«La solitudine dilaga. La chiusura dei teatri non lascia altro che paura tra la gente e per le strade, paura di chi vive di mass media, la televisione per i più grandi e i social network per i più giovani. Dobbiamo riaprire i teatri e ridare forza alla cultura per aiutare a combattere l’ignoranza, le fake news e il populismo». Roberto è un ingegnere del suono di 25 anni. E’ uno dei giovani operatori dello spettacolo, come Luca, Ciro, Sara, Salvatore e Rebecca. Attori, cantanti, ballerini, tecnici audio e delle luci che da mesi hanno smesso di lavorare a causa della chiusura dei luoghi di spettacolo. Inseguono un sogno che era già difficile prima del Covid – 19, diventato adesso impossibile.
La diffusione del virus ha trasformato il mondo dell’arte e della cultura, traslandolo da una dimensione sociale, che gli è propria, alla solitudine dei dispositivi elettronici. Per centinaia di migliaia di persone che lavorano nei teatri o nel settore degli eventi, culturali e sportivi, questo ha significato restare senza lavoro e stipendio per mesi.
Secondo l’Inps, l’ente previdenziale italiano, le arti dello spettacolo impiegano oltre 327.000 lavoratori a livello nazionale; e il numero raddoppia se consideriamo l’intero settore culturale. Già fortemente influenzato dal primo blocco; la seconda e la terza ondata di contagi hanno avuto un impatto ancora maggiore sui mezzi di sussistenza dell’universo di professionisti che gravitano attorno a concerti, spettacoli, mostre e proiezioni, manifestazioni sportive.
L’emergenza Coronavirus è piombata sul 2020 dopo un 2019 positivo e incoraggiante nelle cifre, come mostrano gli ultimi dati dell’Annuario dello spettacolo, raccolti dal Centro Studi SIAE. Il 2019 aveva segnato, rispetto all’anno precedente, un aumento dell’offerta degli eventi di spettacolo, come attività cinematografiche, teatrali, concerti, manifestazioni sportive, balli e mostre: 4.363.937 milioni di attività complessive, 47.420 eventi in più rispetto al 2018 (pari ad una crescita del +1,10%). Nel 2019 gli incassi dell’intero settore, comprese le attività che gli ruotano intorno, è stato di quasi 5 miliardi di euro, 141 milioni in più del 2018 (+2,91%). Il settore che ha riscontrato una maggiore crescita di eventi, pubblico ed incassi nel 2019 è stato quello cinematografico con un aumento degli ingressi del 13,91% e con una spesa da parte del pubblico di circa 791 milioni di euro, 109 milioni in più rispetto al 2018 (+16,06%).
Poi è arrivata la pandemia che ha chiuso cinema, teatri, sale da ballo, musei, stadi e palestre. Un intero settore è andato in affanno, come mostrano i dati emersi da un confronto tra i dati del 2019 e del 2020, anno fortemente penalizzato dal lockdown e da pesanti misure restrittive.
Nel 2020 ci sono stati circa 2.231.739 milioni di eventi cinematografici in meno ( – 68,77%) rispetto al 2019. In meno ci sono stati anche 86.201 spettacoli teatrali (- 65,20%), 26.285 concerti ( – 65,97%), 99.694 attività sportive (-76,49%), 49.765 mostre (- 64,07%). In totale, nel comparto della cultura, dell’arte e dello sport, nel 2020 si sono registrati circa 3 milioni di eventi in meno (- 69,29%) rispetto al 2019.
Nel 2020 il settore degli eventi cinematografici ha visto diminuire la spesa del pubblico di mezzo miliardo di euro, per l’esattezza c’è stata una diminuzione degli introiti di 586 milioni di euro (-74,06%). Dal confronto con le cifre del 2019, le perdite nel 2020 sono state di 378 milioni per i teatri ( – 77,94%), di 463 milioni per il mondo della musica e dei concerti
(- 89,73%), di oltre un miliardo per il settore sportivo (- 93,16%), di 316 milioni per le mostre e le esposizioni artistiche (- 86,72%). Nell’anno dello scoppio della pandemia, il mondo dell’arte, della cultura, del cinema e dello sport ha assistito a una diminuzione complessiva degli introiti di circa 4 miliardi di euro rispetto al 2019.
A Napoli, il Teatro Totò, come i teatri di tutta Italia, ha chiuso i battenti il 9 marzo 2020. Ha riaperto per attività limitate tra giugno e ottobre, per poi richiudere quando l’Italia, e in particolare la Campania, sono state investite dalla seconda ondata pandemica.
«Il mio dissenso è verso chi pensa che non lavoriamo, ci divertiamo e basta. Non capiscono quanta passione e fatica ci siano dietro il teatro. Il nostro lavoro è per loro, per spingere un sorriso in un momento triste. Il mio dissenso è anche verso la mia categoria, che non è riuscita a farlo capire, quindi verso di me, i miei colleghi e verso lo Stato che ci ha abbandonato». Sono le dure parole di Sara Esposito, attrice trentenne. Il suo è un messaggio che sembra un atto di accusa, ma che racchiude tutta la frustrazione per il lavoro perso, non riconosciuto, poco sostenuto.
«Dobbiamo puntare i riflettori sul mondo del teatro e dello spettacolo perché arricchisce l’anima. Ridateci il nostro lavoro, ridateci la nostra dignità» sostiene invece l’attore ventunenne Dino Porzio.
Anche il mondo della musica ha affrontato, ed affronta tuttora, un periodo molto difficile nell’impossibilità di fare concerti per evitare assembramenti. Tanti musicisti e lavoratori del settore sono fermi da quasi un anno, solo alcuni di loro sono riusciti ad andare avanti, pur tra mille difficoltà.
L’Accademia di musica “Santa Cecilia” di Roma è un piccolo grande luogo di resistenza. Nell’ultimo anno si sono succedute aperture e chiusure. Ma, nonostante gli imprevisti, il coro e l’orchestra hanno trovato un modo per continuare a produrre. Salvo una piccola fase di sollievo durante l’estate del 2020, nei mesi restanti la platea dell’Auditorium Parco della Musica, dove i membri dell’Accademia provano e fanno concerti, è rimasta vuota. «Prima, alla fine di un concerto, c’era l’applauso del pubblico, ora non c’è più niente», racconta con rammarico la flautista Adriana Ferreira. «Un musicista che ama la musica si diverte, è un bisogno naturale, ma c’è anche l’esigenza di dare a chi ti ascolta le tue sensazioni, hai bisogno di sentire che quello che fai ti ritorna in qualche modo», afferma Piero Monti, maestro del Coro.
Gli eventi sono stati spostati online, i concerti sono ora in streaming. L’Accademia “Santa Cecilia” si finanzia in larga parte con i sostegni statali e, per il 20% grazie ai ricavi degli spettacoli. Nel 2020, gli incassi si sono quasi azzerati, i lavoratori sono finiti in cassa integrazione, per la prima volta nella storia di questa istituzione. «Sai che ti rivolgi a 300 famiglie, per fortuna abbiamo potuto usufruire di un simile strumento di sostegno, ma è un vulnus da cui non si torna mai indietro», sottolinea con rammarico il presidente Michele Dall’Ongaro. «Manteniamo accesa la nostra attività non solo per garantire occupazione ma anche per mantenere in vita l’idea che i luoghi in cui si fa musica sono presidi di civiltà. Spero che ci siano presto le condizioni per avere qualche forma di apertura, garantendo la sicurezza di tutti. Così non si può andare avanti», conclude.
Le conseguenze della pandemia sono state negative in tutte le regioni italiane. Tuttavia, tre regioni del nord, tra le più colpite dalla prima ondata pandemica italiana, sembrano aver riscontrato le maggiori perdite. Al primo posto, la Regione Lombardia, che ha subito una netta riduzione degli introiti, precisamente di 459 milioni di euro nel primo semestre del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019 ( -74%) . Le maggiori perdite che ha riscontrato sono state in particolare quelle derivanti dai mancati eventi e introiti delle attività sportive. Segna pesantemente il passo anche l’attività concertistica, con 2976 eventi in meno e a seguire le attività legate al ballo e al teatro.
Segue il Veneto, che ha registrato oltre 304 milioni di euro di incassi in meno (-86%) dal confronto tra il primo semestre 2019 e i primi sei mesi del 2020. In sofferenza anche il settore culturale e sportivo dell’Emilia Romagna, che sconta un differenziale di oltre 188 milioni di incassi in meno nel 2020 ( -74,8%)
Considerando invece quelle regioni che non hanno riscontrato un calo così netto del settore, non ci sono particolari differenza tra nord sud e centro. Il Molise, anche in ragione della sua piccolezza, è la regione che ha sofferto relativamente di meno, con circa 1 milione di euro di perdite, ma dimezzando comunque gli incassi.
I luoghi dell’arte, dello spettacolo e dello sport restano al momento chiusi. L’ultimo decreto del consiglio dei ministri, del 2 marzo, prevede in teoria una riapertura di musei, cinema e teatri in zona gialla a partire dal prossimo 27 marzo. Attualmente, però, nessuna regione italiana si trova in un’area a rischio epidemiologico basso ed è probabile che la situazione rimanga tale ancora per qualche tempo. Tuttavia, l’avanzamento della campagna vaccinale porta con sé un grande segnale di ottimismo. Come preannunciato dal Ministro della Salute, Roberto Speranza, l’estate sarà diversa rispetto a questi giorni di chiusure. L’auspicio è dunque che teatri, cinema, palestre e sale da concerti possano riaprire e ricominciare le loro attività, come accaduto nei mesi estivi del 2019, dopo il lungo lockdown primaverile.
Per concludere con le parole di Esmeraldo Napodano, attore quarantunenne, «la cultura è il cibo dell’anima e non può essere fermata».
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