«Non conosco più la misura di mio figlio, perché sta crescendo senza di me. Spero che mio figlio e i miei amici comprenderanno la scelta che ho fatto, forse il mio funerale sarà l’unica occasione in cui tutte le donne che ho intervistato si ritroveranno insieme a me». Le parole di Victoria Amelina risuonano nel silenzio della sala del Teatro Franco Parenti di Milano, durante la presentazione del libro “Guardando le donne guardare la guerra” pubblicato il 18 Marzo da Guanda.
A leggere è Yaryna Grusha, curatrice del volume e tra le più care amiche della scrittrice Amelina che, uccisa da un missile russo nel giugno del 2023, non potrà mai vedere il suo libro ultimato. È un testo incompiuto, che si sgretola a poco a poco raccontato dal palco del teatro dal moderatore Christian Rocca, direttore del giornale Linkiesta, dalla curatrice Yaryna Grusha, Helena Janeczek e Stefania Battistini, inviata speciale Rai in Ucraina che, con il libro stretto tra le mani lo descrive: «Pieno di ferite, dove senti scorrere il sangue».
Il manoscritto viene ritrovato incompiuto, interrotto a seguito dell’uccisione di Amelina: «Abbiamo scelto di lasciarlo così, con gli appunti di Victoria in grigio, volevamo far percepire come un testo possa sgretolarsi pagina dopo pagina, con dietro la tragica realtà di una persona uccisa mentre scriveva», spiega la curatrice Grusha.
Da persone, gli ucraini sono «diventati la guerra», scriveva Amelina di ritorno da una vacanza in Egitto, quando a differenza di migliaia di ucraini in fuga, decide di lasciare suo figlio in Polonia per tornare in Ucraina, attraversando una frontiera deserta. La scrittrice decide di restare nel Paese e scrivere il libro nel quale comincia a raccontare l’aggressione russa attraverso le storie delle donne ucraine. Amelina parla di donne che sostengono la guerra e di quelle che la combattono in prima linea, come l’avvocatessa Evhenia Zakrevska, che decide di arruolarsi per diventare soldatessa e operatrice di droni. Racconta anche di donne come lei, che hanno messo da parte tutto, un figlio, una carriera da scrittrice, per documentare i crimini di guerra. È il tema della giustizia a legare il libro e le storie raccontate: Amelina descrive l’intimità ferita di un popolo e il costo umano della guerra che è costretto a pagare, un costo che impone il coraggio di resistere per arrivare a una verità necessaria: «È uno sguardo materno e così doloroso proprio per la sua sincerità», spiega la curatrice Grusha.
Il contributo più prezioso del testo, sottolineano le relatrici, è proprio il racconto intimo, la capacità della scrittrice di cogliere dettagli che nessuna cronaca o analisi potrebbe sostituire come la violenza sugli animali che priva le persone anche degli affetti più semplici: cani, conigli, mucche e pecore uccisi senza ragione. Il racconto, che inizialmente Amelina scrive con uno stile letterario, si trasforma progressivamente in frammenti di appunti crudi, lasciando spazio a tutta la violenza degli stupri, delle torture e delle mutilazioni.
Nemmeno le atrocità viste in guerra riusciranno a cambiare la scrittrice: Amelina aveva una profonda empatia verso le persone, ma ascoltando direttamente le vittime dei crimini di guerra, questa empatia era diventata ancora più forte. Non riusciva a mantenere la distanza professionale consigliata nei corsi per investigatori di crimini di guerra. «Non devi diventare amica delle vittime», le dicevano. Ma la scrittrice non poteva fare diversamente, diventava loro amica, cercava di aiutarle con ogni mezzo possibile, racconta Grusha.
Il messaggio che Amelina voleva trasmettere: «È quello di aiutare, attraverso le parole, non solo le donne intervistate, ma anche le generazioni di ucraini silenziate negli anni ’30 e ’60. La storia Ucraina si ripete e va raccontata» spiega la curatrice. Il testo, ora in ristampa e tradotto in 11 lingue, è arrivato nelle mani di leader come la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. Il Teatro Franco Parenti ha deciso di intitolare a lei la sua sala lettura. Ora, il ritiro degli Stati Uniti dal gruppo investigativo sui crimini russi in guerra minaccia di compromettere gli sforzi degli ultimi tre anni sulla raccolta delle prove dei reati commessi contro i civili ucraini. «Lo vedo, il futuro. Certo, possiamo essere colpiti da un Iskander da un momento all’altro, ma in qualche modo io vedo l’Ucraina dopo la guerra», scriveva Amelina.