Esclusiva

Gennaio 19 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Gennaio 21 2024
Gli scavi di Pompei arrivano a Seoul

I reperti archeologici dell’antica città campana in mostra in Corea del Sud per i 140 anni dei rapporti diplomatici

Passeggiando per le vivaci strade di Seoul, tra le abitazioni tipiche dell’estremo oriente, le pagode e i tradizionali teatri, da qualche giorno è possibile ammirare i reperti archeologici della città di Pompei.

Circa 130 opere d’arte, compresi affreschi, statue e ritrovamenti fossili dell’era greco-romana, sono arrivati nella capitale coreana per la mostra dedicata all’antica città campana. 

Il progetto è il primo di una lunga serie, organizzato dall’Istituto italiano di cultura di Seoul in collaborazione con il Museo archeologico di Napoli per il 140° anniversario dei rapporti diplomatici tra Italia e Corea del Sud. Dal 13 gennaio, l’esposizione ha sede allo Hyundai Seoul, uno dei grandi centri di aggregazione culturale, in cui si trovano cinema, teatri, biblioteche e gallerie d’arte.

L’Ambasciatrice d’Italia a Seoul, Emilia Gatto, racconta com’è nato il progetto che ha come protagonista Pompei: «L’idea è molto attrattiva per i cittadini coreani, poiché hanno una grande sensibilità per la cultura. Anche se il focus dell’istruzione è spostato ad oriente, l’Italia nelle sue manifestazioni artistiche è conosciutissima. Stiamo pensando a progetti che raccontino le opere di Leonardo e Caravaggio. La Corea ci vede come una potenza culturale, sa che abbiamo un grande patrimonio immateriale e il maggior numero di siti UNESCO, oltre a vantare tanti premi Nobel anche nell’ambito scientifico e dell’alta tecnologia».

Esiste una grande affezione per la storia e la lingua del nostro paese in oriente. Alla Hankuk University di Seoul è presente un dipartimento di italiano, e a Busan – seconda città più popolosa dello Stato – è attivo un centro studi.

Gli scavi di Pompei arrivano a Seoul

L’interesse per il mondo orientale è cresciuto anche in Italia. Gatto e l’ambasciatore sudcoreano Seong-ho Lee, in collaborazione il Center for International and Strategic Studies della LUISS, si stanno occupando della pubblicazione di una raccolta di articoli che regalano uno sguardo diverso sull’excursus dei rapporti culturali tra Italia e Corea, grazie agli esperti di entrambi i paesi. Le iniziative che diffondono la cultura coreana sono sempre di più, in particolare a Roma. All’Istituto coreano della città, solo nel 2023, si sono registrati più di 1400 iscritti al corso di lingua, numeri mai visti prima. Corsi di grafia Hangeul, cucina e danza tradizionale sono molto popolari in Italia.

La giornalista de Il Foglio Giulia Pompili, esperta di Asia, ha analizzato questo fenomeno: «Stiamo assistendo a un perfetto esempio di soft power: i prodotti culturali sudcoreani funzionano perché per anni in Corea del sud hanno studiato quello che ci piace, e l’hanno integrato con quello che piaceva anche a loro. Il resto l’ha fatto internet e la promozione da parte del governo dei suoi talenti in chiave politica».

I giovani italiani sono attratti dagli investimenti nel settore tecnologico, nonostante la Corea era ritenuta retrograda fino a poco tempo fa sotto vari aspetti. Oggi, invece, incarna il prototipo di digitalizzazione: dai videogame agli eSport, al panorama gastronomico, tutto è al passo coi tempi. Per Pompili questa crescita ha vari fattori: «Primo tra tutti il sistema economico unico sudcoreano, costituito dai chaebol, conglomerati economici influenti anche dal punto di vista istituzionale. A favorire questo sono state alcune dinamiche azzeccate in passato, come l’investimento sull’industria dei semiconduttori. L’ultimo fattore, forse quello più importante, è l’aspetto culturale: la voglia e il desiderio di gareggiare alla pari con il grande competitor, il Giappone».

In Italia si registra una Korean wave, un’ondata coreana, che ha conquistato la generazione Z tra k-pop e k-drama su Netflix. In passato, la Corea era una meta tutt’altro che ambita e accessibile a livello economico, mentre oggi i voli per raggiungerla sono aumentati. Le storie che Giulia Pompili racconta su Il Foglio lo testimoniano: «La Corea mi piace, perché è un paese atipico, ma allo stesso tempo molto simile al nostro. C’è una tradizione che convive con la spinta al progresso e alla riscossa economica. È un paese che vive il suo sviluppo sotto una minaccia costante, quella nordcoreana. Non è estremamente affascinante?».

Quest’anno l’Italia celebra 140 anni di rapporti diplomatici con la Corea. L’anniversario ci ricorda quanto sia fondamentale costruire legami duraturi sul piano internazionale: «È importante strutturare nuove relazioni bilaterali, soprattutto dopo anni in cui ci siamo relazionati solo con Giappone e Cina. Non si tratta soltanto di intensificare l’import-export, ma anche di far muovere la diplomazia, con visite ufficiali e accordi. La Corea del Sud è diventata uno dei paesi chiave dell’Indo-Pacifico, per l’influenza e la crescita a livello globale. Queste celebrazioni alla fine servono a ricordarci quanto sia centrale la diplomazia per chi vive, per esempio, in una famiglia dove ci sono membri di entrambi i paesi».

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