Esclusiva

Gennaio 28 2025
La ribellione slovacca, il racconto delle proteste contro l’ideologia filorussa

Il movimento Peace for Ukraine racconta a Zeta l’organizzazione delle rivolte dei cittadini contro la politica del premier Robert Fico

La Slovacchia è Europa“. È ancora questo lo slogan che, a distanza di 20 anni dall’entrata del Paese nell’UE, gridano durante le proteste decine di migliaia di persone. Lo scorso 24 gennaio, i cittadini sono scesi nelle strade contro la politica filorussa del capo del governo Robert Fico. Durante la campagna elettorale, il primo ministro ha detto di volere la pace per l’Ucraina. Eppure, a guidare la rivolta è stato proprio il movimento Peace for Ukraine.

Il gruppo è nato quando Mosca ha deciso di attaccare Kiev il 24 febbraio 2022. «La nostra esperienza storica con l’occupazione sovietica e la continua guerra ibrida dell’informazione in Slovacchia ci ha spinto ad agire», affermano Lucia Stasselová e Marián Kulich, membri fondatori del team. «Fico non è mai stato un politico ideologico, si è solo limitato a sembrare tale. Quando necessario, si è trasformato da socialdemocratico a “cattolico convinto” o, in altre occasioni, ha detto di vedere la Slovacchia al centro dell’UE».

Per il premier, il raggiungimento di uno stato di pace non ha mai implicato un allontanamento dalla politica nazionalista legata alla Russia: «L’unica persona che Fico non ha mai tradito o insultato è Vladimir Putin». Già nel 2023, poco dopo aver dichiarato le sue intenzioni pacifiche nei confronti del popolo ucraino, il primo ministro sosteneva che «la libertà viene dall’Est, la guerra viene sempre dall’Ovest», difendendo la sua posizione vicina al Cremlino. Da allora il governo populista e nazionalista slovacco si è mostrato fedele a Mosca, per la quale «mostra riconoscenza» dopo la liberazione dal nazismo. «Il fatto che l’ombra di Putin incomba continuamente sulla Slovacchia dipende dalle circostanze specifiche del Paese. Le esperienze storiche plasmano la memoria collettiva. Il racconto dominante nell’epoca post-bellica era chiaro: l’Unione Sovietica era vista come il nostro liberatore, e i comunisti erano considerati i campioni della lotta contro il fascismo. Questo racconto, però, era solo parziale».

Le elezioni parlamentari del 2023 sono state fortemente influenzate dalla guerra del Cremlino all’informazione. Ciò ha contribuito al successo dell’attuale coalizione di governo legata a Mosca. Una delle prime iniziative dei ministri slovacchi è stata un’offensiva contro il mondo della cultura per riadattarla alle direttive stringenti del partito su immigrazione e diritti. Il ministero ha tagliato le sovvenzioni agli artisti stranieri e alle comunità LGBT ritenendole responsabili dell’“estinzione della razza bianca in Europa”. «Vivere in un contesto del genere è umiliante. – spiegano dall’organizzazione – Abbiamo anche percepito l’incontro di Fico con Putin come un piano per trasformare la Slovacchia in uno stato modellato sull’attuale Russia, un luogo senza libertà democratiche o diritti. Questo porterebbe inevitabilmente al declino economico, all’ingiustizia e alla soppressione dello stato di diritto».

La visita del primo ministro slovacco al presidente russo lo scorso dicembre e l’ipotesi di abbandonare l’Unione Europea e la Nato hanno inasprito le tensioni tra chi si reputa “soddisfatto del governo attuale, migliore di quello progressista” e le migliaia di persone che, invece, non si rivedono nella Russia ma nell’Europa e nei suoi valori. «In meno di 18 ore dal viaggio di Fico a Mosca, il 23 dicembre, – dicono dall’organizzazione – abbiamo organizzato una prima protesta davanti all’Ufficio del Governo con lo slogan “Basta con la Russia“. Ci aspettavamo solo poche decine di partecipanti. Era la Vigilia di Natale e i cittadini, di solito, viaggiano per trascorrere le festività con le proprie famiglie fuori dalla capitale. Eppure, centinaia di persone sono arrivate, il che ha evidenziato la gravità della situazione e ci ha dato la determinazione a proseguire».

Nello scontro tra i sostenitori e i detrattori del governo, emerge una terza fazione delusa dal cambiamento di rotta della politica slovacca. Gli elettori, che in passato avevano appoggiato il partito per le sue posizioni vicine al comunismo, si sono sentiti traditi dalle scelte di Fico, “troppo progressiste” per chi vorrebbe vedere Bratislava sotto l’influenza di Mosca. Il malcontento ha portato nel maggio scorso ad un attentato al primo ministro. Gli sono stati sparati cinque colpi di pistola da un cittadino filorusso, i tempi turbolenti non consentono più al premier gli stessi spazi di manovra ideologica senza conseguenze. La sua popolarità è gradualmente calata. «In ogni caso, – concludono gli organizzatori delle proteste- vedere il Cremlino operare su Bratislava così come era successo a Kiev è stato un chiaro segnale per noi che dobbiamo agire anche all’interno della Slovacchia».