Esclusiva

Giugno 17 2023
C’era una volta la prima vera democrazia araba

La Tunisia si trova ad affrontare una delle crisi democratiche ed economiche più grandi della sua storia, mentre costruisce rapporti con l’Europa

Nel 2014 il giornale britannico Economist lo ha nominato per la seconda volta “il Paese dell’anno”, eppure in meno di un decennio la situazione non poteva prospettarsi più diversa.

Il 25 luglio 2022 il presidente Kais Saied è riuscito a trasformare la Tunisia da democrazia a un sistema sempre più autocratico. Quel giorno la Tunisia ha cambiato volto per sempre.

C’era una volta la rivoluzione dei Gelsomini, nel 2011, unica delle primavere arabe che era riuscita a imporre una direzione democratica al Paese, con una nuova Costituzione che metteva un punto di fine e superava il ventennio di Ben Ali.

«Una delle cose che ricordo meglio è il lavaggio del cervello che facevano» racconta Amir, 28 anni, che è venuto in Italia a studiare 10 anni fa. «Da quando Saied è salito al potere, e con lui la destra estremista islamica, le cose avevano iniziato a cambiare. Tantissime persone si sono convertite all’Islam, molti miei amici. Sono diventati irriconoscibili».

Amir non è veramente scappato dalla Tunisia, ne è uscito con un visto di studio, anche se non è stato per niente facile ottenerlo. «Già anni fa il governo turco aveva iniziato a controllare la società in maniera velata: riuscire ad avere un visto per lasciare il Paese era veramente difficile e costava tanto».

Quando torna in Tunisia Amir non ha più amici, se ne sono andati tutti ormai. «La libertà è molto limitata, il divertimento non esiste e puoi essere arrestato o ricevere una multa per le cose più stupide, come tenere per mano la tua ragazza. Ormai hanno lasciato tutti la Tunisia, non c’è più un futuro per noi giovani: la crisi economica non fa altro che peggiorare e il tasso di disoccupazione è altissimo».

Il governo di Tunisi rientra nello scacchiere internazionale d’interesse per la questione migranti, soprattutto per il processo di esternalizzazione delle frontiere adottato dall’Unione europea negli ultimi decenni. Il Paese, per il suo affaccio sul mare, è sempre stato un crocevia in cui hanno convissuto diverse etnie e culture. Il razzismo, secondo Amir, c’è sempre stato, anche se applicato in forma velata. Con la sempre maggiore presa di potere da parte del presidente Saied la situazione è peggiorata in maniera drastica.

«C’è stata la volontà, dall’inizio di questo secolo, di cambiare la composizione demografica della Tunisia. Attraverso queste ondate successive di migrazione irregolare, si cerca di fare della Tunisia un Paese puramente africano che non appartiene al mondo arabo-musulmano». Questa è la dichiarazione riportata dai media locali pronunciata da Saied durante una riunione del Consiglio superiore per la sicurezza nazionale, il 22 febbraio del 2023.

Da quel giorno è iniziato un esodo dei migranti sub-sahariani verso l’Europa, dopo l’aumento di aggressioni fisiche e verbali a sfondo razzista. Per mesi queste persone hanno vissuto nella paura e nel dolore, temendo di uscire di casa, per il clima di ostilità che si è creato nei loro confronti da parte dei cittadini tunisini che hanno cominciato a sentirsi “autorizzati” dal loro stesso governo.

«La società tunisina è sempre stata un mix di culture e colori di pelle. Ora, però, la situazione dei migranti è peggiorata tantissimo. Si sentono sempre più frequentemente discorsi come “Noi siamo poveri, non possiamo prendere gente da fuori”, oppure “ecco, vengono qui per rubarci il lavoro”. Ma sono tutti discorsi nati dall’ignoranza e dal lavaggio del cervello che il governo di Saied sta facendo ai tunisini da anni», ha concluso Amir.

Le prime settimane di giugno sono state importanti per il rapporto tra Europa e Tunisia. La premier italiana, Giorgia Meloni, si è presa la responsabilità di gestire gli accordi tra le due istituzioni, sperando in questo modo di ricucire un rapporto stretto con un Paese che è chiave per evitare l’arrivo dei migranti sulle coste italiane. 

«Le autorità tunisine stanno utilizzando il tema dell’immigrazione subsahariana verso l’Europa come una carta negoziale per assicurarsi il sostegno dell’Unione Europea, soprattutto in un momento di crisi economica come quella che sta affrontando», queste le parole del venticinquenne Jlassi Ghaylen, responsabile della documentazione presso una Ong tunisina, preoccupato per come la situazione potrà continuare a peggiorare.

Anche se l’ultimo comunicato della presidenza tunisina sostiene che il popolo tunisino si rifiuta di fare da guardiano del Mediterraneo per gli europei e di accettare gli immigrati espulsi dall’Italia, Giorgia Meloni, dopo la visita con Ursula von der Leyen e Mark Rutte, primo ministro dei Paesi Bassi, sta facendo proprio leva su questo.

L’accordo sul tavolo sembra quindi chiaro: se l’Europa finanzierà la Tunisia e l’aiuterà a uscire dalla crisi in cui si trova, il governo di Saied si impegnerà a proteggere le frontiere europee dalle imbarcazioni illegali.

Resta ora da capire a quali accordi si arriverà in termini sia economici che sociali e se la Tunisia, dopo Libia e Turchia, diventerà una delle nuove frontiere dell’Unione Europea, creata per tenere lontani quanti più migranti possibili.

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