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Esclusiva

Febbraio 24 2023
Una guerra lunga nove anni

Lo storico Andrea Graziosi ripercorre l’excursus della battaglia tra Ucraina e Russia, chiarendo qual è sempre stato il programma di Putin

A un anno dall’inizio della guerra, ci si chiede qual è il futuro della battaglia in corso. Secondo lo storico Andrea Graziosi bisogna tornare sul «singolo evento più importante che si è forse verificato nel febbraio 2014» per capire la situazione attuale, per indagare gli obiettivi della Russia. «Putin stava allora celebrando il trionfo delle olimpiadi di Sochi, sicuro ormai di controllare l’Ucraina attraverso un suo fedele, Janukovyč, come faceva in Bielorussia con Lukašėnko. Pensava insomma di avere già ripreso il controllo dell’Ucraina. Mentre celebrava il suo trionfo, Janukovyč è dovuto scappare e Putin si è ritrovato di fronte alla “perdita” dell’Ucraina. Ecco perché ha subito ordinato l’occupazione della Crimea e dopo ha scatenato i separatisti del Donbas. La guerra inizia allora, non nel 2022, come ci ricordano l’aereo abbattuto dai filorussi o l’intervento dell’esercito russo nel Donbas, dove gli agenti di Putin stavano per essere sopraffatti perché la maggioranza della popolazione del Donbas, al contrario di quella della Crimea, era ostile all’annessione alla Russia».

Graziosi indica febbraio, come periodo chiave per comprendere le strategie della Russia. Il presidente russo sceglie il 21 febbraio per parlare della “situazione economica e sociale”. Per lo storico, il discorso del presidente russo previsto al Gostiny Dvor, un centro congressi nel centro di Mosca, non può essere una coincidenza. «Non è un caso che si è poi deciso di lanciare la “operazione militare speciale” nel febbraio 22 e che sia stato annunciato un discorso importante per il 21 febbraio di quest’anno».

Il susseguirsi degli eventi nello stesso momento storico è una conferma: «l’idea che la Russia si dovesse staccare dall’Occidente e che per farlo dovesse recuperare l’Ucraina e la Bielorussia era insomma presente già venti anni fa. É stata l’idea che l’Occidente inteso come unione tra Stati Uniti e Europa fosse in crisi a convincere Putin che si poteva agire. Probabilmente il presidente russo non ha solo percepito una debolezza occidentale, ma ha anche ritenuto che i poteri nel mondo fossero oramai altri e che convenisse alla Russia inserirsi in questo mondo nuovo come centro di un suo sistema: il “mondo russo” appunto».

In questo quadro, l’Ucraina si difende, da un Paese come la Russia che ha sempre respinto. «L’esperienza diretta fatta dagli ucraini della vita in Russia e in Europa» può chiarire molti aspetti. «Se si parla con gli ucraini sorprende la loro coscienza della differenza tra queste due vite. Fino alla fine degli anni 90 molti ucraini sono andati a lavorare in Russia perché lì c’erano i soldi del gas e del petrolio e non si poteva venire da noi. Poi invece hanno avuto questa opportunità e hanno maturato una preferenza cosciente e crescente per la vista a ovest. Naturalmente ha contato anche la crescente realizzazione dell’importanza e delle dimensioni dell’Holodomor del 1933, la grande carestia che fece quattro milioni di morti in pochi mesi. Malgrado essa fosse il prodotto di politiche socialiste, poiché queste erano decise a Mosca è stato semplice associarle a una immagine minacciosa della Russia. E ha contato anche la maturazione di un giudizio negativo sull’evoluzione deprimente del regime della Bielorussia e dell’autoritarismo di Putin, che ha impaurito molti.  L’idea di dover vivere in un regime duro e autoritario non è piaciuta. Tutto questo, e altro, ha spinto gran parte degli ucraini a non voler condividere il loro futuro con la Russia di Putin, un sentimento acuito dalla guerra del 2014».

Una guerra lunga nove anni

Putin ha da sempre inneggiato l’autoritarismo, l’imposizione della propria volontà. Nonostante questa certezza, non si esclude la nascita di un’ideologia diversa che contrasta quella esistente del presidente russo. «Esiste già in Russia una narrativa contraria, anzi più d’una. Putin pensa a un mondo russo autoritario, centrato su Mosca, e abitato da popoli non solo russi e una parte della popolazione certo lo segue anche se oggi è difficile capirne l’ampiezza, dato l’altissimo livello di controllo e repressione. C’è anche un oppositore, Navalny, che è in prigione e che ha idee diverse e ci sono centinaia di migliaia di russi che si sono rifugiati all’estero. Ci sono insomma visioni alternative: anche quando è caduto il fascismo non mancavano gruppi di italiani con visioni alternative.  Ovviamente non è detto che le narrative anti-Putiniane siano di regola filo-europee. Potrebbero aspirare a una Russia più democratica, o più aperta e liberale, o anche ancora più nazionalista. Mi sembra però che attualmente il controllo di Putin sullo Stato russo sia molto solido e forse le cose potrebbero cambiare solo con la sconfitta di Putin o la sua morte, come è successo in Spagna o in altri Paesi».

La Russia sembra essere lontana dal “destino” degli altri Paesi, almeno allo stato attuale e, infatti, non arretra, ma avanza, vuole continuare «la propria guerra fino alla vittoria». Nei suoi programmi, spiega lo storico, quasi sicuramente rientra «l’intero Donbas, o la frontiera sul fiume Dnipro, o persino Odessa e tutta la costa. «Gli obiettivi militari e politici implicano ancora, quindi, prendere buona parte dell’Ucraina, e non credo che una guerra di lunga durata, se favorevole, spaventi Mosca. Solo una sconfitta militare della Russia potrebbe risolvere positivamente la situazione, ma non è semplice. La Russia è più di tre volte più grande dell’Ucraina in termini di popolazione, economia e risorse finanziarie, e ha un grande arsenale nucleare, che impedisce agli altri di intervenire direttamente. Gli ucraini sono stati eroici e sono stati certo aiutati dagli Stati Uniti e dalla Unione Europea, ma sono comunque loro a combattere. Bisogna aiutarli e sperare che reggano e vincano, per quanto si può».

Leggi anche in inglese: A nine-year-long war