STRASBURGO – Sami-Al Jarmi è solo l’ultimo esempio di cosa significhi oggi fare il giornalista. Palestinese nato a Gaza ha deciso di lasciare la Striscia per timore di essere ucciso nei bombardamenti israeliani. Era rimasto l’unico a raccontare il conflitto, attraverso le pagine di Repubblica. Reporter ma non solo. Bersagli facili di questa guerra sono anche operatori umanitari. Dall’inizio della guerra sono più di duecentocinquanta quelli uccisi. Molti altri sono costretti a scappare. Il numero ufficiale dei civili è inquantificabile. L’emergenza è altissima. Così tanto che Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha deciso di parlarne durante la plenaria al Parlamento europeo. Ricorda che da ottobre 2023 sono stati trentatremila i civili uccisi, tra cui donne e bambini. Il 70% della popolazione è sfollata e a rischio carestia, numeri che l’attacco del 13 aprile da parte dell’Iran su Israele ha reso ancora più drammatici. L’Onu e la BCE hanno fornito sostegno finanziario, ma i soldi necessari per la ricostruzione si aggirano sui novanta miliardi: «Sembrano già tanti ma in realtà è un dato fermo a gennaio. Oggi sarà molto più alto», aggiunge Borrell.
Al ricordo dei sette operatori uccisi da Israele nell’attacco ad un convoglio nella Striscia di Gaza, mentre distribuiva aiuti umanitari parte un applauso: «Questi morti ci hanno fatto commuovere, ma non dimentichiamoci di tutti gli altri, compresi più di cento giornalisti uccisi perché raccontavano la verità». Nelle sue parole sottolinea l’importanza della professione di chi, tramite la propria voce vuole informare i cittadini, ma anche la necessità di proteggere queste figure: «La libertà di stampa va tutelata. Se i giornalisti diventano bersagli, come possiamo conoscere quello che succede?» domanda ai presenti.
Ricorda che per la prima volta le truppe israeliane hanno ammesso di aver fatto un “errore” nell’uccidere dei volontari e aggiunge: «Quanti altri errori sono stati commessi e non ammessi?».
Dagli interventi dei parlamentari c’è chi si scaglia contro l’Alto rappresentante: «Israele si sta solo difendendo contro un Iran che Lei ha sempre protetto, nonostante sia uno dei regimi più criminali che esistano».
Altri scelgono la via della moderazione, con una condanna comune ad Israele e Hamas e la necessità di avere due stati per due popoli. I toni si alzano quando un parlamentare del gruppo di sinistra definisce Israele come un “cancro”. Il microfono viene spento e una parlamentare israeliana chiede che venga condannato questo attacco antisemita.
È la richiesta chiara e diretta di Borrell a concludere la discussione: «Qui serve una soluzione politica. Vogliamo la sospensione dell’accordo tra l’Unione europea e Israele».