Esclusiva

Gennaio 8 2025
Dana White, il devoto di Trump alla corte di Zuckerberg

Il presidente della UFC è un nuovo membro del consiglio d’amministrazione di Meta. Un tentativo di avvicinamento al futuro presidente USA

Nella notte elettorale del 5 dicembre il vincitore Donald Trump non si perde nei festeggiamenti e si confronta con il suo più fidato consigliere, il miliardario di SpaceX e Tesla Elon Musk. In mezzo a loro, al tavolo addobbato di rose rosse, siede un uomo massiccio, senza capelli. È Dana White, presidente e CEO della Ultimate Fighting Championship, la più grande organizzazione di arti marziali miste (MMA) al mondo. Negli scorsi giorni White è stato nominato come nuovo membro del Consiglio di amministrazione di Meta, la multinazionale che raggruppa Facebook, Instagram e Whatsapp, insieme a John Elkann di Exor e Charlie Songhurst, ex general manager di Microsoft.

Dana White, il devoto di Trump alla corte di Zuckerberg
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La scelta di Mark Zuckerberg di nominare un fedelissimo trumpiano nel direttivo dell’azienda non sembra essere frutto della sua passione per le arti marziali. White avrebbe dovuto essere l’arbitro del tanto chiacchierato incontro di boxe fra Musk e il fondatore di Facebook che alla fine è rimasto solo una pazza idea. Insieme alla nuova policy di Meta sul fact-checking, che prevede un ritorno alle origini in cui è la comunità a controllare la diffusione di fake news, sembra essere il frutto della volontà di riavvicinarsi al futuro presidente USA.  

Dana White è legato a Trump da un rapporto di vecchia data e a lui deve tantissimo. Nato nel Connecticut in una famiglia di origini irlandesi, cresce fra Las Vegas e il Maine. Proprio nella capitale mondiale del gioco d’azzardo inizia la sua carriera nel mondo degli sport da combattimento. Prima istruttore di boxe, nel 1992 fonda la Dana White Enterprises, con cui gestisce la carriera di alcuni grandi fighter come Tito Ortiz. Non acquista la UFC direttamente: i soldi li mettono i fratelli Frank e Lorenzo Fertitta, suoi amici d’infanzia attivi nel settore dei casinò, e lui viene nominato presidente.  

Gli inizi non sono buoni. Fra la fine dei Novanta e i Duemila le MMA sono nell’occhio del ciclone per la loro violenza. Il senatore repubblicano dell’Arizona John McCain – candidato contro Barack Obama alle presidenziali del 2008 – ne è inorridito e le definisce “lotta fra galli umana”, la UFC viene messa al bando in 36 stati e ha difficoltà a trovare un’emittente che trasmetta i suoi show. In questo periodo di crisi l’aiuto di Donald Trump si rivela fondamentale: il Trump Taj Mahal, casinò di Atlantic City, accetta di ospitare gli eventi UFC 30 e 31 nel 2001.

Da quel momento White si sentirà per sempre riconoscente al tycoon: «Ci ha dato la nostra prima possibilità e non mi sentirai mai dire niente di male su di lui». Una devozione che lo ha portato fino al palco della vittoria di Palm Beach, dove è stato l’unico al di fuori della famiglia Trump a prendere parola. 

Negli anni la UFC è cresciuta in maniera esponenziale, creando una divisione femminile – nonostante l’iniziale opposizione proprio di White – e arrivando ad un sostanziale monopolio del settore. Nel 2023 la compagnia si è fusa con la WWE, la più grande promotion di wrestling professionistico al mondo, dando vita alla TKO Holding, un supercolosso dell’intrattenimento sportivo da 1,67 miliardi di dollari di ricavi all’anno. Ma anche una piattaforma massmediatica che si è schierata in maniera aperta e forte al fianco di Trump. Oltre a White, il neopresidente potrà sempre contare anche sull’appoggio di Linda McMahon – per trent’anni alla guida della WWE insieme al marito Vince -, che sarà la prossima segretaria all’istruzione.