“Cecilia è una forza della natura”. Così Francesca Milano, direttrice responsabile di Chora News descrive Cecilia Sala pochi giorni dopo il suo ritorno in Italia. Sala, giornalista del Foglio e conduttrice del podcast “Stories”, è stata imprigionata 21 giorni nel carcere di Evin a Teheran. Le parole di Milano raccontano di una donna determinata, capace di superare i giorni di prigionia in Iran con un’incredibile forza.
Tutto è iniziato il 19 dicembre, quando la reporter è stata arrestata a Teheran, dove si trovava per lavoro. Francesca Milano ricorda quei momenti con un misto di angoscia e speranza: “Abbiamo capito che qualcosa non andava quando non abbiamo ricevuto la puntata del podcast entro l’orario stabilito, Cecilia è sempre puntuale. Pensavamo ad un problema dovuto ai blackout ma, quando il giorno dopo non ha fatto il check-in per il volo di ritorno, abbiamo capito che era successo qualcosa”.
Nel frattempo, la reporter era stata prelevata dal suo appartamento e rinchiusa in una cella d’isolamento, senza materasso, cuscino, occhiali o libri. La luce al neon rimaneva accesa 24 ore su 24. “Desideravo un libro da leggere, immergermi in una storia che non fosse la mia”, racconta Sala nella puntata di Stories registrata dopo il suo ritorno. Le prime due settimane sono state le più dure: interrogatori quotidiani, accuse di azioni mai compiute, una strategia studiata per confonderla. La giornalista era diventata una pedina di un gioco ben più ampio, che secondo molti esperti riguardava l’ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabani, attualmente detenuto nel carcere di Opera a Milano, in quello che è sembrato essere un complicato intreccio diplomatico tra Stati Uniti, Iran e Italia.
Se in un primo momento era stato mantenuto il massimo riserbo sul caso per facilitare il lavoro della diplomazia, il 27 dicembre l’arresto è stato reso pubblico. “Rendere pubblica la notizia è stato per noi un sollievo” spiega Milano, “perché abbiamo potuto parlarne al di fuori del gruppo ristretto di Chora Media”. L’ansia e la paura, però, sono aumentate con l’accusa sollevata dall’Iran nei confronti della giornalista del Foglio di infrazione delle leggi della Repubblica Islamica. “Ci siamo domandati quale potesse essere la legge violata: abbiamo riascoltato tutte le domande, abbiamo riguardato i video e le foto, ma non abbiamo trovato nessuna violazione”.
La notizia della liberazione è arrivata a sorpresa: nessuno si aspettava sarebbe stata ottenuta così rapidamente. “Quando abbiamo saputo che Cecilia era stata liberata – attraverso una nota di Palazzo Chigi – è stato felicemente sorprendente”. La redazione di Chora Media aveva appreso della liberazione quando Sala era già sul volo di ritorno, che l’ha fatta atterrare nel pomeriggio di giovedì 9 gennaio nell’aeroporto di Ciampino a Roma. “Mi è sembrato incredibile quanto stesse bene, quanto fosse allegra e felice di essere tornata”, racconta Milano. “Io temevo che fosse più provata, ma si è resa subito disponibile a registrare l’intervista e raccontare la sua storia. Forse le ha fatto bene parlare”. Dopo il timore del peggio, come un’accusa formale da parte dell’Iran che avrebbe reso i tempi di ritorno molto più lunghi, ora rimane il desiderio di tornare a lavorare insieme e raccontare la storia anche per tutti coloro che, ancora oggi, si trovano dietro quelle sbarre.