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Esclusiva

Marzo 18 2022.
 
Ultimo aggiornamento: Maggio 1 2022
Le emozioni congelate dei bambini di Kiev

Dall’inizio della guerra in Ucraina, più di 75 mila bambini sono diventati rifugiati. Le voci delle famiglie e degli operatori delle Ong

Un treno nero scivola lento nel fragore delle bombe, come uno spettro. Nel vagone di prima classe, mamma Galyna e le piccole Myroslava, 6 anni, e Olesia, 5 anni, scappano da Kiev ammassate tra corpi, valigie e lacrime. Ci vogliono diciassette ore per abbandonare i giocattoli nella cameretta, le notti gelide nel rifugio e il caos della stazione. Il lamento delle sirene si conficca nella memoria. «Vivevamo una vita normale. Nel ventunesimo secolo, nessuno in Europa si aspetta una guerra in casa propria». Dal confine ungherese, Galyna e le figlie hanno raggiunto il nonno in Spagna. Sono state fortunate, con loro c’è il papà, è straniero e ha lasciato l’Ucraina. Là, invece, è rimasto Danilo, il figlio maggiore. Ha diciotto anni.

Nella nuova casa, le sorelle guardano un cartone animato. Olesia ride, ha la bocca sporca di cioccolato. Myroslava stritola la mamma di baci e abbracci. Nella vita di prima andava a scuola e amava la matematica, ma ora che la guerra ha interrotto le lezioni imparerà lo spagnolo. Da grande vuole diventare una ballerina, a Kiev frequentava un corso di danza con Olesia, che aspetta ancora il regalo di compleanno di un’amica. «Se mi chiedono, rispondo che forse torneremo, ma ora non lo so. Perché la verità è che non lo so».

Le emozioni congelate dei bambini di Kiev
Sloneczka – Photo credits: Paulina Byczek e Klaudia Kopczynska

Nella stazione di Varsavia, le fotografe polacche Paulina Byczek e Klaudia Kopczynska hanno allestito un tavolo con fogli, pennarelli e caramelle per intrattenere i bambini in fuga dalla guerra. Il progetto si chiama “Sloneczka”, che significa “piccoli soli” perché, spiega Paulina, «i bambini sono luce, e dovremmo lasciarli brillare». Nei disegni, i piccoli hanno espresso liberamente emozioni e sogni. Victoria, 4 anni, ha disegnato tanti cuori rosa e vuole l’amore, anche se è invisibile. Milana, 4 anni, l’occhio ferito dallo scoppio di una bomba, vuole diventare un dottore. Misha, 7 anni, ha riempito il foglio di arcobaleno: «Stringeva forte i pennarelli e calcava sulla carta per spingere fuori le emozioni. Dopo respirava profondamente, si è liberato». David, 8 anni, non ha dimenticato le bombe e i carri armati. Evelina, 8 anni, ha immaginato Putin e l’Ucraina come due smile che battono il cinque. È scappata con la mamma, che all’improvviso è scoppiata in un pianto disperato. Evelina le ha accarezzato i capelli e asciugato le lacrime. «La figlia è diventata la mamma, e la mamma è diventata la figlia». C’è anche Emina, 3 anni, che sogna prima gli unicorni, e poi la pace. Paulina racconta che «la stazione, oggi, non è la stessa di due settimane fa. È un disastro, è inimmaginabile, il numero delle persone è aumentato tantissimo».

Le emozioni congelate dei bambini di Kiev
Sloneczka – Photo credits: Paulina Byczek e Klaudia Kopczynska

Dall’inizio dell’invasione russa, secondo l’Onu il numero degli ucraini in fuga ha raggiunto circa i 3 milioni di persone e continuerà a crescere. James Elder, portavoce dell’agenzia Onu per l’infanzia Unicef, ha dichiarato che «più di 1,5 milioni di bambini sono fuggiti dal paese. In media, ogni giorno in Ucraina dall’inizio della guerra, più di 75.000 bambini sono diventati rifugiati». Significa 55 bambini al minuto, quasi uno al secondo. L’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) indica che la maggioranza dei profughi ha raggiunto la Polonia (quasi 1,8 milioni di persone), la Romania (più di 422.000) e la Moldova (quasi 340.000).

Fondamentale, nel momento di grandi tensioni diplomatiche, il ruolo delle Ong. In Polonia, Soleterre ha organizzato un ponte aereo per evitare l’interruzione delle cure dei bambini malati oncologici. Alessandra Radaelli, responsabile del programma salute globale, spiega che «le famiglie, che affrontano viaggi lunghi e difficili, nei centri di accoglienza riposano e ricevono un pasto caldo, medicine e schede telefoniche». Spesso sono famiglie spezzate: «Per assicurare la continuità delle cure al figlio più grande, una mamma è stata costretta a lasciare il figlio più piccolo in Ucraina con la nonna». I contatti sono irregolari, la sorte dei parenti è incerta, non sanno se sono vivi o morti.

Le emozioni congelate dei bambini di Kiev
Una bambina riceve cure in un ospedale di Kiev – Photo credits: Oleksandr Ratushniak

A Siret, città di confine della Romania, Save the Children distribuisce beni di prima necessità e ha allestito una tenda di animazione per permettere ai bambini di lasciare da parte i loro dolori. «Qui tornano bambini, almeno per un momento» spiega l’operatrice Giovanna Di Benedetto. «Le emozioni della maggior parte di loro sono congelate, molti non parlano più». La sofferenza psicologica si osserva proprio nel blocco comunicativo: «Hanno vissuto un dolore troppo grande. Hanno perso genitori, fratelli, amici. Non hanno più nessun punto di riferimento». Alcuni vivono la guerra da otto anni, non hanno conosciuto altro che violenza e disperazione, e non dimenticheranno gli ultimi giorni di sirene e bombardamenti.

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L’ingresso dei profughi a Siret, in Romania – Photo credits: Unicef Press

«Nella tenda dell’animazione ho conosciuto un bambino, aveva qualcosa in mano. Per fare amicizia gli ho chiesto cosa fosse, ma lui ha sgranato gli occhi e ha urlato: “Carro armato! Sta arrivando il carro armato!”, e poi è scoppiato in lacrime» racconta Stela Vasluian, direttrice locale dell’Associazione Amici dei bambini in Moldova. «Anche nel gioco, vivono momenti duri, perché in tutto ritrovano i ricordi della guerra».

Le emozioni congelate dei bambini di Kiev
Tenda di intrattenimento in Moldova – Photo credits: Siegfried Modola

La maggior parte dei bambini che raggiungono i confini sono accompagnati da un adulto, solitamente dalla madre o da altre parenti donne, perché i padri sono rimasti in patria a combattere. «Sono molte le mamme che accompagnano non solo i propri figli, ma anche quelli di amici o parenti» aggiunge Stela. Eppure Giovanna, l’operatrice di Save the Children, denuncia un aumento di bambini e bambine che attraversano i confini senza genitori. «I motivi principali sono due: i bambini sono affidati a parenti o amici o si smarriscono nella concitazione della fuga». Ma ciò che soprattutto preoccupa le Ong presenti sul territorio, è la presenza di minori non accompagnati. «Le associazioni delle Nazioni Unite si stanno attivando per fronteggiare il problema» spiega Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia. «Bisogna provvedere al ricongiungimento familiare. Noi cerchiamo di ricostruire i legami cercando genitori, parenti o amici tra i confini. È fondamentale evitare la separazione familiare, perché rischia di rendere i bambini vittime di violenza, sfruttamento sessuale e tratta».

Le emozioni congelate dei bambini di Kiev
Una bambina in Polonia – Photo credits: John Stanmeyer

«I bimbi sono sempre i più vulnerabili e pagano il prezzo più alto», così ha commentato Giovanna di Save the Children il numero dei minori morti in queste settimane. Finora, sono 109 i bambini uccisi nel conflitto. A Leopoli, l’installazione artistica “Il prezzo della guerra” ha ricordato in piazza «quei bambini diventati angeli», come ha scritto su Telegram il sindaco Andri Sadovy, con centonove carrozzine e passeggini vuoti.

Le emozioni congelate dei bambini di Kiev
L’installazione “Il prezzo della guerra” a Leopoli