Esclusiva

Maggio 15 2024
Le truppe russe avanzano, a Kiev mancano uomini e munizioni

Mentre si accende il dibattito sull’invio di soldati occidentali sul campo, l’esercito di Putin mette a dura prova la resistenza ucraina. A Zeta ne parla la storica Carolina De Stefano

«Era un momento che si temeva sarebbe arrivato, una fase di forza, di maggiore organizzazione dell’esercito di Mosca che sta attaccando su vari lati del fronte», sostiene Carolina De Stefano, storica dell’Università Luiss esperta di Unione sovietica e Russia. Mentre il Cremlino accelera l’avanzata nel nord-est ucraino verso Kharkiv il presidente Volodymyr Zelensky continua a chiedere armi immediate all’Occidente e accoglie il Segretario di stato americano Antony Blinken, alla sua quarta visita a Kiev dallo scoppio del conflitto. Gli Stati Uniti assicurano pieno sostegno al popolo aggredito e l’arrivo di munizioni come intercettori di difesa aerea, artiglieria e missili guidati di precisione a lungo raggio ATACMS, linfa vitale per la difesa ucraina. 

La situazione drammatica descritta dal capo dell’intelligence di Kiev Kyrylo Budanov è corroborata dalla mancanza di uomini e certificata dalla rimozione del comandante della regione nordorientale Yurij Galushkin, sostituito da Mykhailo Drapaty. L’Ucraina ha bisogno di aiuti dagli alleati perché oggi le insufficienti forniture, secondo De Stefano, rendono il 2024 «l’anno più critico in via potenziale, anche rispetto a quello che potrebbe essere il 2025».

A tenere banco è il possibile invio di soldati sul campo, poiché «gli occidentali non possono permettersi di far perdere l’Ucraina, dato l’investimento fatto in termini di retorica e il rischio che quest’attacco, interpretato come violazione del sistema internazionale, accenda altri conflitti». 

Il tema è fonte di acceso dibattito e sintomo di un cambiamento nella cultura della difesa per nazioni impegnate ad aumentare le spese militari in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil). Il primo a proporre un coinvolgimento diretto è stato il presidente francese Emmanuel Macron, grande sostenitore della formazione di un esercito europeo per l’autonomia strategica dagli Stati Uniti, leader politico e militare indiscusso della Nato. Secondo la studiosa, «Il grande dilemma adesso riguarda cosa fare e come garantire la credibilità dell’articolo 5 dell’Alleanza atlantica – mai attivato fino ad ora – senza arrivare a un’escalation». 

Dai Paesi Baltici è Tallinn a raccogliere l’appello dell’Eliseo dopo l’inserimento, da parte della Federazione russa, della premier Kaja Kallas in una lista di ricercati. L’Estonia valuta infatti l’invio di soldati al fronte per rimpolpare lo sforzo ucraino, ammettendo di preferire un’operazione coordinata dell’Alleanza atlantica. Eppure, nella Nato non tutti sono concordi perché altri paesi, come l’Italia, si sono opposti alla possibilità di rafforzare coi propri soldati la difesa ucraina.

Secondo De Stefano, dall’esito della guerra dipende anche la credibilità dell’Unione europea, che ha assistito il vicino aggredito, ma forse non a sufficienza a giudicare dalle parole del cancelliere tedesco, il socialdemocratico Olaf Scholz, per cui «sulle armi a Kiev non è stato fatto abbastanza».

Sul fronte russo, la sostituzione del ministro della difesa Sergej Shojgu è per l’esperta tutt’altro che un declassamento. Lo spostamento, dopo dodici anni, al Consiglio di sicurezza non sminuisce l’importanza di «una figura un po’ burocratica, ma fedele a Putin e stimata per la capacità di organizzazione e coordinamento dimostrata nel tempo».

Il successore è il sessantenne economista Andrey Belousov, un fedelissimo dello “zar” «conosciuto per la sua religiosità, una parte significativa della narrativa a sostegno della guerra». Per De Stefano, l’ex assistente economico di Putin integra in modo strutturale il rapporto tra due diversi ministeri. In quest’ottica, la compenetrazione tra economia e difesa trasmette l’immagine di una Russia «pronta a una guerra di medio-lungo termine». Mosca si dimostra così consapevole delle spese che ciò implica, e pronta ad un impegno economico maggiore. «La burocratizzazione della guerra, di tutto il regime putiniano ai vertici e, in generale del sistema politico, è strumentale all’avanzamento di questo conflitto, affinché possa durare», conclude l’esperta.