«Se mi consente, tolgo la mascherina: sono molto amareggiata per non aver potuto salutare i miei ragazzi. Sono al mio ultimo anno di servizio, mi sarebbe piaciuto accompagnarli fino alla fine del percorso. Ho sempre guardato con attenzione alla loro crescita, gli auguro tutto il bene possibile, nonostante le difficoltà dell’ultimo anno. È molto difficile, ma tutto il corpo docente del Vico è pronto a sostenere e a guidare con professionalità gli studenti che si affacceranno al mondo degli studi universitari». Fra le parole di Teresa De Caprio, preside dello storico Ginnasio Governativo “G. B. Vico” di Nocera Inferiore, c’è un velo di nostalgia.
Con lo sguardo rassegnato di chi sa che non esiste altro modo, ci chiede di parlare a distanza, ma senza mascherina. Come a voler trasmettere l’emozione di un volto stanco dagli ultimi mesi di lavoro, ma soddisfatto per ciò che è stato fatto. «Ci troviamo a svolgere gli esami di maturità in maniera quasi blindata. La pandemia ci ha portati ad assumere misure di protezione per noi, ma soprattutto per i ragazzi. È una situazione surreale ma di grande attenzione e massima sicurezza, com’è sempre stato nel nostro glorioso liceo e come sarà anche al linguistico, che è parte della nostra scuola da un po’ di anni».
Il palazzo che ospita il G. B. Vico fu realizzato all’inizio degli anni ’30 e inaugurato nel 1938 per sostituire le sale del ginnasio-convitto presenti sin dal 1865. È infatti fra gli istituti più antichi del sud Italia. Costruita in epoca fascista, la struttura fu progettata a forma di “M” in onore di Mussolini. Nel 1974 divenne la casa scenica del professore nocerino Nicola, fra i protagonisti del capolavoro di Ettora Scola, C’eravamo tanto amati.
«L’esperienza dell’esame di Stato è stata diversa da come me l’aspettavo. Pensavo a qualcosa di più formale, che trasmettesse ansia. È stato strano rivedere i professori dopo tanto tempo, una sensazione particolare, ma è andato tutto bene», Alessandra è sorridente, serena.
«Sono uscita con un po’ di malinconia, perché mi sono resa conto che ora è tutto finito. Con un po’ di paura per quello che verrà dopo, posso dire che il Gibbi mi mancherà tanto. Sono contenta di aver raccontato e condiviso con voi l’esperienza della mia maturità». Per lei, i momenti più difficili sono alle spalle.
Giuseppe studia al linguistico, istituto gemello del Vico. Il suo esame è stato fissato per il 25 giugno. È pronto, parla con sicurezza mentre ripete gli appunti in vista del colloquio. «Sarà una maturità diversa dalle altre, rimarrà nella storia della scuola italiana. Da un lato, mi sento quasi un privilegiato, dall’altro sono amareggiato per ciò che ci è stato tolto: le emozioni, gli ultimi momenti che avremmo potuto vivere insieme in classe. Sarà strano rivedere i professori, affrontare un test così importante dopo tanti mesi di sole videochiamate. Sono sicuro che anche loro ci daranno una grande mano. I sentimenti sono contrastanti: vivo l’ansia dell’esame con la consapevolezza di quanto belli siano stati gli ultimi cinque anni. La vera prova sarà dopo, quando ci affacceremo alla vita».
La scuola porta il nome del noto filosofo e giurista napoletano Giambattista Vico. Vissuto fra il ‘600 e il ‘700, sosteneva che la storia procedesse per corsi e ricorsi, in un circolo senza tempo. “L’uomo è sempre uguale a sé stesso”, pensava. Se dovessimo affrontare una nuova pandemia, che sia allora con gli strumenti adatti. È d’accordo anche Teresa De Caprio, che saluta dei ragazzi appena esaminati. «Che altro dire, buona fortuna, in bocca al lupo e ad maiora semper!».
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