Esclusiva

Gennaio 12 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Gennaio 13 2024
Enea, Pietro Castellitto mette in scena la violenza di Roma nord

La pellicola è stata presentata al pubblico l’11 gennaio al Cinema Troisi di Trastevere. In sala anche il regista accompagnato dal padre e dal cast

Entrando all’interno del Cinema Troisi di Trastevere, basta guardarsi intorno per incontrare tantissime celebrità italiane. Silvio Muccino, Christian De Sica, Edoardo Ferrario, Paolo Calabresi e la giornalista Cecilia Sala sono tutti seduti tra gli spettatori la sera dell’11 gennaio per l’uscita nei cinema di “Enea”, il secondo film di Pietro Castellitto.

L’intera famiglia siede ai primi posti della fila F. Il padre Sergio, invece, è accanto a Pietro, insieme al cast, con le spalle rivolte allo schermo. Sullo sgabello a sinistra c’è Matteo Branciamore, interprete conosciuto soprattutto per il ruolo di Marco nella serie tv “I Cesaroni”, ma in questo film bisogna fare uno sforzo particolare per riconoscere il bravo ragazzo della fiction. Accanto a lui Adamo Dionisi, Giordano nel film, che ha cominciato la sua carriera da attore in carcere all’inizio degli anni Duemila e ha già recitato in grandi film come Dogman, Pasolini di Abel Ferrara e Suburra. Poi i tre protagonisti: Giorgio Quarzo Guarascio (il cantante Tutti Fenomeni, ndr.) che interpreta Valentino, Benedetta Porcaroli nei panni di Eva e Pietro, l’Enea del film. Infine, il produttore Lorenzo Mieli, che crede nel giovane regista, seguito da un padre e collega orgoglioso.

La trama del film è essenziale, Castellitto descrive un preciso stile di vita: quello dei ragazzi di Roma nord. Ci sono il circolo, il tennis, le AirPods sempre nelle orecchie, le sigarette elettroniche e la cocaina. La madre di Enea è alla “ricerca di una filippina” per pulire casa e «se avete frequentato persone di Roma nord sapete che sono sempre alla ricerca di una filippina», dice una spettatrice alla fine della proiezione. I personaggi non escono mai dal quartiere. Le discoteche che frequentano sono La Villa Sublime e, soprattutto, il Sanctuary, che per i ragazzi della zona è comune frequentare.

Due anni fa Pietro fu criticato per un’intervista su Sette, il settimanale del Corriere della Sera in cui diceva «Non credo esista un posto più feroce, chi è cresciuto a Roma nord ha fatto il Vietnam». Qui questo concetto è reso più chiaro. I personaggi nelle scene che si svolgono all’interno della discoteca sono impossibili da scorgere a causa dei fumogeni rossi che il regista usa. Una scena che ricorda la sequenza finale di “Full metal jacket”, nebbia fitta e colori accesi, violenza e incendi. Come i ragazzi americani degli anni Sessanta e Settanta dovevano sopravvivere nel paese asiatico, Enea e tutta la sua generazione cercano di uscire vivi dalla loro condizione.

L’analogia continuava con «Roma nord è un mondo dove la voglia di potenza, bellezza, soldi e successo sono ancora in voga». Tutti concetti che il regista riprende nel film. Castellitto però non vuole parlare solo a chi gli è vicino: «Spero che piaccia a gente di qualsiasi estrazione sociale, classe, provenienza e lavoro, perché vorrebbe dire che ho fatto un film vitale e non ideologico», dice a Zeta dopo il dibattito.

Dopo la proiezione del film tra il pubblico c’è chi sorride, chi è commosso e non manca qualche sguardo interrogativo. «Non capisco perché non si veda alcun bacio eccetto l’ultimo», dice una spettatrice mentre percorre il corridoio verso l’uscita dalla sala. Il ragazzo che era con lei aggiunge: «la trama è inesistente, sembra più un unico monologo che Castellitto fa attraverso tutti i personaggi, e questo lo rende ancora più bello». Un uomo di mezza età si ferma davanti alle porte della sala e interviene nella conversazione: «Per Enea la famiglia è unita solo dal rimorso, questa è l’amara consapevolezza che il regista porta avanti dalle prime battute del film».

C’è poi anche chi, pur apprezzando la pellicola, ha trovato «paradossali dei passaggi ed eccessivi alcuni personaggi». La sceneggiatura di Pietro estrema lo è, ma niente di tutto ciò è anomalo. Il film è intenso, innovativo ed esagerato, proprio come lo stile del suo regista che, con la sua cravatta giallo limone annodata male sopra la t-shirt, cattura il pubblico con dialoghi intrisi di un’ironia malinconica.