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Esclusiva

Marzo 25 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 28 2020
#SocialDistancing: sì, ma non come in Shining

Nel famoso thriller dello scrittore americano Stephen King il protagonista Jack Torrance arriva ad impazzire per il troppo isolamento sociale, a cui decide di sottoporsi nel tentativo di ritrovare l’ispirazione per il suo romanzo. Oggi, però, l’isolamento sociale a cui noi siamo in qualche modo costretti ha delle ragioni ben più serie

Il mondo intorno a noi sta cambiando, da qualche giorno a questa parte lo ha già fatto. Molte delle attività che consideravamo scontate, naturali, di fatto non lo sono più. Sono in pausa. Le lunghe cene con gli amici, i concerti, gli aperitivi. Ce ne rimangono però altre, e non meno degne. Ci sono i libri, che in tempi come questi offrono oltre che sollievo, anche una possibilità di evasione. Ci si immerge, lettera dopo lettera, frase dopo frase, e pian piano da una pagina in bianco e nero possiamo perderci in boschi, praterie, piazze e città esotiche dove non siamo mai stati prima. Una volta ancora, in soccorso nei momenti di difficoltà viene la cultura. #letteraturedaquarantena


L’hashtag #SocialDistancing è ormai diventato virale. Dopo le restrizioni imposte dal governo per il contenimento del Coronavirus, le persone hanno dovuto interrompere le loro vite sociali e rimanere in casa, entrando in una fase di isolamento.

Chissà se anche Jack Torrance, protagonista di “Shining”, avrebbe usato lo stesso hashtag nei suoi profili social, a patto che questi fossero esistiti negli anni ’70.

Nel thriller del noto scrittore statunitense Stephen King, definito dalla critica “il re del brivido”, Jack è uno scrittore fallito. Insieme alla moglie Wendy e al figlio Danny di cinque anni accetta di fare il guardiano invernale all’Overlook hotel, uno strano e imponente albergo che domina le alte montagne del Colorado.

Questo era stato teatro di numerosi delitti e suicidi e sembra aver assorbito forze maligne che vanno al di là di ogni comprensione umana e si manifestano soprattutto d’inverno, quando l’albergo chiude e resta isolato per la neve. Così la famiglia si trova avvolta ben presto in un’atmosfera sinistra.

#SocialDistancing: sì, ma non come in Shining
Una scena del film “Shining” (1980) diretto da Stanley Kubrick e tratto dall’omonimo thriller di Stephen King

Nonostante la figura centrale sia il figlio Danny, che si oppone con forza alle insidie dell’Overlook – anche grazie al suo potere extrasensoriale, lo “shining” – il vero anti-eroe della storia è senza dubbio Jack. La vera vittima, alla fine, si rivela essere lui.

L’oppressione dovuta all’isolamento lo porta a impazzire, fino a rendere labile il confine tra “l’interno” del personaggio e “l’esterno” legato al luogo e alla vicenda. Viene soggiogato dalle forze maligne dell’albergo, che fanno leva sulle sue debolezze. L’Overlook, infatti, come molti altri luoghi nei romanzi di King, rappresenta una parte attiva della storia, una presenza che respira attraverso i fatti a cui dà origine.

All’inizio Jack ha un colloquio con il proprietario dell’hotel Stuart Ullman che, prima di iniziare il periodo di isolamento, lo informa degli strani eventi accaduti nella struttura. Sottolinea più volte, inoltre, lo stress psicologico che una mansione come quella avrebbe comportato. Vuole sincerarsi che sia Jack che la sua famiglia ne siano consapevoli. Ullman gli racconta in particolare di quando, molti anni prima, Delbert Grady, guardiano invernale di quell’anno, impazzì e si uccise dopo aver fatto a pezzi la moglie e le sue due figlie. Solo uno dei tanti omicidi e suicidi avvenuti nell’albergo.

Ma Jack è concentrato sul portare a termine una commedia alla quale lavora da tempo e sottovaluta questi avvertimenti.

Pensiamo solo un attimo alla possibilità in cui Jack avesse ascoltato più attentamente le parole di Ullman, o se non avesse pensato solamente ed egoisticamente a completare il suo romanzo. Se così fosse stato, non avrebbe scelto di sottoporsi al #SocialDistancing che poi lo porta a impazzire.

Oggi, il nostro #SocialDistancing ha una funzione ben più importante: sta servendo a salvare vite. Tutti noi, restando a casa e rispettando la quarantena, stiamo contribuendo a rallentare la diffusione del Coronavirus.

Stare a casa, oggi, significa aiutare a prevenire il sovraccarico del sistema sanitario nazionale. Non aiuta tanto a prevenire la malattia, quanto a rallentare la frequenza con cui le persone si ammalano. E questo è fondamentale, adesso che gli ospedali sono sovraffollati e rischiano il collasso a causa delle eccessive richieste di ricovero.

Restate a casa e, se nel frattempo volete scrivere un romanzo, fate pure.