Esclusiva

Febbraio 17 2024
Romelu Lukaku rompe il silenzio sul Congo

Una nuova esultanza del centravanti belga fa conoscere anche in Italia gli eventi drammatici del paese africano. Mpasinkatu: «In Europa nessuno ne parla»

Lo stadio De Kuip di Rotterdam ammutolisce e Romelu Lukaku si porta la mano sinistra sulla bocca e quella destra, che fa il gesto della pistola, alla testa. Non la sua solita esultanza per festeggiare il gol dell’1-1 finale nella partita Feyenoord-Roma di giovedì 15 febbraio, andata dei playoff di Europa League.

La stessa posa era stata assunta dalla nazionale della Repubblica Democratica del Congo, paese d’origine della famiglia dell’attaccante giallorosso, durante gli inni prima della semifinale di Coppa d’Africa poi persa 1-0 contro la Costa d’Avorio lo scorso 7 febbraio. «FREE CONGO DR (ndr Democratic Republic) STOP THE GENOCIDE» dice il post su Instagram di Lukaku con la foto dell’esultanza.

Romelu Lukaku rompe il silenzio sul Congo
Il post su Instagram di Romelu Lukaku

«La mano davanti alla bocca significa che il mondo tiene la bocca chiusa. Nel mentre, però, dall’altra parte c’è chi spara e sta ammazzando dei congolesi innocenti, dunque la pistola alla tempia». Malù Mpasinkatu, nato nella Repubblica Democratica del Congo, è il primo dirigente sportivo di origine africana d’Italia, nonché uno dei massimi esperti di calcio africano nel nostro Paese. Parla delle violenze e degli scontri armati che stanno infiammando l’Est del suo paese d’origine. Una crisi che ha difficoltà a trovare spazio nei nostri mezzi d’informazione.

Da mesi l’area intorno alla città di Goma, centro principale della provincia del Nord Kivu, è sotto l’attacco del movimento ribelle M23. La tensione nel Congo orientale è cresciuta a partire dal 2022, ma il gruppo militare aveva già fatto parlare di sé dieci anni fa con un’offensiva simile a quella attuale. Inoltre, proprio in questa regione, nel villaggio di Kibumba, l’ambasciatore italiano Luca Attanasio venne ucciso in un agguato il 22 febbraio 2021.

«È una questione che va avanti da tanto tempo ormai, solo che gli organi di stampa internazionali non le danno mai risalto», lamenta Mpasinkatu. Da più di vent’anni il Nord Kivu è teatro di ribellioni armate, banditismo e violenza diffusa. Al centro degli interessi di molti, fra cui il vicino Ruanda accusato di finanziare M23, ci sono le moltissime risorse naturali della regione: carbone, rame, oro, nichel, diamanti, cobalto e soprattutto coltan, minerale fondamentale nell’industria strategica dei semiconduttori composti essenziali per la realizzazione di smartphone e microchip.

«La nazionale del Congo DR ha anche chiesto di indossare un lutto al braccio» continua il dirigente sportivo, «ma la Caf (ndr Confederazione del calcio africano) non ha voluto che ci fosse nessun tipo di manifestazione, neanche sugli spalti». Eppure, anche il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dichiarato lunedì 12 febbraio di essere preoccupato per la «escalation di violenza» nella regione. La popolazione di Goma stremata anche dal sovraffollamento dovuto all’arrivo di profughi dal resto della regione ha cominciato a mostrare risentimento nei confronti di organizzazioni internazionali, come raccontato dall’emittente tedesca Deutsche Welle. Nella capitale Kinshasa, proteste violente hanno preso di mira le sedi della missione ONU in Congo, MONUSCO, e alcune ambasciate, come quelle di Stati Uniti e Francia.

«Dico sempre che gli atleti non sono politici – continua Mpasinkatu – ma sono dei cittadini e come tali hanno delle sensibilità». Ecco allora che «lo sport e il calcio, più nello specifico, diventano una cassa di risonanza fondamentale. Perché sono momenti di gioia e quando qualcuno li interrompe protestando, allora ci si chiede il perché della protesta – conclude il dirigente sportivo italo-congolese – quando questi gesti vengono fatti in una competizione internazionale come la Coppa d’Africa o da un campionissimo come Lukaku, quest’effetto si moltiplica». Il calcio non vive in una bolla e spesso ci aiuta ad uscire dalla nostra.