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Esclusiva

Dicembre 6 2021.
 
Ultimo aggiornamento: Dicembre 22 2021
Federica De Lillis

È cresciuta in una famiglia matriarcale da generazioni, fin dai tempi della sua bisnonna: “Un donna che è stata un vero pilastro”. Federica De Lillis ricorda che è sua mamma il punto di riferimento della casa in cui è cresciuta. Le sue origini familiari sono per lei centrali e affondano le radici in una storia di dignità e lavoro.

“I miei nonni, originari della Calabria, erano benzinai e hanno fatto una vita di sacrifici – dice con orgoglio – e io sono la prima laureata tra i miei parenti più stretti, ma la loro è una storia di persone che si sono fatte da sole”, aggiunge. Alla base della profonda etica del lavoro che contraddistingue Federica c’è questo capitale umano. È per questo che non ha molto tempo libero e non si lamenta molto di non averne. È una “secchiona” senza tanti passatempi. Uno però l’ha rapita, è l’equitazione. Federica è cresciuta a Valle Martella, una zona di campagna in provincia di Roma, e qui conserva tanti ricordi. Racconta di quando da bambina giocava tra la terra del campo di pomodori di suo zio e sostiene che il rapporto con la natura e gli animali la faccia stare bene oggi come allora.

Federica De Lillis

Vivere in una frazione di Zagarolo però non le è mai bastato. Per questo il periodo liceale e universitario a Roma è stato per lei una liberazione. Si è emancipata così da un luogo e da frequentazioni che le andavano strette. E adesso, dopo la laurea in scienze politiche e l’inizio di un master di giornalismo alla Luiss Guido Carli, insegue il sogno che ha coltivato fin da bambina: scrivere.

Federica ha le idee chiare, vuole occuparsi di giornalismo ambientale. È un tema che ha studiato bene e a cui ha dedicato una tesi che indaga le responsabilità delle generazioni future nei confronti dell’ambiente. “Noi di fronte alle catastrofi naturali contemporanee abbiamo un atteggiamento anestetizzato”, dice. Poi si sofferma qualche istante e aggiunge con forza: “È per questo che abbiamo la necessità di rimparare ad avere paura”. Sembra una denuncia dell’individualismo contemporaneo quello di Federica. Non è un caso che si sia formata sui testi di Elena Pulcini, studiosa delle trasformazioni dell’età globale che ha posto l’individualismo odierno al centro della sua indagine.

Per Federica il giornalismo è un mezzo per sensibilizzare l’opinione pubblica. Punta a “coinvolgerci”, usa questa parola, ma come? Dice che i dati scientifici sul cambiamento climatico sono importanti, ma che al contempo restano freddi, distanti. E allora è meglio raccontare storie, momenti di vita quotidiana legati all’emergenza climatica globale in cui le persone possano immedesimarsi. “Bisogna uscire e documentare sul campo”, dice e tra le firme che la ispirano cita l’inviata di guerra Francesca Mannocchi. Per questo forse parla della foresta Amazzonica come altri parlerebbero di un teatro di guerra: una catastrofe insostenibile su cui non possiamo chiudere gli occhi.