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Esclusiva

Febbraio 24 2023
Un anno dopo Davide resiste ancora contro Golia

Alla Luiss professori, analisti e giornalisti ragionano sullo sviluppo, le strategie e le prospettive della guerra in Ucraina

«Un anno fa, di fronte alla violazione di qualunque legge internazionale nessuno pensava che Davide potesse battere Golia. Dopo un anno io penso che l’Ucraina abbia già vinto perché ha ritrovato la propria unità: chi è rimasto vuole costruire un nuovo Stato incardinato sui valori europei». La voce è quella di Stefania Battistini, giornalista del TG1 che fin da prima dell’inizio dell’invasione russa racconta ogni giorno realtà, storie, atrocità ed eroismi della guerra in Ucraina. Da Bakhmut, mentre si sta spostando a causa dell’offensiva russa nel Donabss, Battistini si collega con gli studenti della Luiss presenti all’evento “Ucraina un anno dopo”. La giornalista riflette sull’esperienza di un anno di reportage partendo dallo scetticismo inziale diffuso in Europa sull’effettiva possibilità che quella guerra, di cui oggi ricorre il primo anniversario, potesse effettivamente scoppiare. «È un anno di una guerra che non ci aspettavamo, quando arrivammo in Ucraina lo scorso febbraio non avevamo nemmeno i giubbotti antiproiettile». Poi l’attacco all’alba del 24 febbraio 2022, i missili sulle città, milioni di profughi e le truppe russe alle porte di Kiev. Sembrava la fine, ma ben presto qualcosa nei piani di Putin va storto e le truppe russe si ritirano dal cuore dell’Ucraina. «Abbiamo cominciato a capire che qualcosa poteva cominciare a cambiare l’11 marzo, quando è cominciata a girare l’immagine di un carro armato russo trainato da un trattore ucraino», racconta la reporter. «Subito dopo sono seguite le notizie sulle mancanze logistiche dell’esercito russo. Il 31 di marzo sono entrata a Irprin per testimoniare i crimini commessi dagli occupanti russi».

Un anno di guerra. Dovrebbe far paura a dirlo solo a pensarlo, invece il conflitto in Ucraina è diventato parte delle nostre vite. «L’Invasione russa in Ucraina come altre crisi ha rappresentato una discontinuità importante. Pensavamo che fosse impensabile una guerra non alle porte ma in Europa. Ci ha colti impreparati come la pandemia. Uno dei doveri dell’università è insegnare agli studenti ad affrontare la discontinuità, a disimparare le analisi fatte fino a quel momento». È il commento con cui il rettore della Luiss Guido Carli, Andrea Prencipe, apre l’evento. La discussione che segue è serrata e si pone l’obiettivo di affrontare l’argomento da tutti i punti di vista possibili.

Il punto di partenza non può che essere lo scenario attuale, non solo quello sul terreno, ma anche quello dei rapporti internazionali. «La posta in gioco è la sopravvivenza dell’Ucraina, ma anche i nuovi equilibri di un mondo che non è più unipolare e in cui anzi arrivano sempre più spinte divergenti da Mosca e Pechino». Il commento è di Raffaele Marchetti, prorettore per l’Internazionalizzazione della Luiss, che poi si sofferma sui possibili scenari futuri. «Quello più ovvio è un prolungamento della guerra che dissanguerà sia la Russia che l’Ucraina e il cui proseguimento dipenderà anche da eventuali cambi di regime a Mosca e da come si comporterà l’amministrazione americana che vincerà le elezioni del 2024».

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A pianificare quello che dovrà avvenire quando il conflitto finalmente finirà è il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che in video collegamento sottolinea innanzitutto: «L’Italia è impegnata secondo una logica di responsabilità a sostenere la lotta del popolo ucraino per la sua sopravvivenza», ma anche a pianificare il sostegno alla futura ricostruzione del paese: «Già oggi ci sono molte opportunità di collaborazione con aziende ucraine, ma ciò che serve è un piano Marshall per ricostruire un’Ucraina dove si stanno difendendo i valori europei e che presto vedremo nella casa comune dell’Europa».

Proprio L’Europa è chiamata a fare di più di quanto fatto finora, nonostante le decine di miliardi di aiuti militari e umanitari inviati finora a Kiev. «Purtroppo il processo decisionale della Ue è lento perché tutte le decisioni vanno prese all’unanimità. Questo significa che anche un paese di 10 milioni di abitanti come l’Ungheria, che fa propaganda filorussa all’interno dell’Unione, ha tenuto in ostaggio il rinnovo delle sanzioni perché voleva che fossero rimossi dalla lista quattro oligarchi russi. Ma guai a cedere a una richiesta simile», è il monito di Sergio Fabbrini, Direttore del dipartimento di Scienze Politiche della Luiss. Dall’altro lato l’Europa deve stare attenta a non lasciare che la gestione di un conflitto «dietro la porta di casa sua» venga affidata solo all’azione degli Stati Uniti, il cui presidente Biden ha appena partecipato alla riunione dei Nove di Bucarest, ovvero i nove paesi – europei – del fianco est della Nato. «O dovremmo dire gli Otto di Bucarest, visto che anche qui l’Ungheria non si è fatta vedere». Un atteggiamento che sarà possibile solo se si eviterà la tentazione di cedere alle narrative che spingono per un compromesso che salvi la faccia a Putin, non da ultimo chi vorrebbe allentare le sanzioni perché “non funzionano”. «Chi dice che le sanzioni economiche non servono a niente deve guardare le statistiche. Non abbiamo casi empirici di sanzioni economiche che buttano giù un regime dalla notte alla mattina. L’effetto è di medio periodo e già oggi si sente all’interno della Russia», il commento secco del Professore.

Perché questo avvenga un ruolo chiave è quello rivestito dal settore dell’informazione: «Dal punto di vista mediatico è già la terza guerra mondiale», afferma Francesco Giorgino, direttore del Master in comunicazione politica della Luiss e coorganizzatore dell’evento insieme al Master in Giornalismo diretto da Gianni Riotta. La peculiarità mediatica del conflitto è l’effetto «real time» possibile grazie alla diffusione capillare dei social anche all’interno del paese invaso. Un peso decisivo nell’aggregazione del consenso sono proprio le capacità comunicative del presidente ucraino Volodymir Zelensky, che «ha rivoluzionando i paradigmi comunicativi usando solo lo smartphone, grazie alla capacità di servirsi di tutti i social media in maniera crossmediale. Zelensky si è rivolto al mondo intero dipingendo da subito l’Ucraina come il paese più debole aggredito. Il leader Ucraino ha una comunicazione orizzontale con tutte le componenti della società. Quella di Putin invece è calata dall’alto e anche quando sembra parlare al mondo parla solo ai russi».

Tutto dipende però dalla situazione sul campo. «Per il momento abbiamo un punto di equilibrio tra la qualità Ucraina e la quantità di Mezzi messi in campo dai Russi. Come affermava lo stratega francese del XIX secolo Jomini, le guerre si vincono con i mezzi e la logistica. Dall’altro lato conta anche lo “Spirito” del barone Von Klausewitz, tradotto nelle maggiori motivazioni e nella maggiore capacità operativa degli ucraini». La sintesi è del Colonello Francesco di Santo, direttore della Rivista Militare. Due aspetti che però non sono davvero separati: «Il terreno è fondamentale per il morale di chi lo conquista e di chi lo difende». A un anno dall’invasione l’Ucraina cerca di contenere l’ondata umana lanciata da Putin per cercare di arrivare ai confini del Donbass, in attesa che arrivino dall’Occidente carri armati moderni e armi a lungo raggio per contrattaccare. La fine del conflitto sembra tutt’altro che prossima. «Non ci sarà un negoziato finché non ci sarà una risposta chiara dal campo», chiosa il direttore del Master in Giornalismo e Comunicazione multimediale Gianni Riotta. «Per questo il governo italiano e l’Europa fanno bene a proseguire con gli aiuti militari all’Ucraina. Senza il continuo sostegno dell’Occidente la resistenza non reggerebbe».