«Lavorare in tempi di coronavirus è stato molto complesso. La diplomazia è fatta anche di contatto umano e alcuni vertici in via telematica sono stati difficili da sostenere» ammette a microfoni spenti Marina Sereni, viceministra degli Esteri, a margine di un’intervista a Zeta che ha toccato numerosi punti. Sul caso del rapimento di Padre Paolo Dall’Oglio, che Zeta segue da vicino, «il lavoro dell’intelligence e dell’unità di crisi non si fermerà, ma è un lavoro silenzioso e fatto di discrezione».
Su Giulio Regeni invece ci si aspettava da parte dell’Egitto «un atteggiamento collaborativo e delle risposte che non sono arrivate. Pensiamo di avere una verità politica e di aver individuato delle persone con elementi fattuali, e le autorità giudiziarie italiane hanno elementi per perseguire queste persone, ma abbiamo bisogno di una cooperazione reale da parte dell’Egitto. Questo non è avvenuto, e sul piano politico istituzionale portiamo la nostra insoddisfazione totale», ha spiegato Sereni affermando di essere contraria a un eventuale richiamo dell’ambasciatore italiano al Cairo, come invece richiesto dalla famiglia Regeni.
Sulla Libia la viceministra ammette che «l’Italia è tra i paesi che hanno scelto consapevolmente di non stare dalla parte di chi alimentava il conflitto, senza fornire armi, uomini o mezzi», aggiungendo che la soluzione non può essere militare. «Persino l’Egitto, la Russia e gli Emirati Arabi stanno capendo che non ci sono le condizioni per una vittoria militare. La posizione dell’Italia è chiara: insieme a Europa e Onu chiediamo un embargo sulle armi e un cessate il fuoco con la missione “Irini” guidata dall’Italia stessa, per poi riaprire un processo politico».
Su Hong Kong invece «i diritti umani e civili vanno messi sempre in prima fila e bisogna far sentire il nostro disappunto e sconcerto per una legge che rischia di mettere in discussione il paradigma “un paese due sistemi”. La Cina con questa legge mette a rischio questo principio: è insostenibile e inaccettabile, anche se il paese resta un importante partner commerciale e rivale sistemico».
E infine, sul Meccanismo europeo di stabilità Marina Sereni è convinta che andrà portato a termine, «ma solo se si troverà un accordo alto con tutti i paesi membri. Il Mes si porta dietro una brutta fama per ciò che accadde nel 2015, ma oggi abbiamo condizionalità diverse da quelle che prevedevano riforme strutturali, austerità e tagli alla spesa pubblica: soltanto condizionalità legate alla finalizzazione sul sistema sanitario. Questa grande novità è frutto di una battaglia fatta con Francia e Spagna, e insieme ne potremo uscire senza lacerazioni».