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Esclusiva

Gennaio 11 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Gennaio 31 2022
La campagna anti-Covid spiegata da Draghi

Il presidente del Consiglio illustra i dati su vaccini e terapie intensive che motivano il decreto del 5 gennaio

«Voglio precisare da subito che non intendo rispondere a domande sul Quirinale o su sviluppi politici immediati», con questa specifica il premier Mario Draghi lascia la parola ai giornalisti che hanno appena ascoltato la sua conferenza. Se sul futuro rimane un’ombra di incertezza, sulle motivazioni che hanno guidato le ultime scelte del governo il presidente del Consiglio ha voluto fare massima chiarezza, soprattutto per chi lo ha criticato per non aver indetto un incontro subito dopo l’approvazione del decreto: il primo ministro si è scusato per la mancanza, ammettendo di aver «sottovalutato le attese

«La priorità del governo è che la scuola sia aperta in presenza» ribadisce subito Draghi, supportato dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e dal ministro della Salute, Roberto Speranza. Il governo dimostra di non tollerare deviazioni su quella che considera la vera questione prioritaria, rispondendo con i fatti alle proteste dei presidi e alle ordinanze dei governatori di Sicilia e Campania che avevano rimandato l’apertura in presenza: «Le disuguaglianze create dall’uso della DAD lo scorso anno sono destinate a restare. Non ha senso chiudere la scuola prima di chiudere tutto il resto e oggi non ci sono i motivi per farlo, grazie alla vaccinazione

Da qui il collegamento sulla misura più discussa tra quelle contenute nel decreto dello scorso mercoledì 5 gennaio: l’obbligo vaccinale per gli over 50. Un provvedimento che risponde anche in questo caso a una logica ben precisa, ovvero quella di ridurre la frangia di non vaccinati nella fascia d’età che occupa la maggioranza delle terapie intensive, mettendo così sotto pressione gli ospedali. «Ad oggi resta privo di copertura vaccinale il 10% degli over 12, eppure questa minoranza occupa i due terzi delle terapie intensive e il 50% dei reparti ordinari», ha spiegato il ministro Speranza mostrando un grafico elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità in cui si evidenzia come tra i non vaccinati l’incidenza dei ricoveri in terapia intensiva sia di 23,2 ogni mille contagi, numero che scende a 1,5 per i vaccinati con doppia dose e a 0,9 per coloro che hanno già ricevuto il booster. Pochi semplici numeri che illustrano l’enorme scudo offerto dai vaccini alla nostra salute e di conseguenza alla nostra socialità.

Draghi Quirinale Speranza Covid
Il ministro Speranza mostra il grafico sulle terapie intensive (frame di youtube)

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Mentre su Twitter sono in tendenza gli hashtag #DraghiVattene e #DraghiInCarcere, il primo ministro propone una conferenza incentrata sull’evidenza dei dati, in cui però non risparmia qualche velato riferimento ai temi che aveva dichiarato di voler evitare. Provocato sull’efficacia dell’azione di un governo scosso dalle tensioni per l’imminente voto sul Quirinale, è tornato sul punto principale della conferenza affermando che «ora le scuole sono aperte, come lo sono state da aprile e di nuovo da settembre e non era questo il modo di gestire la questione in precedenza», riportando alla mente degli ascoltatori le varie chiusure decretate da chi lo ha preceduto. Anche il professor Franco Locatelli, presidente del Comitato Tecnico-Scientifico, ha voluto chiarire che nel CTS non ci sono mai state opposizioni alle misure del governo e che la scuola in presenza è sempre stata considerata questione della massima importanza, al fine di evitare i danni che la didattica a distanza porta sia a livello d’istruzione, ma soprattutto nella «costruzione della persona.»

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Il premier ha dunque dribblato qualche tentativo dei giornalisti di provare a introdurre comunque la questione Quirinale, ma parlando degli ultimi provvedimenti ha precisato che «in una maggioranza così ampia è normale che ci sia diversità di vedute», cosa che però non è mai stata d’ostacolo all’azione di governo. «Nonostante queste divergenze, ho sempre visto la voglia di lavorare insieme e finché c’è quella possiamo discutere, ma si va avanti.»

A un anno di distanza dalla crisi che portò alla caduta del governo Conte II, Draghi descrive una maggioranza molto più concorde e sembra lanciare un invito alla responsabilità che prescinda dalla sua permanenza o meno a Palazzo Chigi. Tuttavia, vista la sua precisazione che l’unità è stata raggiunta negli ultimi undici mesi, è lecito domandarsi se «questa volontà di collaborare» possa sopravvivere a un eventuale cambio di primo ministro.