Ottant’anni dalla morte di Filippo Tommaso Marinetti e una mostra sul futurismo alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma. Tanto è stato detto su questa avanguardia e i suoi protagonisti da un punto di vista artistico, molto meno su chi erano davvero e cosa volessero raccontare. A spiegarlo è Francesca Barbi Marinetti, critica d’arte e nipote del poeta rivoluzionario.
Chi era Filippo Tommaso Marinetti?
Lui era un papà a 360 gradi. Spesso in giro per il mondo con le sue attività futuriste ma sempre coinvolgente con le figlie. Un uomo che non si è mai sottratto dal dare delle risposte. Spesso una persona contraddittoria, sicuramente provocatoria. Ad esempio, lui era un fermo anticlericale ma le ragazze andavano al Sacro cuore (ndr. Liceo cattolico di Roma). Il futurismo era “Arte-vita”. Tutta la famiglia era presente e coinvolta. La casa era anche una redazione ed era sempre aperta ad amici, artisti e chiunque altro. C’era un livello di partecipazione e coinvolgimento felice. Mio nonno era l’animatore di tutto questo.
Per quanto riguarda invece sua nonna Benedetta Cappa?
Benedetta era una donna complessa, con una salda educazione piemontese. Geniale e di grande ironia. Lo si evince anche nel suo lavoro creativo e intellettuale. Come madre, invece, tirava fuori il lato più disciplinato.
Il suo rapporto con Marinetti?
Benedetta, come diceva il marito, era sua “eguale non discepola”. Non è stata solo un amore ma una compagna di vita a tutto tondo. È stata lei dopo il ’44, quando muore Marinetti, a continuare a promuovere questa avanguardia.
Nel primo manifesto viene scritto noi vogliamo glorificare […] il disprezzo della donna. Allo stesso tempo si tratta di un movimento che ipotizzava già il voto per le donne e Marinetti a Benedetta, dedica parole d’amore dolcissime, definendola la sua oceano mediterraneo Gibilterra ideale. A chi dobbiamo credere?
Non esiste un’avanguardia in quegli anni che abbia accolto così tante donne. Dalla primissima androgina Valentine de Saint-Point, all’esoterica Maria Crisi Ginanni, all’artista Barbara (ndr. Olga Biglieri) che era un’aeropittrice che ha preso il patentino di volo per poter dipingere avendo nella memoria e negli occhi il senso del volo. A Růžena Zátková che ha dipinto quel ritratto che si intitola Marinetti Soleil. O Enif Robert Angiolini, con cui ha avuto confronti su tematiche del maschile e del femminile. Marinetti aveva pubblicato un pamphlet che si intitolava Come si seducono le donne. Lei ne restituisce un altro rivolto al genere maschile.
Ognuna ha una propria sensibilità. Non si pongono come imitatrici di un genere. Il futurismo distruggeva i canoni e le abitudini di una società che vedeva la donna relegata a dei ruoli. Si rompono gli steccati e qui le donne riescono a far uscire la loro voce.
Passando ai manifesti, tra i più ricchi di significato c’è Uccidiamo il chiaro di luna. Che cosa vuol dire?
Il chiaro di luna è una provocazione. Ricorda un immaginario romantico nell’arte, nella letteratura o nella musica con la sonata Chiaro di Luna di Beethoven. Un romanticismo assolutamente sfruttato fino all’esaurimento. Marinetti lo vede come un pericolo passatista perché crea un atteggiamento sognatore piegato su sè stesso e non reattivo. Per cui è tutta una provocazione. Come il distruggere i musei e le accademie. Marinetti ha tradotto Tacito, non è che non avesse il rispetto della cultura. Era l’atteggiamento che non condivideva. Soprattutto sentiva che la modernità richiedeva un altro tipo di approccio: dialogare con il passato ma non in maniera polverosa.
Un altro manifesto si intitola Contro i professori. Secondo lei se ne parla abbastanza nelle scuole?
Gli esseri umani tendono a conservare e strutturare la loro esistenza attraverso delle idee che possono dar loro certezza e solidità. A lungo andare, però, si crea una paralisi.
I professori dovrebbero essere meno professorali per poter comunicare ai giovani, perché i giovani sono più vicini al futuro che avanza e lo riescono a capire meglio di loro. Se preferiscono ingessare anziché stimolare la loro creatività e la loro intelligenza si creano dei futuri uomini passatisti.
Lenin, finita la Prima guerra mondiale, disse: “In Italia tre uomini sono in grado di fare la rivoluzione: Mussolini, D’Annunzio o Marinetti”. Se invece del fascismo ci fosse stato il futurismo, che Italia sarebbe stata?
Il futurismo politico sarebbe stato all’opposizione, non al governo. Marinetti aveva scritto un manifesto politico ma capisce che non è un politico. Il futurismo, soprattutto nella prima fase, accoglie artisti che vengono da ogni dove e che non avevano un’unica modalità ideologica. Quell’avanguardia era libertà. L’ha capito anche lui alla fine. Il concetto portante è sempre stato Arte-vita. Per quanto voglia portare l’arte al potere perché è stato il primo a suggerire questa formula, ripresa anche nel 68, è sempre stato un movimento provocatorio, la forma migliore della provocazione.
In una parola, cos’è stato il futurismo?
Un inno alla scomodità. Un atteggiamento che riguarda tutti gli aspetti della vita. Il futurismo ci offre un ingrediente: la capacità di essere reattivi e positivi nei confronti dei cambiamenti. L’istinto fa scattare la paura e l’angoscia. Mentre il suo tratto distintivo è la capacità di produrre fiducia e coraggio, di non avere paura di vivere perché poi la vita ti viene incontro.