Esclusiva

Febbraio 25 2024.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 4 2024
Blog, Telegram e TikTok, la propaganda filorussa sul web

La disinformazione sul conflitto russo-ucraino ha invaso le piattaforme in Italia. I report di Newsguard e Luiss Data Lab

«Ad oggi abbiamo identificato 467 siti che hanno pubblicato in questi anni disinformazione su Russia e Ucraina. Quelli in italiano sono 44, molti già noti perché pubblicavano fake news su pandemia, i vaccini, il clima», Giulia Pozzi, Senior Analyst di NewsGuard, traccia un quadro dell’impatto della propaganda filorussa in Italia dall’inizio del conflitto. «Abbiamo lanciato il nostro Centro di monitoraggio all’indomani dell’invasione russa. Molti dei siti tenuti sotto osservazione sono repeat offenders, pubblicano narrazioni false sull’emergenza del momento». Spesso si presentano come «veri portali di news, anche locali, oppure sono pagine personali di noti disinformatori. Si citano tra loro e hanno un forte engagement sui social, soprattutto su Telegram». 

A mappare il fenomeno anche una ricerca del Luiss Data Lab in collaborazione con Harvard Kennedy School e Michigan University, “Come individuare e contrastare operazioni coordinate di disinformazione in Italia”. Sono stati analizzati account social, forum e in particolare blog, spazi virtuali liberi da moderazioni. Multitematici, popolati da articoli clickbait, seguono il ciclo delle notizie puntando a fare concorrenza ai media tradizionali. Se la linea editoriale può variare, i target restano gli stessi: l’Europa, la Nato, l’amministrazione Biden, Israele, Giorgia Meloni e il centrosinistra. A gestirli sono spesso influencer o personalità pubbliche, politici, ma anche medici e avvocati. La categoria più ricorrente è quella degli pseudo giornalisti indipendenti, che dicono di svelare presunte verità “che nessuno racconta”. 

In alcuni casi, la commistione con il mondo dell’informazione tradizionale è evidente. Uno degli utenti target della ricerca, ad esempio, alla sua attività su X, affianca la collaborazione con un quotidiano nazionale, che gli conferisce autorevolezza e visibilità all’interno delle community esposte alla propaganda russa. Sul social di Elon Musk, gli account che veicolano fake news sulla guerra in Ucraina ora possono beneficiare anche della spunta blu. Con un abbonamento da 8 dollari al mese è possibile apparire affidabili e godere di un posizionamento più alto nei feed degli utenti. NewsGuard ha rilevato che noti diffusori di misinformazione stanno usufruendo del servizio a pagamento. 

Categoria specifica è, invece, quella dei troll, profili anonimi che mirano a inquinare il dibattito con provocazioni e insulti. Riconoscerli non è difficile, se la bandiera russa svetta nel nickname, la Z o il nastro di San Giorgio, divenuto simbolo della vittoria dell’URSS sulla Germania nazista, occupano la foto profilo. Questo li rende identificabili e li aiuta a creare community più estese, sfruttando anche la traduzione simultanea offerta dalle piattaforme. Condividono articoli della stampa controllata dal governo russo, dirette streaming di canali tv non accessibili in Europa, o contenuti estrapolati dai talk show, stravolgendone il significato. Questa tecnica rappresenta una sfida per la moderazione dei contenuti sulle piattaforme, trattandosi più che di contenuti, di contesti falsi.

Mentre cresce l’uso di VKontakte, dove sono attivi alcuni influencer italiani – in Russia è diventata l’alternativa a Facebook dalla messa al bando dei social – su Meta, tramite sponsorizzazione, è ancora possibile diffondere notizie false. Nella ricerca emerge come le pubblicità di pagine di disinformazione siano apparse in Home dopo 11 ore di ricerche manuali e interazioni con post filorussi. Secondo un report di NewsGuard del marzo 2022, su TikTok, invece, l’utente medio può imbattersi in video che riportano fake news sulla guerra ad appena 40 minuti dall’iscrizione.

Da attenzionare anche i gruppi complottisti su Telegram, che consente di pubblicare contenuti sensibili non ammessi altrove. Di estrema destra o di estrema sinistra, ad unirli è la devozione alla figura di Vladimir Putin e l’idea della Russia come difensore dei valori tradizionali, dalla fede cristiana all’anticapitalismo. La tesi di fondo è che la responsabilità dell’inizio del conflitto debba ricadere sugli stati Nato e sul governo di Volodymyr Zelensky: il 24 febbraio 2022 la Russia avrebbe avviato “un’operazione militare speciale” per difendere la propria sicurezza nazionale dall’espansione dell’Alleanza Atlantica e per proteggere la popolazione dell’Ucraina orientale.

Le narrative false che hanno ottenuto più seguito? La teoria secondo cui «gli Stati Uniti starebbero producendo armi biologiche grazie a laboratori in Ucraina e in altri paesi dell’Europa dell’Est», spiega ancora Giulia Pozzi di NewsGuard, «è un falso che si è diffuso in molti paesi, tra cui l’Italia, adattandosi ai contesti nazionali», ma l’impatto maggiore lo hanno avuto le fake news sulla strage di Bucha: «Tanti siti italiani le hanno ripubblicate con toni allusivi mettendo in dubbio che il massacro sia stato realmente compiuto dai russi». E poi le insinuazioni «sul nazismo dell’Ucraina e della sua leadership, Zelensky è stato accusato in varie occasioni di indossare felpe e uniformi con simboli nazisti, anche durante viaggi in Italia», fino ad arrivare alla notizia dell’uso di mine antiuomo italiane proibite dai trattati internazionali, un falso diffuso dall’Ambasciata Russa e subito smentito dal Ministro della Difesa Guido Crosetto. 

A due anni dall’inizio del conflitto la propaganda filorussa resta dunque un cavallo di battaglia per i diffusori di fake news. Secondo l’ultimo report mensile di IDMO, l’Italian Digital Media Observatory, a cui contribuiscono Open e Pagella Politica, la guerra in Ucraina è ancora sul podio, dietro soltanto a Gaza e Israele, per numero di narrazioni false diffuse sul tema. L’ultima, il deepfake del generale Valery Zaluzhny: nel video generato dall’IA, il comandante in capo delle forze armate ucraine annuncerebbe un colpo di stato contro Zelensky.

Leggi anche: Trincea • Zeta Numero 17 | Febbraio 2024 – Zeta (zetaluiss.it)