Esclusiva

Febbraio 9 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Febbraio 11 2024
Archeologia e IA, quando passato e futuro si incontrano

Modelli avanzati di machine learning hanno permesso di decifrare il testo di uno dei papiri trovati negli scavi di Ercolano

Un papiro carbonizzato nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio, un montepremi da 700mila dollari e l’intelligenza artificiale. Sono questi gli elementi che hanno portato ad una scoperta archeologica senza precedenti: la decifrazione di parte del testo custodito in uno dei papiri ritrovati negli scavi di Ercolano. A dare un contributo decisivo al raggiungimento di tale risultato sono stati l’egiziano Youssef Nader, dottorando in Machine Learning presso la Freie Universität di Berlino, lo statunitense Luke Farriton, stagista presso SpaceX, e lo svizzero Julian Schillinger, studente di Robotica all’ETH di Zurigo.

I tre giovani ricercatori hanno vinto la Vesuvius Challenge, lanciata nel marzo 2023 dall’imprenditore e sviluppatore statunitense Nat Friedman, da Daniel Gross e da Brent Sales, professore di Computer Science presso l’Università del Kentucky e ideatore della tecnica dello svolgimento virtuale. L’obiettivo di questa sfida era riuscire a leggere il testo contenuto in un papiro carbonizzato, oggi conservato a Parigi, senza srotolarlo. In questo modo, si sarebbe evitato di rovinarlo usando tecniche che avrebbero compromesso la sua integrità. 

Ai partecipanti della Challenge è stata fornita la scansione 3D di parte del papiro, su cui era stata fatta la Segmentazione, un processo che permette di individuare e appiattire virtualmente gli strati accartocciati da cui è composto il rotolo. Il loro compito era quello di sviluppare un’efficace Ink Detection, una tecnica che permette di rilevare l’inchiostro utilizzando un modello di machine learning

Come racconta Gianluca Del Mastro, uno dei due papirologi italiani che, insieme a colleghi provenienti da Oxford, Londra e Parigi, ha decifrato il testo contenuto all’interno del manoscritto: «Nella prima fase della Challenge i ricercatori ci hanno fornito solo delle lettere in sequenza, qualche parola. Poi le immagini si sono fatte sempre più nitide permettendoci di trascrivere quindici colonne di testo, un lavoro che solitamente si fa in due, tre anni. Gli organizzatori della sfida, però, avevano fretta di assegnare i premi. Perciò abbiamo dovuto lavorare giorno e notte per finire tutto in poche settimane». 

Riguardo al ruolo svolto dall’intelligenza artificiale in questa scoperta, Del Mastro ci tiene a precisare: «Forse qualcuno penserà che l’IA ha composto da sola le parole e ci ha ingannati. Ma in realtà non è così. La macchina è addestrata a riconoscere solo le tracce d’inchiostro sulla base del tipo di luminosità sull’immagine che queste lettere producono. Non le è stato insegnato a riconoscere né le lettere né il lessico del greco antico».

Le quindici colonne decifrate finora corrispondono a circa il 5-10% del testo contenuto nel papiro, e si trovano nella sua parte interna, quella finale. Secondo il professore, ci potrebbe volere ancora molto tempo prima di completare la trascrizione di tutta l’opera: «Si tratta di un lavoro di squadra. C’è chi deve scannerizzare il papiro, chi lo deve segmentare, chi deve applicare le tecniche di rilevamento dell’inchiostro. E poi ci siamo noi papirologi che decifriamo il testo. Basta che uno di noi trovi un intoppo per ritardare tutto il processo». 

Oltre alle innovative tecniche di machine learning, l’altro aspetto entusiasmante di questa scoperta è il contenuto stesso del testo: «Si tratta di un’opera inedita, non pervenutaci attraverso la tradizione medievale» spiega Del Mastro. «Considerando la lingua, lo stile e gli argomenti trattati, però, possiamo ipotizzare che l’autore sia Filodemo di Gadara, filosofo epicureo vissuto in Italia nel I secolo a.C.». Nella parte trascritta si parla del senso del gusto, dei cibi, delle loro qualità, se sono abbondanti o oppure no, e del modo in cui gli esseri umani li percepiscono. «È una riflessione sulla quantità di piacere e di dolore che si trae dalle percezioni, concetto cardine della filosofia epicurea che già conosciamo grazie ad opere come il De Rerum Naturae di Lucrezio».

Lo straordinario risultato ottenuto con la Vesuvius Challenge apre nuovi entusiasmanti scenari per il futuro. «Nella Biblioteca Nazionale di Napoli sono conservati circa 500 papiri, interi o in frammenti, che non sono stati ancora srotolati e decifrati» dice Del Mastro pensando a tutte le nuove conoscenze che potrebbero essere acquisite avendo accesso ad un tale patrimonio.

Questi reperti sono parte di un’unica biblioteca, quella della Villa dei Papiri di Ercolano, che però ha restituito opere scritte quasi tutte in greco antico. Secondo gli studiosi, mancherebbe la parte dedicata a quelle in latino. Ma per Del Mastro l’idea di riprendere gli scavi è improbabile sia per ragioni logistiche che economiche: «La villa si trova 27 metri sottoterra in una zona con un’altissima densità di popolazione. In superficie sono stati costruiti gli edifici della Ercolano moderna. Si tratterebbe perciò di scavi non a cielo aperto. Inoltre, c’è il problema di conservare e tutelare la parte della città antica già portata alla luce, un’operazione estremamente complicata e costosa».

Anche in questo caso, la Vesuvius Challenge potrebbe essere considerata una pietra miliare nel rapporto fra ricerca in campo umanistico e in campo scientifico. Negli Stati Uniti la loro ricca collaborazione ha attratto finanziamenti per più di un milione di dollari e ha portato ad una scoperta dal valore inestimabile. Un modello a cui anche l’Italia dovrebbe guardare con interesse.