Esclusiva

Marzo 13 2025
L’Europa spende più per i fossili russi che per l’Ucraina

A Strasburgo si discute di indipendenza energetica e confisca dei beni di Mosca. Vivaldini (FdI): «Necessario il coraggio di decisioni forti»

Nel 2024 circa 22 miliardi di euro dell’Unione Europea sono finiti nelle casse del Cremlino, una cifra maggiore di un sesto rispetto ai 18,7 miliardi destinati agli aiuti finanziari per Kiev. Nonostante tre anni di guerra, la dipendenza dai combustibili russi è ancora un problema per Strasburgo e Bruxelles. Nella sessione plenaria di marzo, questa sproporzione è stata affrontata dal Parlamento Europeo insieme alla disputa sul destino dei beni russi congelati.

Le complesse relazioni con Mosca passano per delicati equilibri economici, strategici e politici. Una questione la cui importanza è riconosciuta da tutte le forze politiche, anche se con sensibilità diverse su come affrontare i problemi.

Sull’utilizzo degli asset russi, finora solamente bloccati dall’Ue, per supportare la sicurezza e la ricostruzione dell’Ucraina, i più risoluti sono i membri di Renew Europe, del Partito Popolare e i socialisti. L’ala destra del Parlamento si mostra invece più scettica, con una posizione meno netta.

«Non possiamo confiscare questi beni – dice il deputato dei Conservatori e Riformisti Johan Van Overtveldt – un’operazione del genere ci farebbe perdere un punto negoziale e sarebbe complessa anche a livello giuridico, spesso è difficile stabilire l’origine di questo denaro».

Dall’altra parte, il gruppo dei Socialisti e Democratici sostiene la necessità immediata di utilizzare gli asset congelati per risarcire i danni provocati dall’invasione dell’Ucraina. Raphaël Glucksmann, leader del partito francese Place Publique che in Europa sta con i socialisti, sottolinea che l’utilizzo degli asset russi in mano all’Unione è una contromisura legittima e proporzionata per le violazioni del Cremlino.

Interviene in aula anche l’eurodeputata del Pd Pina Picierno, secondo cui, di fronte agli ultimi sviluppi della politica internazionale, bisogna procedere alla confisca dei beni in tempi stretti. «Il sostegno all’Ucraina non si concretizza solo in aiuti militari, ma ha una estensione fondamentale nella confisca dei beni congelati – sostiene Picierno – bisogna metterli a disposizione della difesa ucraina e delle esigenze sociali, è necessario farlo subito prima che tra le concessioni di Trump a Putin ci sia un allentamento delle sanzioni».

L’altro grande tema è il paradosso della dipendenza energetica dalla Russia, che nonostante la guerra continua a importare gas e idrocarburi all’interno dell’Ue. La strategia per spezzare il legame con la Russia comprende l’Affordable Energy Act Plan, un programma per il rafforzamento delle capacità energetiche europee citato dal commissario Dan Jørgensen in apertura della discussione.

Il piano prevede otto azioni che l’unione dovrà compiere già a partire dal 2025. Gli obiettivi principali sono attrarre investimenti e completare l’integrazione energetica tra Stati membri per prepararsi alle crisi future.

Anche nella battaglia per svincolarsi dalle risorse russe, i più attivi sono i parlamentari dei Paesi Baltici, che insistono sull’inaffidabilità di Mosca. “Credete alla nostra esperienza”, suggerisce Sandra Kalniete, eurodeputata lettone del Partito Popolare.

Dal gruppo dei Patrioti, Angeline Furat coglie l’occasione del dibattito sull’indipendenza energetica per puntare l’attenzione sul nucleare francese come soluzione alternativa. Tuttavia, quest’anno proprio la Francia si è ritrovata ad acquistare una grande quantità di gas russo, persino di più degli anni precedenti.

Una cortocircuito evidenziato anche da Mariateresa Vivaldini, esponente di Fratelli d’Italia nel gruppo europeo dei Conservatori e Riformisti: «Noi condividiamo l’ambizione dell’Affordable Energy Act Plan, che vuole arrivare a una sovranità energetica considerando tutte le specificità degli Stati membri. Ci sono però delle contraddizioni, come per esempio la Francia ha aumentato i flussi dell’81% di gas russo nel 2024».

Secondo Vivaldini, è necessario un maggiore sforzo comune per distanziarsi dalle forniture russe da subito. «L’Italia sta compiendo degli sforzi per diversificare le fonti di approvvigionamento e così dovrebbero fare tutti – continua – le rinnovabili non bastano, ci vuole il coraggio di prendere decisioni forti e puntare anche su tecnologie come l’idrogeno e i biocarburanti».