Il cancello grigio costeggia la statale 82 che attraversa Isola del Liri, piccolo comune della provincia di Frosinone. Oltre la grata c’è una vecchia fabbrica della carta, costruita nel 1800 e di proprietà della famiglia francese dei Lefebvre, nome che ancora oggi nella memoria del paesino si identifica con questa cartiera, tra le tante che popolano la zona. Dismessa all’inizio del ‘900, la fabbrica fu sommersa dalla vegetazione e cadde nell’oblio per un secolo finché non venne riscoperta casualmente alla fine degli anni ’90, diventando oggetto di un tentativo – fallito – di riqualificazione.
Le macchine sfrecciano ma non coprono il rumore dell’acqua. «È il fiume Fibreno – precisa Riziero Capuano, vicepresidente della Pro Loco di Isola del Liri – le sue acque, fredde e purissime, sono ottime per fare la carta. Non si vede ma c’è una piccola cascata proprio sotto la strada». Riziero tira fuori la chiave, fa forza sul lucchetto e apre le porte di ferro del cancello, lunghe e basse, che permettono l’accesso all’antica fabbrica. Vecchi platani circondano l’unico elemento visibile dalla via: una chiesetta neogotica costruita dai padroni, dove gli operai andavano a pregare, di buon mattino, prima di scendere in basso a lavorare.

La fabbrica sorgeva al di sotto del livello stradale, in un avvallamento naturale del terreno. Oggi è la natura a farla da padrona: gli alberi e l’edera ricoprono i resti della struttura, inghiottono quel che non è stato ancora portato via dai vandali. Uno sguardo d’insieme restituisce l’immagine di una cattedrale, non nel deserto, ma nella giungla urbana, visitabile solo in giornate specifiche, come quelle del Fai, o dietro esplicita richiesta al comune di Isola del Liri.

Dalle uniformi borboniche al Daily Telegraph di Londra
Tutto ha inizio nel 1812, quando il francese Carlo Beranger, con il permesso di Gioacchino Murat, sopprime il locale convento dei Carmelitani e impianta al suo posto una fabbrica della carta. Le materie prime per la sua produzione sono all’epoca gli stracci di tessuto, scarti dei lanifici vicini dove si cucivano le uniformi dell’esercito borbonico. Nel 1822 la cartiera passa nelle mani di Carlo Lefebvre che amplia e modernizza la struttura, introducendo nuovi macchinari e le cosiddette “vasche olandesi” – ancora visibili sebbene danneggiate – nelle quali gli stracci sono sfilacciati e impastati, grazie alle acque del Fibreno che scorre lì accanto.

È sotto la gestione della famiglia Lefebvre che la fabbrica conosce il suo periodo di massimo splendore. Nel 1861 è la cartiera più importante d’Italia: dà lavoro a circa 500 operai, ha al suo interno un asilo per i figli delle dipendenti, e produce tutte le tipologie di carta, perfino quella per quotidiani: nel gennaio del ’61, le rotative di Londra impiegano proprio i fogli dei Lefebvre per stampare il giornale The Daily Telegraph. Dopo la gloria arriva però il declino. Alla fine dell’800, complici problemi infrastrutturali e minori investimenti statali, la produzione si arresta e i Lefebvre sono costretti a vendere la fabbrica. Che passerà di padrone in padrone fino all’abbandono. Il tempo passa, la natura fa il suo corso e nessuno si ricorda più della cartiera, ormai invisibile anche allo sguardo più attento.
Il ritorno alla luce e l’occasione mancata
«Un mattino del 1995 vennero da me due operai dell’Anas. Avevano trovato qualcosa mentre eseguivano i lavori sulla strada – racconta Bruno Magliocchetti, l’allora sindaco di Isola del Liri – Mi precipitai e scoprii questa grandiosa cartiera che all’epoca era nascosta da alberi di alto fusto. Da lì partì l’idea di farne un Museo della Carta».

Il progetto prende corpo e alla fine degli anni ’90 il Comune ottiene dall’Ue un finanziamento di circa 9 miliardi di lire, l’80% a fondo perduto, il 20% a carico del comune. Il sito è acquistato e bonificato, partono anche i primi lavori di riqualificazione. All’inizio del 2000, però, la nuova giunta comunale rinchiude in un cassetto il progetto del Museo, che pure avrebbe portato turisti e occupazione, e la cartiera torna a essere infestata dalle erbacce. Le cause dell’interruzione dei lavori non sono mai state chiarite e proprio per questo, negli ultimi vent’anni, la cartiera si è trasformata in materia di scontro politico, diventando anche oggetto, nel 2018, di un’indagine della Commissione europea chiamata a far luce sui fatti del passato.

L’idea di completare il Museo della Carta e aprire la struttura a un pubblico più ampio non è stata però abbandonata, come spiega il neo sindaco Massimiliano Quadrini che in futuro vorrebbe «tenere aperto il sito almeno nei fine settimana e trovare un modo per gestirlo senza debiti ma con nuovi finanziamenti e l’aiuto di qualche associazione o privato».
Non tutto è perduto, dunque, ma occorre fare presto. Lungo la statale 82 la cartiera Lefebvre ancora aspetta, per poco, la sua occasione per rinascere.
* In occasione delle giornate del Fai del 21 e 22 marzo, la cartiera Lefebvre sarà aperta al pubblico.