Igienizzare le mani è obbligatorio prima di entrare. Superato l’ingresso e misurata la temperatura, si salgono le scale verso le aule. Il percorso è delimitato da nastri rossi e bianchi. Chi ha già sostenuto l’esame non può tornare indietro, ma deve proseguire verso l’uscita secondaria del liceo. La maturità ai tempi del Covid si fa così.
Roberto, un ragazzo dai capelli ricci e la camicia bianca, è il primo a finire. È ancora su di giri per l’adrenalina della performance. Fuori ci sono i suoi amici che lo aspettano, scambiano con lui pacche di intesa. «È stato più facile di quel che pensassi – racconta – immaginavo un esame più difficile. Vado in ansia con le prove scritte, così in loro assenza mi sono trovato a mio agio. All’inizio pensavo che sostenere la maturità in presenza fosse troppo azzardato. Ora posso dire di esser contento di aver fatto l’esame così».
Cinquantacinque minuti dopo, tanto dura la prova, ha finito anche Miriam. La sua famiglia la accoglie commossa. Prima di salire, ha ripassato le ultime nozioni da un quaderno appoggiato sulla sella di uno scooter di fianco l’ingresso, mentre un collaboratore scolastico dai toni cordiali le dice che andrà tutto bene. Ha presentato un elaborato sulla Sicilia sotto il dominio dell’impero romano, ambisce a un futuro da classicista. «C’è l’ho messa tutta per finire la scuola nel miglior modo possibile. È stata un’esperienza diversa da quella che ho immaginato durante questi cinque anni, ma sono contenta di aver concluso questo percorso, so di averlo portato a termine nel miglior modo possibile».
Le commissioni d’esame al liceo Vittorio Emanuele II di Palermo sono due, una ogni due classi. Gli studenti esaminati sono dieci al giorno. Ma nonostante le misure di sicurezza rendano impossibile qualsiasi tipo di assembramento fuori dalla scuola, l’atmosfera è festosa fuori dalla scuola, anche se a esser contento è solo uno studente alla volta, coi genitori che man mano si susseguono a turno.
In ogni caso, sembra che le misure di sicurezza messe in atto quest’anno non abbiamo intaccato più di tanto il valore della maturità come rito di passaggio, che proietta i ragazzi dal periodo scolastico all’età adulta. «In realtà – racconta Alessandra – i miei cinque anni sono stati un po’ difficili, e proprio quest’anno che stavo andando meglio la scuola si è dovuta fermare. È stato un peccato, però sento comunque gli effetti di questa transizione. Il liceo è finito e adesso posso dedicarmi a ciò mi piace: voglio fare l’etnoantropologa».
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