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Esclusiva

Dicembre 19 2022
Il pagellone di Zeta al Mondiale

I voti della redazione a Qatar 2022, sempre aggiornati per seguire tutto quello che accade nella competizione. Dentro e fuori dal campo

In questa pagina trovate le nostre pagelle dei Mondiali in Qatar, fra protagonisti, avvenimenti politici e gesti tecnici. Le abbiamo aggiornate giorno per giorno, ricercando il meglio e il peggio del torneo dentro e fuori dal campo. Queste sono le pagelle finali.

0 – L’Infantino trasformista

I Black Eyed Peas hanno avuto paura fino all’ultimo. Cosa avrebbero fatto le star della cerimonia d’apertura se, quel giorno, Gianni Infantino si fosse svegliato un po’ cantante? Sarebbero tornati a casa senza intonare una nota? Li avrebbero almeno pagati? Il riferimento è all’agghiacciante conferenza stampa della vigilia, in cui il Presidente della Fifa sosteneva di sentirsi «gay», «disabile», ma anche «lavoratore migrante», «africano» e via di seguito. Gli è mancato «I feel like a woman», forse era troppo citare il brano di Shania Twain. Un modo goffo e irrispettoso per far finta che questo Mondiale valesse la pena di essere giocato così. Però in versione pop star l’avremmo voluto vedere.

1 – La partita inaugurale

Qatar-Ecuador. Novembre. Il deserto. Le polemiche precedenti la partita inaugurale dei Mondiali. Il livello di gioco offerto. Per tutti questi motivi Qatar-Ecuador è stato uno dei peggiori inizi della storia della Coppa del Mondo. Nel deserto di Doha per un tempo i padroni di casa hanno raccolto figuracce tecniche in sequenza, lasciando però una certezza: la sorpresa della competizione non sarebbero stati loro. Anzi: con zero punti e sette gol subiti sono diventati la peggior squadra ospitante della storia della competizione.

2 – La generazione d’oro del Belgio

Due come il posto che occupano nel ranking Fifa. Una “generazione d’oro” mai sbocciata, il cui unico picco fu il terzo posto ai Mondiali di Russia 2018. Da possibili underdog a un’uscita ignominiosa. Le voci di crisi e contrasti sono state prontamente sementire, ma quando escono non è mai il segnale di un ambiente sano: Hazard contro Trossard, Lukaku che fa da paciere, ma litiga con Batshuay per il posto da titolare, salvo condannare la squdra sbagliando tre occasioni colossali con la Croazia. Il più polemico De Bruyne, che ai microfoni del Guardian dichiara apertamente: «Siamo troppo vecchi per vincere». Frase subito rintuzzata dal portiere Courtois, che col centrocampista del City non parla dal 2012 dopo avergli portato via la fidanzata. Storia di una morte annunciata.

3 – La Germania

Potevamo dare un voto alto alle sorprese – tante – di questa edizione, ne daremo uno basso a una delle cause. Il livello della Germania è stato così basso che a un certo punto la speranza nazionale   era Niclas Füllkrug, centravanti del Werder Brema soprannominato “buco” perché gli manca un dente. Troppo bello per essere vero, troppo poco per salvare una nazionale alla deriva, dominata da una generazione che teme di diventare «quella dei fallimenti». Campioni del mondo, poi fuori ai gironi e ancora fuori ai gironi. Il prossimo passo? Noi italiani ne sappiamo qualcosa.

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4 (-1) – La fine di Cristiano Ronaldo

CR4. Avete letto bene, non 7. Né 5. La stella del Portogallo è diventata una cometa, eclissata dalla sua stessa ombra. Doveva essere il totem della sua nazionale, caricarsela sulle spalle in questa ultima danza, e invece si è dimostrato un ingombro anche a casa propria. Le smorfie in panchina, un gol con il Ghana, i deprimenti capricci per chiederne un altro su una palla che non aveva toccato, contro l’Uruguay. E alla fine i pianti per l’uscita con il Marocco, ultimo atto prima di scaricare la sua claque, dalla compagna ai parenti, contro il c.t. Santos. Che brutta fine. Non del suo Mondiale, ma della sua era. Stiamo invecchiando: Cristiano Ronaldo non sarà mai più un eroe del nostro calcio. Lo certificherebbe il suo passaggio all’Al-Nassr, sempre più probabile, dato che in Europa non lo vuole più nessuno.

5 – I commenti di Adani

L’incontinenza espressiva di Lele Adani è diventata un caso nazionale. Un po’ negromante, un po’ medium: la seconda voce delle telecronache di Stefano Bizzotto si è lasciata trascinare da un entusiasmo eccessivo durante Argentina-Messico. «Ha parlato Messi, io ho solo trasferito», così ha giustificato le sue urla sguaiate sull’ammiraglia della tv di stato. «Lo abbiamo nominato 10 minuti fa, con Diego dentro tutto è possibile»: tra un riferimento di troppo allo spirito di Maradona, quasi a volerlo evocare, ed esultanze in postazione con tanto di bandiera argentina stretta nel pugno, la performance non richiesta di Adani è stata mal digerita dai telespettatori. Non vogliamo immaginare i poveri messicani che vivono in Italia.

6 – Luis Enrique streamer

All’ormai ex c.t. della Spagna Luis Enrique non piacciono i giornalisti. Almeno quelli spagnoli, loro e l’amore che nutrono per la polemica. Per poter parlare senza filtri durante questo mondiale, allora, si è inventato streamer di Twitch. No, non è un’occasione per parlare finalmente di pallone, ma per fare lo spaccone e rispondere alle domande più bizzarre che gli internauti hanno per lui. Ed è bellissimo, oltre che una rivoluzione nel modo in cui i protagonisti comunicano con il pubblico.

-Mister, boxer o slip?

-Tanga

Mondiali qatar pagelle

7 – Il Circolo dei Mondiali

Finalmente un talk show dove non si grida. Il post-partita della Rai è una trasmissione fatta bene, con intelligenza e l’audacia di portare ospiti che non vengono dal mondo del calcio. Alessandra De Stefano è una grande padrona di casa, Sara Simeoni detta il ritmo con il suo tono leggero, Jury Chechi è molto preparato. Punti in più per avere avuto il coraggio di denunciare con forza quello che sta accedendo in Qatar. Non era scontato per una tv che ha pagato tanto per avere i diritti in esclusiva.

8 – Le proteste per i diritti umani

Si attendeva la protesta e, tra divieti, minacce e inviti, alla fine i gesti di dissenso non sono mancati. Da quelli più provocatori, come Miss Croazia che si presenta sugli spalti in top a quadretti bianco-rossi, in barba al dress code qatarino, alla protesta della nazionale tedesca, che dopo il divieto della Fifa di indossare la fascia One Love a supporto dei diritti della comunità Lgbtq fa la foto di squadra con la mano davanti alla bocca. Per qualcuno è stato troppo poco, ma i tedeschi a differenza di altri qualcosa hanno fatto. Sicuramente avranno apprezzato i tifosi del Galles cacciati dallo stadio per aver indossato la bandiera arcobaleno. I più coraggiosi, forse, i calciatori dell’Iran che non cantano l’inno della repubblica islamica in solidarietà con chi nel paese scende in piazza per i diritti delle donne, gli stessi che vengono difesi sugli spalti dai tifosi Iraniani con le magliette di Mahsa Amini e le bandiere persiane con la scritta «Women, Life, Freedom».

9 (+2) – Il Marocco da record

Eravamo partiti da un 7, come i punti conquistati nel Gruppo F, che hanno reso il Marocco la migliore africana di sempre in una fase a gironi di un Mondiale, lo alziamo a 9 dopo la semifinale. I ragazzi di Regragui sono la luce di una generazione, la speranza di un’Africa che ha visto per la prima volta una propria nazionale di calcio in semifinale. La dimostrazione ai giovani, in casa o emigrati in giro per il mondo, che anche un africano può fare grandi cose. Lo cantano pure i ragazzi delle piazze di tutta Italia. Nati qui, da genitori marocchini, festeggiano un’identità usando i dialetti delle città che li ospitano. La Francia è stata troppo, ma a fare festa è stato comunque il Marocco.

10 (+2) – Leo Messi, guida spirituale

Gli hanno detto che spariva nei momenti che contano, figuriamoci nelle finali. Hanno imputato i suoi successi al contesto in cui si trovava, ma hanno addossato su di lui tutti i fallimenti. Lo hanno chiamato pecho frío, rammollito. Lo hanno obbligato a lasciare la selección prima di organizzare manifestazioni multitudinarie per farlo tornare. Poi è diventato condottiero e gli hanno insegnato la morale e spiegato la sportività dalle scrivanie. Dietro il nulla cosmico di queste discussioni, c’è Leo Messi, che ha tagliato dalla lista anche l’ultima scusa per criticarlo. Il Mondiale è suo, della guida spirituale, oltre che tecnica, dello spirito competitivo che Maradona gli ha mandato dal cielo. Contro l’Olanda è stata un’esibizione di tempra e calcio puro, con la Croazia ha dipinto serpentine impossibili, nella finale ha preso un Paese sulle spalle e l’ha portato sul tetto del mondo. Non ci sono più scuse: è Leo il nostro diez.