Esclusiva

Marzo 10 2024
Tra nostalgia e attualità torna in sala “Ferie d’agosto”

In vista del sequel in uscita, il cinema Troisi trasmette il capolavoro del 1996 che ha lanciato la carriera di Paolo Virzì

È ancora marzo e al cinema Troisi di Roma già si sogna l’estate, ma quella di trent’anni fa. In occasione dell’uscita di “Un altro ferragosto”, “Ferie d’agosto” di Paolo Virzì è tornato in sala.

La nostalgia per le vacanze anni Novanta è un sentimento condiviso che si fa strada sugli scalini all’entrata. «Innanzitutto, erano più lunghe, – commenta Lorenzo – poi questo film in particolare mi evoca tanti bei ricordi. La prima volta l’ho visto con mia mamma, quando ho saputo che lo proiettavano qui ho preso subito il biglietto, anche se abito dall’altra parte di Roma».

Tra gli spettatori c’è anche chi l’estate italiana non l’ha mai conosciuta. «Sono bulgaro e sono venuto perché vorrei conoscere un po’ meglio il vostro cinema. Prima di vedere il sequel, preferisco avere il contesto storico».

La pellicola usciva per la prima volta il 5 aprile del 1996. Di lì a poco, la coalizione dell’Ulivo avrebbe vinto le elezioni politiche, aprendo la strada al primo governo Prodi. Il singolo “La terra dei cachi” di Elio e le Storie Tese era al primo posto nella classifica di vendita settimanale e la Juventus stava per vincere la sua seconda e, finora, ultima Champions League.

Frammenti di un’epoca diversa, ma che vista attraverso le storie delle famiglie Molino e Mazzalupi, in villeggiatura a Ventotene, non sembra poi distante dai giorni nostri. “Ferie d’agosto” è una sintesi di tanti archetipi del cinema italiano. È una commedia popolare, c’è la vacanza intesa come evasione, che aveva ispirato la tetralogia della fuga di Gabriele Salvadores. C’è infine una località balneare dove, come nel fortunato ciclo dei cinepanettoni, si dispiegano amori, equivoci e comunicazioni difficili tra tipi umani antitetici.

Sandro Molino, giornalista e poeta interpretato da Silvio Orlando, riunisce in una villetta senza elettricità la sua famiglia allargata. È un clan di intellettuali stanchi, passano le serate con una chitarra e le solite due canzoni, sono colti, di sinistra, amano parlare, ma soltanto tra di loro.

Nella casa accanto si stabiliscono i Mazzalupi e, appena arrivati, si affrettano a montare l’antenna per la TV. Il capofamiglia Ruggero (Ennio Fantastichini) è un armatore romano, benestante e manipolatore. Tiene in scacco il genero che si è indebitato con lui e vorrebbe lasciare la moglie Luciana (Paola Cruciani) per la sorella Marisa (Sabrina Ferilli).

I contatti tra i due gruppi sono da subito problematici, ma si trasformano in uno scontro di civiltà dopo che un immigrato senegalese viene ferito dai Mazzalupi con uno sparo intimidatorio. Ne scaturisce un dibattito surreale in cui il cortile della villa diventa un agone da talk show e tutti i personaggi prendono posto e applaudono come in uno studio televisivo.

«Voi intellettuali v’atteggiate tanto, parlate così sofistici, state sempre a analizzà, a criticà, a giudicà. La verità è che non ce state a capì più un cazzo, ma da mo!». Per quanto cruda, la lettura di Ruggero Mazzalupi colpisce nel segno e trova consenso anche in Ivan, diciottenne disilluso in vacanza con i Molino.

L’acume di Virzì anticipa una dinamica politica che si sarebbe ripetuta identica per trent’anni: la sinistra che si definisce per sottrazione. Scegliendo ogni volta un tema singolo (immigrazione, diritti, berlusconismo, uguaglianza di genere), cerca di imporre un discorso morale, senza fornire idee di futuro e incapace di comprendere appieno il presente.

Racconta un’anziana signora, appena uscita dalla sala in compagnia della figlia cinquantenne: «Vengo da una famiglia comunista, abbiamo un debole per Virzì. È un film che mette tanta nostalgia, ma le scene sulla politica potrebbero essere state girate oggi».

«Ancora non siamo in grado di parlare a buona parte del Paese – continua la figlia – mentre vedevo il film ho pensato che almeno il ragazzino, Ivan, poteva darmi un po’ di ottimismo, è dalla nostra parte, ma è sveglio, è moderno. Poi mi sono fatta due conti, se nel ‘96 aveva 18 anni, ora ha quasi la mia età. Tocca sperare nella prossima generazione». Si entra in sala per rivivere il passato e ci si ritrova a dibattere di presente e futuro, è ancora l’Italia di “Ferie d’agosto”.

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