Esclusiva

Maggio 9 2024
Lo smart working tra potenzialità e rischi

La conferenza sul libro del Direttore delle risorse umane della Luiss Francesco Maria Spanò riaccende il dibattito sullo smart working

Nella metropoli del futuro gli uffici sono semivuoti, i cittadini non restano imbottigliati nel traffico del mattino, i passeggeri non riempiono tutti i sedili degli autobus. I lavoratori da casa svolgono il loro mestiere a distanza, gestendo i tempi e dividendo i compiti da portare a termine.

Ciò a cui l’uomo contemporaneo non può rinunciare è il proprio spazio con una gestione più flessibile del tempo e il diritto a conciliare vita familiare e quella lavorativa. Lo smart working sembra una soluzione creata su misura per garantire una maggiore libertà di organizzazione. Un nuovo stile di vita scandito in primo luogo da se stessi, adempiendo ai doveri senza rinunciare all’autodeterminazione. Il nuovo libro di Francesco Maria Spanò, Direttore risorse umane dell’Università Luiss, “Lo smart working tra la libertà degli antichi e quella dei moderni”mette in luce le necessità e le criticità del nostro tempo, che ha visto un improvviso slancio verso il mondo che verrà a partire dagli anni dell’epidemia da Covid-19.

L’opera è una fotografia di tutti i punti di forza della sperimentazione del lavoro da remoto. Per Spanò però come la «Rivoluzione francese è andata incontro alla Restaurazione, così questa rivoluzione silenziosa è stata bloccata appena finito il lockdown, con il ritorno al rapporto gerarchico e rigido».

Dello stesso avviso è la Segretaria nazionale della Cgil Funzione Pubblica, Serena Sorrentino, per cui «appena superata l’emergenza, anziché capitalizzare una nuova cultura del rapporto tra spazio e tempo di lavoro, siamo tornati alla vecchia dimensione».

Per il deputato Roberto Speranza, ministro della Salute durante l’emergenza Covid, lo smart working è stato «uno degli strumenti per ridurre la circolazione delle persone e quindi del virus», ma d’accordo con gli altri ospiti precisa che nella sua ottica il ricorso a questo metodo «non è stato solo un incidente o un caso» ma si inseriva «all’interno di una tendenza generale» di ripensamento dell’esperienza lavorativa e di «ampliamento delle libertà delle persone».  

L’adozione di questo nuovo metodo è per molti l’obiettivo principale da raggiungere così da garantire un rapporto di fiducia tra datori di lavoro e dipendenti. Tuttavia, questo nuovo modo di intendere la gestione del lavoro profila di un possibile aumento delle diseguaglianze di genere. Secondo Sorrentino: «Se non regolata, questa nuova organizzazione dei compiti rappresenta una trappola per le donne e crea nuove forme di segregazione professionale. Potrebbe riproporsi una nuova forma di alienazione». Questi rischi sono presi in considerazione anche dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri, che nel suo intervento valuta tutti i problemi che possono derivare dalla parcellizzazione del lavoro: «La cura dei nuovi metodi di lavoro è fondamentale. I sistemi tradizionali calano il lavoratore in una realtà comunitaria, ma la libertà aumenta la produttività e trasformazioni così profonde hanno bisogno di attenzione. Affronteremo una sfida complessa, ma anche affascinante e ricca di potenzialità».

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