“Invernale” è un racconto di stati d’animo. I fatti ci sono, ma solo sullo sfondo. È la storia di un uomo, Gino, un padre, che, come un animale – tutto istinto e intuizione – si rende conto che qualcosa dentro di lui comincia a cambiarlo, a fiaccarlo e che forse quel qualcosa è definitivo. A narrarcelo è suo figlio, Dario Voltolini, scrittore, nato nella Torino del 1959 e candidato con questo libro al Premio Strega 2024. Il tono è sia ironico, che malinconico. Le descrizioni, all’apparenza fredde e analitiche, racchiudono sensibilità e tenerezza. Le sue sono parole che vanno ad un ritmo spedito. Il libro si legge tutto d’un fiato e nel farlo sembra più di eseguire un esercizio di solfeggio, tanto sono musicali le sue frasi. Alcune di queste sono vere e proprie sincopi, così come segue questo andamento anche la scelta degli episodi trattati capitolo dopo capitolo. Ogni volta che la storia raggiunge la sua acme e stiamo per essere trascinati via dalle emozioni del padre, per come le vede lui, Voltolini cambia ritmo e ci alleggerisce. Poi però si ritorna al filone principale, perché lui non ha ancora finito.
I genitori vedono i figli nascere e sanno che li lasceranno soli. I figli crescono e scoprono piano piano che rimarranno soli. Quando ciò che è naturale però succede prima del previsto, è diverso. L’effetto straniamento è maggiore. Se poi avviene lentamente è ancora più doloroso. La sofferenza trasuda dalle pagine di “Invernale”. Non viene difficile immaginarsi che Dario Voltolini negli anni «mentre la vita continua a scorrere» abbia assunto quella dissimulata «concentrazione su una cosa sola» che il padre aveva una volta scoperta la malattia, e che l’autore adesso ha, non riguardo alla sua morte, piuttosto alla figura di Gino. Quell’insieme di istinto, eleganza ed esperienza, che fin da piccolo ha osservato dal bancone della macelleria dove lavorava.
È inscritta in un’aura di sacralità la dignità con cui il padre squarta le carcasse di animali e che porta l’uomo e l’animale sullo stesso piano. Qui Voltolini sottolinea la differenza con l’atteggiamento del medico. Da un lato lo specialista descritto sempre come uomo più alto, con una presunzione di superiorità tra lui sano e il paziente malato, dall’altro il venditore al minuto che «sa con certezza che, se c’è un confine fra gli animali e gli uomini, lui sta dalla parte delle bestie». In questo il macellaio è ancora più umano del medico, per Gino però l’umano diventa troppo umano, «il suo sangue si mescola con quello freddo della bestia» in una comunione che sarà solo il preludio della fine. Voltolini descrive con dovizia di particolari i gesti del padre, ma dalle parole non fuoriesce orrore. anzi si è attratti da queste pagine in maniera viscerale. Persino la copertina è la trasposizione di quelle parole in immagine. Quel rosso che diventa rosso bruno e sembra sangue rappreso. L’agnello in primo piano piano, tra tutte le carni del padre, la più innocente, la vittima sacrificale e una delle poche che Dario ha imparato a tagliare.
“Invernale” dovrebbe essere il terzo di una tetralogia che arriva direttamente dalla musica. Voltolini, che è anche paroliere, ha amato il compositore Antonio Vivaldi fin dalla giovinezza e dalla sua opera “Le quattro stagioni” sono nati i libri “Primaverile” nel 2001 e “Autunnale” nel 2015. Non è un’unica storia, a legarli è il filo conduttore della musica classica; ciononostante, Voltolini potrebbe essere nato anche per scrivere solo questo determinato libro: “Invernale”, i precedenti sono stati solo di passaggio. È questo lo scopo ultimo. A proporlo alla giuria del Premio Strega è stato Sandro Veronesi, l’unico ad averne vinti due di premi e che ha motivato la sua scelta così: «La bravura di Voltolini è nota. La luminosità della sua scrittura è nota. La genialità del suo modo di raccontare il mondo è nota. Eppure, nessuno dei suoi libri precedenti mi aveva sbalordito come questo – ed è per condividere il mio sbalordimento che ho deciso di presentarlo per l’edizione 2024 del Premio Strega».
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