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Esclusiva

Dicembre 31 2019
Scuola di calcio e di vita. L'esperienza del Calciosociale

Calciosociale è una scuola calcio fondata nel 2014 a Corviale, la difficile periferia sudovest di Roma.
Nata come esperienza di quartiere, è diventata un modello di integrazione esportato anche in altre zone a rischio povertà educativa. «Se non si insegna a rispettare l’avversario, non si insegna nulla. Vogliamo sovvertire le regole del calcio».

«Cambiare le regole del calcio per riscrivere le regole del mondo». È il motto di  Massimo Vallati, 43 anni, residente del quartiere Monteverde e mente che ha partorito l’idea del Calciosociale. Si tratta di un’esperienza educativa nata nel 2005 a Corviale, quartiere della periferia romana caratterizzato da criminalità e degrado. «Sono sempre stato un grande appassionato di calcio – racconta Vallati – prima come giocatore e tifoso, poi anche come poliziotto allo stadio. Le prime grandi tragedie e la violenza che ho notato in quel contesto mi hanno fatto riflettere. Volevo cambiare le cose».

Secondo Vallati, educare attraverso il calcio è possibile. Questa l’idea alla base del Calciosociale. Uno sport che, preso come metafora della vita, diventa veicolo per parlare ai ragazzi di tematiche come l’accoglienza, il rispetto delle diversità e il sano rapporto con la società. Un progetto che «Deve unire, non dividere», e per farlo ricorre a delle regole speciali. Per prima cosa può giocare chiunque, basta che abbia un’età compresa fra i 10 e i 90 anni. Nessuna barriera, nessun impedimento. Tutti possono partecipare e lo fanno autogestendosi, dato che non esiste alcun arbitro. Questo per sviluppare il senso di responsabilità nei ragazzi, nonché migliorare il loro rapporto con le differenze altrui.

 

 

Massimo Vallati
Massimo Vallati, 43 anni, presidente della Ssd Calciosociale (ANSA/FABIO FRUSTACI)

 

 

Quando si parla di Calciosociale, dunque, parliamo anche di pedagogia. In un quartiere come Corviale, caratterizzato dalla presenza di tanti esempi negativi e dall’alta dispersione scolastica, il tema diventa primario. Questo Massimo lo sa bene: «C’è una sofferenza mostruosa, radicata nelle persone. Non abbiamo la presunzione di poter cambiare tutto da soli, vogliamo però aprire una speranza nei loro cuori». Fin dall’inizio non è stato facile: «Nel 2009 – continua Vallati – abbiamo dovuto presidiare la struttura allora fatiscente notte e giorno, mentre attendevamo i soldi che la Regione ci aveva promesso. Poi è scoppiato il caso Marrazzo e questi finanziamenti non sono mai arrivati, così siamo riusciti ad arrangiarci raccogliendo offerte dai privati. Ora il Campo dei Miracoli è una struttura pubblica regionale gestita da noi».

Un nome non casuale, perché è in quell’impianto ecosostenibile – non c’è plastica –  che è nata la realtà del Calciosociale nel 2014. “Miracolo” celebrato da una visita illustre, quella della Coppa del Mondo: «Durante i Mondiali in Brasile, la Fifa aveva scelto 90 luoghi rappresentativi per far transitare la coppa. il nostro Campo dei Miracoli fu tra quelli selezionati in Italia». L’ambito trofeo, consegnato da ex-campioni come Zambrotta, Gattuso, Cabrini e Causio arrivò a Corviale nel febbraio 2014, alla presenza delle istituzioni locali. Eventi del genere, al  Serpentone, non capitano tutti i giorni. Poi, un anno dopo i Mondiali, l’attentato: «Denunciammo l’illegalità del quartiere, per questo eravamo scomodi. Qualcuno provò ad appiccare il fuoco al campo, ma riuscimmo a spegnerlo alle 3 di notte prima che fosse tardi». Altro esempio drammatico delle difficoltà affrontate da chi si impegna in una simile realtà.

 

 

La sede amministrativa del 'Campo dei miracoli', a Corviale, data alle fiamme la notte del 13 novembre 2015 a Roma. (ANSA)
La sede amministrativa del ‘Campo dei miracoli’, a Corviale, data alle fiamme la notte del 13 novembre 2015 a Roma. (ANSA)

 

 

Ma chi pensa che rappresaglie del genere possano far crollare la determinazione di Massimo e i suoi dovrà ricredersi: «Non ci arrenderemo. Dopo essere diventati la migliore pratica per sport e inclusione sociale, nominati dal governo nel 2012, non vogliamo fermarci. Il prossimo obiettivo è entrare nelle scuole per far vivere ai ragazzi una giornata di Calciosociale a settimana. I problemi del nostro calcio iniziano proprio nei settori giovanili, dove ragazzini di dieci anni vengono cresciuti come polli di allevamento ma senza valori. Non si insegna a rispettare l’avversario, non si insegna nulla». Al netto delle grandi soddisfazioni nell’accoglienza dei ragazzi, vi sono purtroppo grandi difficoltà economiche per gestire la struttura: «Il Campo dei Miracoli è molto grande e non è facile trovare luoghi commerciali in un quartiere periferico come Corviale. Stiamo cercando finanziamenti dai privati, ma non è semplice. Se non cambia nulla, non riusciremo più a sostenere le spese».

Nonostante queste problematiche, il movimento del Calciosociale è più florido che mai. Le sue attività sono presenti anche in Toscana a Montevarchi e ad Empoli, a Napoli, nel quartiere di Scampia, in Sardegna a Quartu Sant’Elena e in Abruzzo nella cittadina di Carsoli. Tutto questo è reso possibile dai volontari che decidono di mettersi in gioco e dedicare il proprio tempo ai ragazzi. Fabio De Luca, uno degli allenatori che si dedica alla formazione dei calciatori dilettanti, racconta: «Avevo già sentito parlare di questa realtà perché frequentavo una biblioteca a Corviale, poi con l’università ho potuto fare un tirocinio con loro. Inizialmente allenavo i portieri, poi la squadra dei più piccoli e ora quella dei grandi. Vogliamo che la nostra sia un’oasi di legalità all’interno di Corviale». Storie di periferia che si intrecciano: «Venendo dal Trullo conosco le difficoltà di zone del genere, per questo ho voluto dare una mano. Vado lì tre volte a settimana più la partita nel week end, la volontà è quella di togliere i ragazzi dalla strada istruendoli alla correttezza e alla legalità. Vogliamo sovvertire le regole».

Le sue parole e quelle di Massimo testimoniano che, quando ci sono idee e determinazione, tutto è possibile. Persino educare giocando a pallone.