Esclusiva

Marzo 5 2024
L’agricoltura e la ristorazione attraverso gli occhi delle donne

Si è tenuto alla Luiss il Parabere forum per chiedere equità per le donne nel mondo della ristorazione e dell’agricoltura

«Non volevo insegnare alle donne a cucinare ma a non aver paura di decidere», con queste parole Anna Kasmah, ristoratrice britannica al primo posto nella classifica “Le 100 persone più interessanti nel Food and Drink” di Business Insider si è rivolto alla platea del Parabere forum tenutosi all’Università Luiss.

È stata la nona edizione di un evento che ha l’obiettivo di raccontare le storie di donne che ogni giorno combattono per un mondo più equo negli ambiti della gastronomia, dell’agricoltura e del bere. In platea oltre 400 le presenti provenienti da 40 Paesi differenti. Quest’anno il titolo è stato Vote with the fork e l’obiettivo era capire come rendere più inclusivo il loro lavoro. «Ogni mese c’era un convegno diverso in giro per il mondo: Australia, Perù, Gran Bretagna, Francia, Italia. Era importante partecipare come giornalista enogastronomica – spiega Maria Canabal, presidente del Parabere Forum – per capire quali fossero le novità. Ad ogni evento, però, si parlava degli stessi chef e delle stesse dieci ricette». Con grandi assenti le donne. Da qui Canabal sente la necessità di raccontare anche di chi non appariva sul grande schermo. «Sono stata dappertutto e chi cucina nelle mense, negli ospedali e nei caffè sono le donne – continua Maria – e poi, contrariamente a quanto si pensa il 40% dei contadini sono donne». Anche per questo non era possibile rimanere ancora in silenzio e con questo spirito nasce il Parabere forum che oggi accoglie ottomila donne provenienti da sessanta nazioni differenti. Cuoche, chef, sommelier, bartender, panettiere, agricoltrici ma anche molte dal mondo accademico come sociologhe, antropologhe dell’alimentazione e giuriste.

Tra quest’ultime c’è Asma Khan che oggi è un’imprenditrice di successo grazie al suo ristorante Darjeen Express ma il mondo della cucina non ha sempre fatto parte della sua vita. Dopo essere nata a Calcutta, in India, si trasferisce dopo un matrimonio combinato a Cambridge e nel 2012 consegue un dottorato in diritto costituzionale britannico al King’s College di Londra. La mancanza dei sapori con cui è cresciuta la spinge a imparare a cucinare e portare sulle tavole inglesi le specialità indiane e bengalesi. La sua famiglia e i precetti culturali del paese in cui vive i primi venti anni della sua vita la aiutano ad essere una donna più forte: «Ciò che mi ha guidato è il fatto che io ero la seconda figlia femmina di casa. In India non avere un figlio maschio che possa portare avanti il nome della famiglia è visto come un fallimento. Mia nonna diceva che non dovevo uscire fuori a giocare al sole perché altrimenti non mi avrebbe sposato nessuno». Non a caso oggi i ristoranti di Khan sostengono un’organizzazione no-profit chiamata Second Daughters Fund che si batte affinché in India vengano festeggiate anche le nascite delle seconde figlie femmine. Come lo fa? Inviando dolcetti da condividere con i propri vicini.

Oppure Chiara Pavan, ristoratrice proprietaria del locale da una stella Michelin Venissa a Venezia, che porta avanti la sua battaglia per rendere la cucina un atto politico attraverso cinque parole: collaborazione, resilienza, mente aperta, coraggio e curiosità. Il suo menù è basato principalmente sull’utilizzo di vegetali per rendere il mondo più ecosostenibile. Oltre ad avere un’azienda agricola dove coltiva ciò che poi mette nei piatti, coopera con altri agricoltori della zona che condividono la sua visione. «Un local network per una local economy».

«È stato molto difficile ma noi sappiamo che insieme abbiamo cambiato molte cose e se siamo state in grado di farlo è perché questo non è solo un convegno o una persona ma una comunità», afferma la fondatrice che non nasconde le grandi difficoltà iniziali. Una partenza complicata perché «il gruppo che ha il potere non vuole perderlo e ancora meno condividerlo” e perché molti marchi non hanno voluto supportare il progetto per pregiudizio. «Chi ci sostiene lo fa da quando siamo nati perché condivide i nostri valori e la nostra lotta per i diritti delle donne» che, conclude Canabal, «non significa che le donne devono avere più diritti degli uomini ma che entrambi devono avere le stesse possibilità».