Esclusiva

Gennaio 26 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Gennaio 28 2024
Emanuela Audisio, giornalista e “raccontatrice”

Dall’Iran alla luna, la giornalista Emanuela Audisio racconta agli studenti del Master la sua storia, i suoi documentari e come narrare attraverso le immagini

«A 10 anni la tennista Billie Jean King ha scoperto cosa fare nella vita: le piaceva colpire la pallina, amava quel rumore ed è diventata la migliore. Dovete trovare la vostra pallina». Emanuela Audisio, giornalista e documentarista di Repubblica, la sua l’ha trovata in Iran, vedendo uno scribacchino seduto su una cassetta di frutta. È cresciuta in un piccolo centro vicino al Golfo Persico, non c’erano scuole e la gente faceva la fila per raccontare a quell’uomo delle storie che poi diventavano lettere, divise per tema in base al colore. «Volevo avere quella stessa magia».

In Italia frequenta direttamente il liceo, prima di laurearsi in scienze politiche il 16 marzo del 1978. Era il giorno del sequestro di Aldo Moro. «Sono stata tra i primi a saperlo, ce l’avevo in commissione d’esame». Dopo la laurea inizia a collaborare con la Repubblica. E a raccontare. «Mi piace definirmi “raccontatrice”, perché noi trasponiamo storie» come faceva quello scribacchino seduto sulla cassetta della frutta.

Da qui nasce l’esigenza di narrare attraverso i documentari. «Ne ho raccontate così tante che a volte le parole mi stancano e preferisco usarle come un assist per il vero centravanti delle storie: le immagini». L’ingegno sta nella scelta: «È come fare una traversata, bisogna scegliere l’imbarcazione e il tipo di navigazione».

Nel docufilm “Da Clay ad Ali. La metamorfosi” Audisio decide di partire dalla bellezza, dal corpo di Muhammad Ali descritto dalla moglie. È un dettaglio estetico, ma con un significato profondo. La rivendicazione della bellezza dei corpi neri era, per l’America di allora, un atto politico. Un modo diverso di approcciarsi alla storia del pugile, una grande intuizione, ma non basta: «Non conta essere originali, non conta essere fighi, conta lavorare».

Emanuela Audisio costruisce le sue storie pezzo dopo pezzo. Per raccontare gli ultimi giorni di Pierpaolo Pasolini ha rintracciato il fotografo Dino Pedriali, allora poco più che ventenne, che aveva immortalato lo scrittore il giorno prima della sua morte. Nel documentario “Heysel, la notte del calcio (1985-2015)”, le ultime immagini sono quelle di Giuseppina Conti, una delle vittime della tragedia allo stadio di Bruxelles in cui persero la vita 39 persone. Le riprese sono state recuperate dalle teche RAI dopo un lungo lavoro di ricerca.

«Non bisogna essere altezzosi quando si cercano le storie». Anche le più bizzarre possono nascondere nuove chiavi di lettura. È il caso di una coppia di Barcellona che ha deciso di collegarsi telematicamente ai movimenti sismici sulla Luna. La ragazza attraverso le piante dei piedi, lui addirittura con un impianto nel cervello. Sono stati intervistati all’interno di “Moon”. Il documentario, uscito in occasione del cinquantennale dell’allunaggio, indaga il rapporto tra gli uomini e la luna oggi.

«La luna ci è servita a uscire da noi». Le storie raccontate da “Moon” sembrano offrire uno spunto paradossale. Allargare il punto di vista e guardarsi da fuori è un modo di riconoscersi nel luogo che si abita, più ci si avvicina alla luna, meglio si vede la terra. Forse cercava lo stesso effetto quando ha provato a diventare pilota. «Avevo il diploma di primo e di secondo grado, Alitalia cercava piloti e offriva il terzo grado. In risposta mi è arrivata una busta con su scritto Emanuele, credevo fosse un errore di trascrizione e invece cercavano solo uomini. Farò altro, mi sono detta». Emanuela Audisio un modo per spiccare il volo l’ha trovato comunque.

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