tuscia, alto Lazio.  «Un giorno, in visita a Calcata, Paolo e sua moglie, architetto anche lei, si innamorarono di una stalla e di lì a poco ci disegnarono sopra una casa». La casa-fattoria dove ieri Portoghesi è morto all’età di 91 anni dopo una breve malattia, proprio mentre Pisani era al telefono con la sua segretaria.  «Quella con Paolo è stata una bellissima amicizia. Ogni tanto ripenso ai nostri progetti, specie a quelli mai andati in porto. E da ieri penso a Paolo come un bel posto».

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