Saper scrivere a mano, ormai, è un’arte. In un’epoca in cui impugnare una penna è sempre più raro, lo è ancora di più usare pennini, inchiostri e carta pergamena. A Roma, però, ci sono luoghi dove antichi saperi come questo vengono preservati dall’oblio, come la Bottega di Calligrafia che si trova a pochi passi da Piazzale Clodio.
«Io e mio marito eravamo dei grandi appassionati già alla fine degli anni ’80» racconta Maria Beatrice Cecchetti, maestra calligrafa e proprietaria dell’attività insieme a suo figlio, Marco Riccardi. «Poi abbiamo frequentato un corso e deciso di aprire questa bottega. Io facevo un altro mestiere» continua. «Mio marito invece lavorava già al ministero, ma grazie alla sua bravura è stato chiamato prima all’Ufficio che si occupa delle onorificenze dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana (Omri), poi a quello del Cerimoniale di Palazzo Chigi, per il quale è stato il calligrafo ufficiale tanti anni. Ha lavorato per tutti gli eventi più importanti, dai G8 alle visite di Capi di stato stranieri».
Il suo racconto si fa ancora più interessante quando inizia a sfogliare le pagine di alcuni grossi raccoglitori rilegati in pelle, dove conserva brutte copie, prove e originali dei tanti lavori fatti nel corso della sua lunga carriera. «Ecco, questo è un menù che abbiamo realizzato nel 2000 in occasione della visita di stato della Regina Elisabetta» dice, mostrando un cartoncino con su scritte una serie di portate raffinate con un font elegante. «Questi, invece, sono gli inviti per una grande casa di moda, e questi altri li abbiamo fatti per l’inaugurazione della Stazione Termini quando è stata rinnovata 25 anni fa». Oltre agli eventi ufficiali, c’è spazio anche per diplomi di laurea, partecipazioni a matrimoni, pergamene con poesie, lavori commissionati da case di produzione cinematografiche.

Alle pareti della piccola bottega, insieme ad alcune fotografie in bianco e nero che ritraggono lei e il marito giovani e sorridenti, fanno bella mostra due alberi genealogici, un altro degli articoli richiesti dai loro clienti. Le superfici scure dei mobili, invece, traboccano di piccoli oggetti colorati: boccette d’inchiostro di diverse forme e dimensioni, penne d’oca, album e diari chiusi da nastri colorati, biglietti d’auguri.
Un po’ più in alto troneggia, in una scatola di velluto rosso, un nasone in miniatura, il premio Maestri dell’Artigianato che Maria Beatrice Cecchetti ha ricevuto nel 2013 dal comune di Roma. Un tributo alla sua arte e all’importante opera di conservazione di un sapere millenario. «Gli attestati erano scritti col pennarello» ricorda con un tono tra l’ironico e il divertito. «Glieli avrei scritti anche gratis, se lo avessi saputo!».
Ma la sua passione per il mestiere diventa palpabile quando inizia a spiegare il lavoro preparatorio che ogni volta fa su cartoncino o pergamena: «Bisogna calcolare attentamente quanto spazio occuperà ogni singola lettera, riga e interlinea del testo», dice. E poi passa a descrivere le differenze tra i font rotondo, gotico e cancelleresco, a raccontare di antiche ricette per fare gli inchiostri e della grande varietà di pennini che conserva in piccole scatoline di cartone.

Assieme all’entusiasmo, però, compare anche un velo di malinconia. «Questi sono lavori che oggi non si fanno più» afferma, indicando una piantina disegnata per permettere agli invitati a un matrimonio di raggiungere i luoghi dell’evento. «Una volta non c’era il navigatore. Questo ci dice come il lavoro si è evoluto nel tempo e, per certi versi è peggiorato. Si fa sempre meno, purtroppo».
Oggi si scrive sempre di più al computer e sempre più velocemente. I ritmi di lavoro e di vita sono cambiati negli ultimi decenni e con essi anche il gusto delle persone: «Prima a scuola ti insegnavano a tracciare le lettere con l’inclinazione giusta, e si usavano spesso le penne stilografiche. Tutte cose che preparavano alla calligrafia», commenta Cecchetti. «Ora invece, scrivendo a stampatello, con le biro o con una tastiera, le persone hanno perso questa abilità, insieme a quella di apprezzare il valore di un testo scritto a mano, frutto di una preparazione acquisita nel corso di anni».
Per fortuna esiste ancora un pubblico di nicchia che va in controtendenza. «Uno dei lavori di cui vado più orgoglioso sono i diplomi per le stelle al merito conferite dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali» racconta Marco Riccardi. «Si tratta della mia prima commissione davvero importante e ogni anno mi fa molto piacere svolgerla». La sua passione per un mestiere che sta scomparendo non gli permette di scoraggiarsi. La speranza è che in futuro, nonostante la digitalizzazione dei saperi sia un fenomeno irreversibile, le persone continueranno ad amare e ricercare la bellezza di un prodotto artigianale.
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