Il coronavirus ferma l’economia cinese. Il contagio partito da Wuhan ha fatto crollare i mercati del gigante asiatico, e la brusca frenata della produzione estera in Cina fa scendere l’asticella della produttività.
Finite le festività del capodanno lunare, i listini cinesi del manifatturiero hanno riaperto le contrattazioni con un tonfo. Sebbene oggi i mercati asiatici abbiano avuto un rialzo, secondo gli analisti la volatilità resterà alta finchè la situazione in Cina non sarà tornata alla normalità. Complice un trimestre già fiacco, il virus ha contribuito ad arrestare l’economia del paese. Per scongiurare il contagio, ventiquattro province cinesi hanno fermato la produzione fino al 10 febbraio, ben oltre le festività del capodanno. Da sole, rappresentano l’ottanta per cento del pil cinese e il novanta per cento delle esportazioni. «L’epidemia – spiega Pietro Reichlin, professore di economia dell’università Luiss di Roma – ha un effetto immediato sulla produzione cinese dovuto alla contrazione del capitale umano, alla mancanza di forza lavoro e alla chiusura delle fabbriche, che non influenza solo l’economia del gigante asiatico, ma anche dei paesi che in Cina producono».
Hyundai, la popolare casa automobilistica coreana, sospenderà la produzione in Corea a partire dal 7 febbraio per mancanza di alcune componenti provenienti dai fornitori cinesi. «Le conseguenze dell’epidemia – continua Reichlin – non influenzano solo la produzione interna alla Cina, ma affligge anche le altre economie asiatiche, strettamente intrecciate con quella cinese».
Secondo un rapporto stilato dalla fondazione Italia Cina, la contrazione della produzione industriale e la riduzione dei servizi di trasporto, intrattenimento e ristorazione peserà soprattutto sul primo trimestre dell’anno. Anche l’Italia potrebbe risentire dell’interdizione dei voli imposta per fermare il contagio: «Lo stop al flusso di persone – spiega ancora Reichlin – limita la circolazione di idee, tecnologie e materiali da e verso la Cina. ma avrà ripercussioni anche per il settore del turismo di lusso italiano, condizionato anche dall’interruzione dei voli dall’Oriente».
Marco Misischia, il presidente della Confederazione nazionale artigianato Turismo di Roma, afferma che «le disdette delle prenotazioni dei turisti cinesi, a cui si sommano anche quelle dei viaggiatori provenienti paesi del Sud est asiatico e dai paesi adiacenti alla Cina, porteranno perdite significative per il settore ricettivo romano, stimate intorno al 30% del fatturato. Questo è vero soprattutto se si pensa che il periodo che va da fine dicembre a febbraio è particolarmente interessato dalla massiccia presenza dei turisti cinesi nel nostro Paese, a Roma in particolare, complici la coincidenza con il Capodanno cinese e il periodo di ferie ad esso connesso, raggiungendo oltre il 25% delle presenze di visitatori totali».