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Esclusiva

Maggio 18 2021
Shock in my town, Franco Battiato non c’è più

Il cantautore è morto a 76 anni e questo è un articolo che lo compiange, come ne avrete letti tanti, condito con qualche ricordo personale

I banali vi diranno “La Cura”, per me Franco Battiato era “Shock in my town”. Mia madre sfreccia sull’Autostrada del Sole, 100, 110 chilometri orari. Stop and go, le macchie di traffico compaiono inaspettate. Conto gli alberi e cerco di memorizzare i numeri delle altre targhe. Penso che sì, la musica è a volume troppo alto e io mi vergogno degli sguardi che gli altri automobilisti lanciano al finestrino della nostra Yaris celeste. Mia mamma non li vede. È sempre stata così, libera e un po’ menefreghista. Canta a voce alta, quasi copre la canzone: «Shock – in – my – town… velvet underground». Ho sette anni e non capisco il testo, mi chiedo perché un cantante cianci di “velvet”, velluto. Non immaginavo che quel momento mi sarebbe tornato in mente 22 anni dopo.

Ventidue anni dopo sono qui e ora. Studio giornalismo, sto andando a scuola. Mi hanno appena scritto: «È morto Battiato». «Come morto – ho risposto – non ci credo». Ripenso al viaggio con mia madre, una delle tante nostre fughe dalla città. A lei divertita, lo sguardo fisso sulla strada: «Ho sentito, urla di furore…». Chissà cosa pensava, se gli sguardi curiosi degli altri li percepiva ma non le importava. Adesso la capisco, perché faccio la stessa cosa anche io. Metto Shock in my town, la canto tutta ad alta voce. Come cambiano le cose, Battiato è morto e ora mia madre è in pensione. I pensieri fanno un vortice. Lui canta: «Di generazioni, senza più passato» e mi viene in mente il dibattito tutto moderno sul politicamente corretto e quella tendenza, a volte eccessiva, di guardare gli eventi del passato con le lenti del presente. Mentre guido penso alle critiche di qualche tempo fa sul culto di Napoleone, sessista e reo di aver ripristinato la schiavitù. E alle statue distrutte o imbrattate perché simbolo di una storia scomoda. Chissà cosa pensava Battiato, del guardare il passato con le lenti del presente. Lui che irriverente cantava di preferire l’insalata a Beethoven e Sinatra e, nello stesso brano, costruiva giochi di parole con i Minima Moralia del filosofo tedesco Theodor Adorno. 

E quante volte ho messo le sue canzoni per tenermi compagnia. Come canta in Tramonto Occidentale, anche io a volte «Non ho voglia né di leggere o studiare, solo passeggiare sempre avanti e indietro». L’ho ascoltata fumando una sigaretta, dovrei smettere ci penso da tempo, ma in fondo «è per il gusto del tabacco, non mi fa male». Chi altro saprà cogliere così il mio stato d’animo? Ce lo siamo chiesto tutti, sotto voce, quando è scomparso il cantante con cui avevamo un legame particolare. Per me era lui. Quasi me ne convinco, parlava di me quando diceva: «Mi piace osservare i miei concittadini specie nei giorni di festa,
con bandiere fuori dalle macchine all’uscita dello stadio». E quante volte di quegli occhiali da sole l’ho pensato anch’io: se li mettono «per avere più carisma e sintomatico mistero».   

Lo scrivo con onestà di bambina: Franco Battiato era il mio cantante preferito. I brani ascoltati con l’inconsapevolezza dell’infanzia e poi capiti negli anni dell’adolescenza. Alle sirene de “La Cura” non ho resistito neppure io. Un fidanzatino me la dedicò, mentre ci guardavamo negli occhi assicurandoci che ci saremmo sollevati dai reciproci «dolori e sbalzi d’umore». Non andò così, ma erano promesse di ragazzi. Ora mi viene in mente mio padre, quando una volta ascoltammo insieme questa canzone. Rimanemmo in silenzio e alla fine lui mi insegnò il significato della parola «abnegazione». 

Mi mancherà Franco Battiato, con la sua “zeta” pronunciata alla siciliana e i balletti che da piccola mi facevano tanto ridere. Era malato da tempo, lo so, ma la morte di un artista porta con sé quell’alone di dolore e nostalgia che oggi non voglio ancora razionalizzare. «The end, my only friend, this is the end». Della vita di un sublime cantautore e dei miei ricordi di bambina.                         

Ascolta anche “Il Saluto del Maestro”, trenta brani di Franco Battiato