Esclusiva

Febbraio 23 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 4 2024
Madre e figlia, un fiore al confine con la Polonia

Viktoriya Puhachova racconta la tensione vissuta quando la madre Viera doveva arrivare al confine

Pochi giorni dopo l’invasione russa, al confine di Krakovets con la Polonia, fra i tendoni e le file di famiglie che tentavano la fuga dall’Ucraina, Viera Puhachova, 84 anni, aveva con sé l’essenziale. Una giacca non troppo pesante, uno piccolo zaino con i documenti e un trolley per i vestiti. Tra le mani, un fiore. Lo stringeva forte mentre attendeva la figlia che l’avrebbe portata in Italia, lontana dai bombardamenti di Putin. «Mamma, ma che ci fai con questi fiori?», le chiese al suo arrivo. «È l’8 marzo e volevo farti un regalo», rispose Viera.

La figlia Viktoriya Puhachova, che vive e lavora in Italia da vent’anni, ricorda quel momento con occhi lucidi e voce commossa: «Mia madre è una donna straordinaria, è riuscita a stupirmi anche in quell’occasione». Oggi si lascia travolgere dalle emozioni, ma due anni fa le aveva dovute mettere da parte. Mentre i carri armati russi sfilavano nelle strade delle città ucraine, Viktoriya non poteva farsi prendere dalla paura.

La madre Viera era tornata da poco a Kiev dopo una lunga visita a Roma. Per assisterla durante il viaggio, Viktoriya l’aveva accompagnata ed era rimasta con lei qualche giorno. «Si respirava un’aria strana» racconta ripensando a quei momenti a casa con la madre, «la gente parlava di un’ipotetica invasione russa, erano tutti allarmati». Prima di vedere con i suoi occhi la situazione, Viktoriya non voleva credere che ci sarebbe stato un vero attacco: «Non potevo immaginarmelo io, figuriamoci mia madre, russa di origine». Le disse che non era il caso di restare, ma per Viera, figlia della seconda guerra mondiale, nata in Russia e cresciuta con il regime sovietico, era impensabile lasciare la propria casa.

E così, tornata a Roma, quel 24 febbraio Viktoriya doveva trovare un modo per mettere al sicuro la madre, rimasta a Kiev mentre le truppe russe avanzavano. Il piano era di farla arrivare al confine con la Polonia, dove sarebbe andata a prenderla per portarla a Roma. «Prepara velocemente una valigia con i vestiti necessari e uno zainetto con i documenti più importanti, da tenere sulle spalle nel caso il treno dovesse essere troppo pieno» erano le indicazioni di Viktoriya. In quei giorni a Kiev i binari erano così affollati che le persone, pur di salire su un vagone, lasciavano le proprie valigie in stazione. In questa calca Viera riuscì a prendere il treno verso Leopoli, dove la aspettava la migliore amica di Viktoriya che l’avrebbe accompagnata al confine. Un viaggio lungo 15 ore, una sosta di tre giorni in una struttura di accoglienza, il freddo e il fango a Krakovets, il punto di confine. «Mia mamma, a 84 anni, ha vissuto tutto questo senza mai perdere lo spirito», racconta Viktoriya, che di quegli attimi ricorda solo il forte e continuo mal di testa.

Era come se quel dolore fosse un sintomo naturale della tensione che viveva guardando le immagini dell’Ucraina da lontano. Il dolore le passò solo l’8 marzo a Krakovets, quel pezzo di terra tra la Polonia e l’Ucraina, stretta in un abbraccio con la madre. Ad unirle, quel fiore.

Oggi Viera vive con la figlia e i nipoti a Roma, in attesa di poter far ritorno nella sua casa a Kiev.

Leggi anche: Trincea • Zeta Numero 17 | Febbraio 2024 – Zeta (zetaluiss.it)