Esclusiva

Gennaio 8 2025
Il diritto all’intimità dei detenuti e le carenze nelle carceri italiane

Secondo una sentenza della Cassazione, impedire i colloqui intimi tra i detenuti e i propri coniugi è incostituzionale. Ma le strutture penitenziarie restano inadeguate

Per i detenuti avere colloqui intimi con il proprio partner non è una possibilità, ma un diritto tutelato dalla Costituzione. Lo ha riaffermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8 del 6 gennaio 2025, pronunciata rispetto al caso del carcere Quarto di Asti, dove a un uomo era stato negato un incontro intimo con la moglie a causa della presunta inadeguatezza delle strutture. Lui aveva fatto ricorso dopo che il Tribunale di Sorveglianza di Torino aveva respinto la sua richiesta, ritenendola una mera aspettativa non tutelabile. La Cassazione, annullando questa ordinanza, ha sottolineato che l’accesso alle relazioni affettive può essere limitato solo per comprovate esigenze di sicurezza o disciplina, ma non cancellato per carenze organizzative o strutturali, ribadendo così l’obbligo per le istituzioni penitenziarie di garantire spazi idonei per questi incontri.

La pronuncia si inserisce nel solco tracciato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 10/2024, che aveva già dichiarato illegittimo l’obbligo di sorveglianza visiva durante i colloqui affettivi di un detenuto con il proprio coniuge, parte dell’unione civile o persona stabilmente convivente. La libertà di mantenere relazioni intime è una componente essenziale del benessere individuale e della salute psicofisica, riconosciuta anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. «Se il diritto alla salute è inviolabile, il suo rispetto non può essere sospeso neanche in stato di detenzione», afferma Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone, associazione che si occupa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario. Nonostante ciò, le difficoltà pratiche nell’individuare spazi adeguati e non sorvegliati a vista impediscono ancora una piena applicazione della normativa. Una scusa che secondo Marietti non regge: «Quando si tratta di aumentare le pene o costruire nuovi reparti per riempire ulteriormente le carceri, le risorse si trovano sempre mentre per garantire i diritti dei detenuti manca la stessa prontezza».

Secondo il report annuale di Antigone, quest’anno il tasso medio di sovraffollamento ha raggiunto il 132,6%, con punte che superano il 150% in oltre 59 istituti, soprattutto nelle grandi città. I dati evidenziano una stagnazione nelle risorse: nel 2024 i posti disponibili sono appena 51.320, poco più di mille in più rispetto al 2016, mentre i detenuti sono aumentati di circa 8.000 nello stesso periodo. Questa disparità si traduce in condizioni invivibili: celle sovraffollate, strutture fatiscenti, riscaldamenti spesso assenti e mancanza di acqua calda. 

L’impatto psicologico di tali situazioni è devastante. Secondo Ristretti Orizzonti, nel 2024, 90 persone si sono tolte la vita in cella, un numero così alto che supera il tragico primato del 2022 che, con 84 casi, era stato fino ad ora il periodo con più suicidi in carcere di sempre. Numeri che raccontano storie di marginalità estrema, spesso legate a problematiche psichiatriche e tossicodipendenza. Tra le vittime, almeno 23 erano giovani tra i 19 e i 29 anni. Molti di loro avevano già tentato di togliersi la vita in precedenza, segno di un disagio profondo e non affrontato. 

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