Esclusiva

Marzo 19 2024
HummusTown, l’integrazione in cucina

Il chiosco accoglie da anni rifugiati e persone in difficoltà, diventando luogo di incontro e arricchimento culturale all’insegna della sostenibilità

Una porzione di hummus in una vaschetta biodegradabile, accompagnata da un cestino di pane siriano. Shaza ci accoglie così davanti a HummusTown, il suo chiosco in Piazza della Repubblica a Roma. Prima di parlare dobbiamo assaggiare la sua specialità, perché «per capire è importante degustare», afferma lei.

Nessuno si aspetterebbe di trovare, dietro ad un piccolo locale immerso nella frenesia della capitale, un’organizzazione no-profit creata con lo scopo di aiutare i rifugiati siriani in cerca di asilo in Italia. Una realtà nata in modo spontaneo dal rapporto di Shaza con le sue origini: nata a Damasco, ma cresciuta a Roma. Un legame che si è intensificato con l’acuirsi del conflitto in Siria, momento in cui decide di sfruttare il vantaggio di essere lontana dalla guerra per dare un contributo in modo concreto: «Nel 2017 una ragazza di nome Jumana lavorava per me, aiutandomi in casa con i bambini. Era la tipica persona sempre felice, ma piano piano il suo sorriso si è spento. Ricordo che una volta tornai a casa e la trovai in lacrime perché preoccupata per i suoi genitori rimasti ad Aleppo. Da lì ho capito che dovevo fare qualcosa».

Shaza inizia ad organizzare raccolte fondi settimanali, invitando nel weekend amici e conoscenti: «Chi veniva pagava la cena. Poi spedivamo tutti i soldi alla cugina di Jumana che, come infermiera ad Aleppo, si occupava di distribuirli ai più bisognosi». Un appuntamento fisso che si è ripetuto per tre mesi fino a quando lei e suo marito decidono, visto il crescente flusso di profughi a Roma, di creare la loro attività: «Abbiamo preso una cucina industriale in zona Furio Camillo e aperto il chiosco nel 2022 per fare take-away. Il nostro punto forte non è tanto il locale, di piccole dimensioni, ma la narrativa che abbiamo creato intorno. Noi qui accogliamo i ragazzi che hanno come unica alternativa la strada».

Da allora il progetto è cresciuto anche grazie al passaparola che ha trasformato HummusTown in una vera e propria comunità: «Il rifugiato che è qui da due anni, oggi è lo stesso che aiuta chi è appena arrivato. La parte più bella è proprio questo sostegno reciproco».

Nel corso degli anni il numero di rifugiati siriani è diminuito e l’organizzazione ha iniziato a sostenere italiani svantaggiati dal punto di vista economico, vittime di abusi domestici e richiedenti asilo da altri Paesi: «Con la guerra in Palestina la situazione non fa che peggiorare. Stamattina, guidando verso l’ufficio, il mio unico problema era trovare parcheggio, non cosa dare da mangiare ai miei figli. Tuttora non dormo la notte per il lavoro che c’è da fare, ma poi guardo le facce dei ragazzi che hanno solo questo e vengo ripagata», ci confida Shaza.

HummusTown, come concreto esempio di integrazione, promuove l’incontro e il dialogo tra le culture, arricchendo i lavoratori dal punto di vista linguistico e culinario: «Mentre cercavamo di comprenderci e collaborare ai fornelli, abbiamo creato degli ibridi, come la moussakà, una pietanza tipica siriana, come condimento per gli gnocchi».

Non una cucina d’alta classe con piatti elaborati, ma finger food all’insegna della qualità e della sostenibilità. L’ingrediente segreto è l’amore: «Le nostre cuoche non sono chef ma sono mamme – specifica lei – è come se cucinassero per la famiglia».