«Come noi vediamo il mondo è chiaro, lo sappiamo. Molto più complesso è capire come ci vedono gli altri». Così, con voce calma e decisa, Roberto Saviano inizia il suo secondo webinar.
«L’Italia raccontata dai giornali stranieri è troppo spesso un insieme di stereotipi e luoghi comuni che fanno colore e notizia. È una questione di metodo: gli articoli sono scritti da chi non conosce il territorio e l’Italia è un paese difficile da comprendere. Il non detto a volte conta di più di una testimonianza. Come lo spieghi a un inviato del New York Times che quanto potrebbe riferire un commissario di Foggia è l’opposto della verità? La Mafia garganica non vuole far parlare di sé».
Chi ha scritto l’articolo “Mafia in Italia aspetta soldi da Ue” uscito sul quotidiano tedesco Die Welt, non conosce bene l’Italia. Per Saviano non saranno le mafie, che hanno già investito nelle lavanderie degli ospedali, nella distribuzione alimentare e nella consegna della spesa a casa, ad approfittarsi dei Coronabond. Ad aver bisogno di liquidità sono i ristoranti, le aziende e gli imprenditori. Fornirla è un metodo efficace per evitare che le organizzazioni mafiose acquistino più potere.
«Non ci sono prove, non ci sono notizie su come la mafia sta vivendo questo momento di crisi sanitaria, ma è una teoria, un’intuizione di chi conosce bene il territorio e segue le vicende di mafia da parecchi anni.
L’articolo di Die Welt mostra quanto l’Europa sia disunita. La Germania è preoccupata, teme di diventare la locomotiva trainante d’Europa. L’Olanda dice no agli Eurobond perché non ha bisogno di risorse nonostante la pandemia». Secondo Saviano questo è un male che non lascia scelta, i paesi sono colpiti, non sono colpevoli. L’Italia è stato il primo paese segnato dal virus, e quello che finora ha sofferto di più.
La mancanza di giornalisti inviati in paesi stranieri peggiora la situazione. Ce ne sono pochi e si occupano di aree troppo vaste per essere conosciute a fondo. L’assenza fisica porta con sé una mancanza di conoscenza e di informazione, fondamentali per restituire le sfumature e le implicazioni nascoste della cultura raccontata.
«L’inviato è come un traduttore che riporta con le parole i fatti che accadono da un’altra parte. Ed è un traditore perché modifica la realtà che si trova di fronte trasformandola in concetti comprensibili a chi legge. L’inviato è presente quando accade qualcosa, quando c’è la notizia. La sua assenza significa perdita di racconto e di completezza».
Così per chi non conosce bene il nostro paese diventa sempre più complesso comprendere quello che accade. «Se analizziamo gli articoli di stampa estera che parlano dell’Italia ci rendiamo conto di come non sempre venga utilizzato lo stesso garbo, la stessa riverenza che i giornalisti italiani applicano quando parlano di Stati Uniti, Inghilterra o Germania. Ci sono scrittori americani che a New York non conosce nessuno mentre in Italia hanno milioni di follower. Negli Stati Uniti adorano solo Elena Ferrante perché non esiste» dice Roberto ridendo nel monitor da cui è collegato per il nostro webinar. «Ci sono pochi cronisti italiani che lavorano nei grandi giornali americani, ma quanti reporter statunitensi scrivono in Italia?»
Per Saviano anche nel giornalismo ci sono diversi modelli e strategie. Il giornalismo anglosassone spesso si sente in serie A, quello mediterraneo invece in serie B. E nessuno ha mai fatto nulla, o abbastanza, per modificare il paradigma. Ma i cambiamenti di prospettiva sono fondamentali per chi vuole fare il giornalista: «Non pensiamo soltanto a ciò di cui abbiamo bisogno per firmare un nuovo contratto capiamo qual è la storia che più ha bisogno di noi per essere raccontata».